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L’architetto che ha «salvato» i monumenti storici istriani (Voce del Popolo 08apr13)

Un evento “speciale”, unico. Quando si ha la possibilità di ammirare in una mostra la penisola istriana degli inizi del XIX secolo, non vi è aggettivo migliore per descriverla se non utilizzare l’aggettivo qualificativo “speciale”. Ottantadue schizzi, carboncino su carta, che raffigurano, come dicevamo, fedelmente la penisola istriana del primo Ottocento, fatti da un architetto considerato come uno dei pionieri dell’architettura ottocentesca europea. Se a questo aggiungiamo che questo personaggio ha posto, a suo modo, le basi per la futura concezione della fotografia come forma d’arte, allora è chiaro perché la mostra “Pietro Nobile – Motivi istriani del XIX secolo”, attualmente in visione presso l’Archivio di stato del capoluogo quarnerino, è così particolare e unica.

Come si può intendere dal titolo, il protagonista dell’esposizione è l’architetto ticinese-triestino Pietro Nobile, per un trentennio direttore della Scuola di Architettura dell’Accademia delle Belle Arti di Vienna – denominata Die erste Schule des Reichs – ossia la Prima Scuola dell’Impero asburgico, non ancora austro-ungarico – che ha svolto un lavoro di inestimabile valore nella penisola istriana ed oltre ad abbracciare lavori architettonici e di conservazioni dei monumenti si è focalizzato sulla “riproduzione” su carta della maggior parte delle località istriane e dei suoi luoghi di maggiore interesse.

Nobile giunge in Istria intorno al 1807, nel momento in cui, dalla Direzione delle fabbriche di Trieste – sotto il cui il territorio di competenza rientrava il vasto territorio di Trieste, dell’Istria, di Aquileia e di Gorizia – gli viene affidato il compito di tracciare la strada costiera che conduceva da Trieste fino a Pola. Fino al 1818 soggiorna nella penisola istriana di sovente, in particolare a Pola, sia per dovere d’ufficio sia per interessi personali. Con la città instaura un rapporto che va al di là dei motivi professionali, rimane affascinato dalla bellezza storica della città, dal calore degli abitanti e dalla loro semplicità.

Da questo affetto nasce il suo desiderio di raffigurala, in qualche modo di conservarla nel tempo, così che anche le generazioni future possano ammirarne le bellezze. Appena arrivato si dedica alla cura dei monumenti antichi polesi esclusivamente su iniziativa personale, grazie anche alla posizione ricoperta e alle risorse materiali e umane dell’ufficio di Trieste. Una sala dell’Archivio di stato fiumano è dedicata proprio al suo rapporto con Pola.

Vi troviamo disegni che sembrano fotografie, talmente accurati e precisi che ci sembra di trovarci davanti al soggetto ripreso. Inquadrature fedeli che esaltano i particolari, come la facciata del Tempio di Augusto contornato da erbacce che avvolgono il pronao tetrastilo. La scelta di disegnare le erbacce costituisce una sorta di promemoria per la relazione scritta che il Nobile doveva eseguire per i propri superiori, nonché un appello a procedere al restauro dell’edificio. Troviamo poi il monumento simbolo della città, l’anfiteatro, che viene raffigurato da diverse vedute, tutte estremamente precise e veritiere. Per la prima volta in Croazia vediamo una copia del progetto del manto murario esterno dell’anfiteatro.

Come già detto, il suo occhio non si fermava solo su soggetti architettonici e naturali, troviamo anche diversi ritratti di persone con cui il Nobile strinse un legame, come per esempio l’immagine che raffigura Don Nicolò Micovilovich, deputato di sanità del porto, e il capitano Giovanni Rossanda. Guardando questi ritratti, non ci pare possibile che fossero stati fatti da un “non professionista” del disegno; le linee morbide, i tratti del viso fedeli, la scelta del posizionamento del volto, l’utilizzo cosciente delle ombre e della prospettiva, non hanno nulla da invidiare ai ritratti dei grandi maestri del genere come Jacques-Louis David o Jean-Auguste-Dominique Ingres.

L’utilizzo corretto e cosciente della prospettiva si nota soprattutto, quando il Nobile si cimenta nel disegno dei monumenti: qui notiamo tutto il suo talento, la sua arte, che secondo molti storici della materia non riceve le attenzioni che in realtà dovrebbe meritare, perché Pietro Nobile oltre alla “qualifica” di architetto dovrebbe avere affiancata quella di artista, perché di un artista si tratta, con la A maiuscola. Prova ne è la riproduzione, che si può definire fotografica, della parte meridionale dell’anfiteatro polese, con due volte in primo piano, e dietro loro in profondità, la cinta muraria circolare dell’arena. Pola oggi avrebbe un aspetto diverso se non avesse attirato di primo acchito il giovane Nobile, rimanendo poi la sua passione fino all’ultimo dei suoi giorni. La città per ricambiare il “favore” gli ha dedicato una via.

Tra il 1807 e il 1818 Nobile si sposta lungo tutta la penisola istriana, soffermandosi anche nei centri più piccoli. La mostra raccoglie gli schizzi della sua mappa di viaggio, che raffigurano centri remoti, vedute scomparse, monumenti storici oggi dimenticati. Vediamo le grotte di Castelvenere, i viandanti che riposano sotto le pittoresche pareti di roccia nella valle del fiume Dragogna, la chiesa di S. Antonio ad Albona, tuttora ben conservata. I suoi particolari sono resi con precisione: notiamo il muro a secco del terreno incolto, la scalinata sulla via di accesso alla chiesa e il dettaglio della decorazione del portale barocco di quest’ultima. Poi ancora vedute e monumenti della città di Buie, Umago, Val di Torre, Rovigno, San Vincenti, Duecastelli, Draguccio, Montona, Laurana, Moschiena, Fianona, ma anche di Isola e di Muggia. Un viaggio, insomma, che ci porta a conoscere le nostre radici, i luoghi a noi cari, per non dimenticare la nostra cultura di provenienza e per rendere degno merito ad essa.

Come ha rilevato Dean Krmac, uno degli organizzatori dell’esposizione, che ha inaugurato la mostra e che ha curato le didascalie (in lingua italiana) che affiancano i disegni, “Nobile si batteva per la conservazione dei monumenti, si curava dei dettagli. Ha dato un contributo enorme per il mantenimento della nostra cultura”. Ecco perché la sua figura ha pieno diritto di essere rivista e onorata come merita e questa mostra ne è testimone. In visione fino a mercoledì, 25 c.m.

Marin Rogić
“la Voce del Popolo” 8 aprile 2013

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