“Abbiamo camminato intorno al Campo per un’ora e abbiamo visto quello che volevamo vedere. Grazie ancora, i nostri nomi sono Jenny e Peter Guest, mio suocero che è stato nel campo per due anni finché non è scappato era: Alan Guest”.
Il Turismo del Ricordo ha richiamato il 2 ottobre 2023 una coppia inglese (Peter e Jennifer Guest), discendenti di Alan Guest, che fu prigioniero nel Campo di prigionia n. 82 (PG 82) di Laterina, in provincia di Arezzo. Quello di Laterina, dal 1941 al 1943, sotto il fascismo, era un Campo di concentramento di prigionieri inglesi, sudafricani e canadesi. Con l’armistizio del 1943 le guardie italiane si dileguarono e i prigionieri scapparono mettendosi in salvo presso la generosa popolazione del Valdarno. Qualcuno di loro passò tra le fila dei primi partigiani toscani in lotta contro il nazifascismo. Nel 2019 c’era stata la visita di Brian Sender, figlio di un soldato sudafricano, Michael Sender, prigioniero a Laterina dal 1942 al 1944 ed anche di altri.
La singolare visita d’istruzione è stata favorita dal signor Fabio Franci, imprenditore del luogo e da altri amici. Non molti sanno che le baracche del vecchio Campo di concentramento, negli anni ’60 del Novecento furono adibite dall’Amministrazione comunale a Zona artigianale. Il Campo ebbe quattro fasi di vita.
Durante la prima fase, come dai dati dello Stato Maggiore del Regio Esercito, Ufficio Prigionieri di Guerra, alcuni detenuti britannici (POWs = “Prisoners Of War”, prigionieri di guerra) vengono utilizzati per costruire altre grezze baracche in muratura e come manodopera in determinate aziende toscane, come ad esempio, nei primi di marzo del 1943, per la costruzione del Silurificio di Livorno, dietro il pagamento di buoni spesa. Secondo alcune fonti sarebbero passati circa 8 mila prigionieri anglosassoni, mentre altri studiosi fissano la cifra a solo 2.720 individui, come dai dati dello Stato Maggiore del Regio Esercito Italiano, custoditi a Roma.
Dopo l’8 settembre 1943 c’è la seconda fase; il Campo Laterina è il “Dulag 132”, o “Durchgangslager” (Campo di transito). È usato dai tedeschi come punto di raccolta dei prigionieri di guerra in attesa di altra destinazione. È, in sostanza, un campo nazista per prigionieri italiani (militari sbandati, partigiani, civili rastrellati e cobelligeranti del Regno del Sud) oltre a un centinaio di prigionieri britannici riacciuffati dopo la fuga dell’8 settembre 1943 da deportare nel Terzo Reich con vari altri prigionieri alleati. La fase nazista dura dal mese di settembre 1943 al mese di luglio 1944. In questo periodo le autorità germaniche piazzarono anche delle mine in certi terreni vicino al Campo, per scoraggiare eventuali tentativi di evasione. Il campo è pure una base logistica, con autorimessa ed officina per la riparazione di camion e autoblinde tedesche, come ha scritto Giovanni Nocentini. Proprio dopo l’8 settembre 1943 Laterina diviene un luogo in cui si manifestano varie modalità della violenza nazista, “Forced Marches” incluse e criminali fucilazioni di fuggitivi. Tali marce forzate, organizzate dai nazisti, servivano a fare raggiungere la stazione ferroviaria con sufficienti vagoni merci per il trasporto dei prigionieri britannici in Germania.
