Li abbiamo visti festeggiare, gridare, commuoversi, arrabbiarsi. Sono i nostri straordinari atleti che alle Olimpiadi di Tokyo 2020 chiusesi ieri, sono stati capaci di portare a casa ben 40 medaglie (10 ori, altrettanti argenti e 20 bronzi) segnando un record per lo sport italiano a un’Olimpiade. E con loro c’eravamo noi, tifosi, esuli e discendenti degli esuli che più di altri italiani sappiamo cosa significhi quel pezzo di stoffa contrassegnato dal bianco, rosso e verde. «Se mancasse la nostra bandiera, mancherebbe la nostra stella polare – scriveva il canottiere Simone Venier lo scorso gennaio, quando l’Italia rischiava di gareggiare a Tokyo con la bandiera del Comitato olimpico (come accaduto in effetti per la Russia) -. È soprattutto in questo momento di difficoltà che abbiamo bisogno di sentire, vedere, toccare, respirare la nostra IDENTITÀ». Parole che meglio non potrebbero esprimere il significato che ha per tutti noi la bandiera italiana, non foss’altro per i rischi che i nostri genitori e i nostri nonni hanno dovuto correre – e in certi casi trasformandosi in strade senza ritorno – per poter ancora sventolare un tricolore, il Nostro Tricolore. Sentire risuonare l’Inno ad ogni premiazione, o solo vedere un tricolore sul podio al termine di una gara, è stato motivo di orgoglio, doppio, e non possiamo che rallegrarci nel saper che la tanto vituperata Italia, almeno nello sport, si sia convertita in una potenza di caratura mondiale.