Il mondo sotterraneo sviluppato nel capoluogo quarnerino, composto da bunker, fosse, gallerie, cunicoli, passaggi e magazzini per munizioni e corridoi di comunicazione, è ricco e variegato. Lo conferma anche lo scrittore e saggista fiumano, nonché responsabile delle relazioni pubbliche del Museo civico di Fiume, Velid Đekić, nell’interessante articolo “Fiume è uno Stato sotterraneo” (“Rijeka je podzemna država”), pubblicato sul quotidiano regionale in versione online “Torpedo media”. In quest’ultimo, infatti, l’autore riferisce che “le strutture di fortificazione sotterranee si presentano sotto varie forme, a volte quali serie di più reti connesse e, a volte, in qualità di costruzioni indipendenti. Nel sottosuolo fiumano se ne possono trovare un’ottantina/novantina, costruite con la supervisione del Comitato provinciale protezione antiaerea (CPPAA). Vi sono situazioni in cui i tunnel s’incontrano, creando dei veri e propri incroci. A giudicare dai progetti conservati – e non si esclude la probabilità che una parte di essi non sia stata realizzata il che, al momento, non è verificabile – di tutti gli edifici più importanti di Fiume, sottoforma di sale invisibili e rifugi, sono state effettuate le loro repliche sotterranee.
Siffatti complessi vennero realizzati in relazione ai palazzi del municipio, delle poste centrali, del tribunale, dell’ospedale, del monastero dei Benedettini, della Cartiera, della colonia di Cantrida (oggi ospedale pediatrico), della SEI Gelsi, ecc. Il Palazzo del governo utilizzava il tunnel ferroviario sito sotto il suo parco, mentre altri rifugi sono ubicati anche a Cosala, a Rujevica, a Mlaca, in via Ružić, sotto il Ginnasio di Sušak e presso il Santuario mariano di Tersatto”.
Il monte Fortizza
Come riportato da Đekić, dietro al monastero mariano di Tersatto e, più precisamente, nella sua parte nord-orientale, detta Fortizza (Fortica), la quale si articola prevalentemente nel parco, venne costruito un sistema di gallerie, chiamato Dolac, affiancato da alcune fortificazioni militari difensive di piccole dimensioni – dette Tobruk –, nidi di mitragliatrici, composte da un vano sotterraneo con un’apertura circolare sulla sommità e una piccola riserva per le munizioni o un ricovero per il personale.
La costruzione dello stesso, per la quale si presume essere stata avviata dagli italiani e proseguita dai tedeschi, iniziò dopo il 1941. Con grande impiego della manodopera locale, mobilitata con la forza, continuò la fortificazione di roccaforti nell’area quarnerina fino al 3 maggio 1945. Tuttavia, con la percezione dell’avvicinarsi della conclusione del conflitto, si scavarono per lo più trincee e a si edificarono meno bunker in cemento armato. Anche se, in base alle disposizioni della Circolare 7000, emanata il 3 ottobre 1938 e contenente le linee guida per la costruzione delle fortificazioni, la succitata roccaforte avrebbe dovuto essere più semplice ed economica, anch’essa presenta le caratteristiche delle gallerie di Drenova. Non si può, però, affermare con certezza se fosse principalmente di carattere combattivo o servisse da ricovero civile o da deposito di armi.
L’ingresso al bunker (chiuso al momento della nostra visita), i cui lavori non sono mai stati portati a termine e lo stato di conservazione è abbastanza buono, si trova a lato del santuario, mentre l’uscita è sbarrata. Dal 2010, a seguito della decisione del Ministero della Cultura, lo stesso è stato proclamato patrimonio culturale.
La struttura è costituita da gallerie sotterranee e bunker fuori terra di tipologia diversa rispetto a quelli presenti nella parte occidentale della città. Infatti, come accennato, le casematte in cemento armato non sono collegate direttamente ai corridoi sotterranei, ma sono situate in prossimità dei loro ingressi. La loro pianta è di forma quadrata e dispongono di una scala in sasso che conduce a una seconda stanza, con un foro circolare sul tetto, dove era montata l’arma. Il vano centrale, che collega tutte le gallerie e raggiunge l’ampiezza di 140 metri quadri, è quello dove probabilmente si trovava l’osservatorio sotterraneo. Sopra, invece, quello fuori terra, regala una meravigliosa veduta del capoluogo quarnerino.
”Dal momento dell’ingresso nella città di Sušak da parte degli italiani e della sua formale annessione a Fiume nella Provincia di Fiume, la stessa venne inclusa nei loro piani di costruzione di fortificazioni. Le autorità dell’allora Regno di Jugoslavia non ne avevano edificate di significative in quell’area in quanto la principale roccaforte del cosiddetto Settore II della ‘Linea Rupnik’ (Sistema di difesa jugoslavo dei confini occidentali), era il Kamenjak, ubicato sopra il campo di Grobnico. A differenza del Regno di Jugoslavia, l’esercito italiano ne ha realizzate svariate in diverse località, come quella di Tersatto e quella sulla collina di Santa Croce sopra Vežica, nonché la casamatta che si trova sulle pendici occidentali della baia di Martinšćica”, scrive Vladimir Tonić nel suo manuale “Sulle tracce del bastione alpino”. Ma delle stesse ne riparleremo al prossimo appuntamento.
Ornella Sciucca
Fonte: La Voce del Popolo – 07/01/2023 – Foto Željko Jerneić