In seguito alla liberazione da parte delle truppe alleate, il 18 luglio 1944, il Campo, controllato dagli angloamericani serve allora a detenere i prigionieri tedeschi, repubblicani e internati civili ex fascisti. È la volta di alti ufficiali e di vari gerarchi mussoliniani, trasferiti qui dal Campo di Coltano, in provincia di Pisa, che ricevono, periodicamente, le visite dei familiari dal Nord e che hanno la possibilità di intrattenere rapporti con la popolazione locale, tanto da organizzare insieme persino delle rappresentazioni teatrali con Cesare Calosci, Baldassarre Gragnoli, Omero Montigiani, elementi trainanti della vita di Laterina, come ha riferito Giovanni Nocentini. È dall’Archivio della parrocchia del paese che si possono trovare tuttavia le tracce di particolare valore storico sulle vicende personali e sulle complicazioni vissute da alcuni internati. Nell’estate 1945 come ricorda Gianfranco Chiti, Laterina è un Campo di concentramento angloamericano per prigionieri repubblicani della RSI. È il PWE-374 (Prisoners Of War in Europe?). Dal 20 ottobre 1945 passa sotto il controllo del Regno d’Italia, contrassegnato col n. 219. Il Campo, stando alle parole di Chiti “è un inferno: cibo scarso, freddo pungente, riacutizzarsi delle ferite, gonfiore agli occhi, oltre che al morale. In quel momento nel campo vi sono 1.637 prigionieri italiani”.
Certo la scarsità di cibo e il freddo sono patiti anche dagli altri italiani e dagli sfollati delle città bombardate dagli aerei angloamericani per una guerra voluta da Mussolini. È proprio il tenente Chiti, riguardo al Campo di Laterina, a scrivere che dal “19 agosto 1946 la struttura degli alloggiamenti si trasforma: alle capanne in muratura si aggiungono i baracconi per ospitare 1.700 profughi della Venezia Giulia e la vita interna ha disciplina separata”. Il tenente intende: separata dai 1.637 prigionieri “appartenenti alle forze speciali della RSI e altri definiti dagli americani recalcitrants”. Liberato e ripreso il servizio attivo, Gianfranco Chiti raggiunse il grado di Generale di Brigata. Dopo il congedo si fece frate cappuccino. La sua causa di beatificazione, iniziata nel 2015, ha superato il vaglio diocesano e dal 2019 è in corso il processo presso la Congregazione per la Causa dei Santi. Il periodo di prigionia a Laterina ha rappresentato una tappa importante del suo cammino di fede ed è testimoniato dall’epistolario con il suo padre spirituale. Per questo, se la Chiesa ne dovesse proclamarne la santità, il campo di Laterina sarà uno dei luoghi del suo ricordo, come accennato da Guido Giacometti.
È sin dal 1946, quindi, che il Campo di Laterina accolse migliaia di profughi d’Istria, Fiume e Dalmazia. Sono persone disorientate e piene di paura. Hanno perso tutto, forse anche la patria. Sono italiani due volte: per nascita e per scelta, come ha ben spiegato in un bel volume Dino Messina, nel 2019. Il Centro Raccolta Profughi di Laterina ospitò pure alcuni fuoriusciti delle colonie d’Africa. Venne chiuso nel 1963 quando era Direttore Matteucci. I profughi che erano rimasti vennero inviati al Centro di Aversa. In tutto passarono oltre 10 mila esuli tra le baracche del CRP, alcuni dei quali trovarono accoglienza, lavoro e famiglia in Toscana, oppure all’estero (USA, Canada, Argentina).
Cenni bibliografici – Elio Varutti, La patria perduta. Vita quotidiana e testimonianze sul Centro raccolta profughi Giuliano Dalmati di Laterina 1946-1963, Aska edizioni, Firenze, 2021. In formato e-book e Kindle dal 2022. Seconda edizione cartacea dal 2023.
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Progetto di Claudio Ausilio, delegato dell’ANVGD per la provincia di Arezzo. Testo di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Tulia Hannah Tiervo e Sergio Satti (ANVGD di Udine). Fotografie di Jennifer Guest e di Peter Guest, diffuse in Facebook. I migliori ringraziamenti per la buona riuscita della visita d’istruzione a Fabio Franci e a Pino del ‘London Bar’ di Laterina Pergine Valdarno (AR). Grazie a Alessandra Casgnola, Web designer e componente del Consiglio Esecutivo dell’ANVGD di Udine. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine e la delegazione provinciale dell’ANVGD di Arezzo. Ricerche d’archivio all’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/
Fonte: ANVGD Udine – 04/10/2023