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Lecca lecca e bombe a mano (Voce del Popolo 13 nov)

di Aljoša Curavić

Nei grandi magazzini del benessere e dei buoni propositi può succedere che al posto del lecca lecca ci ficchiamo in bocca una bomba a mano. Ma il problema non è questo, bensì che neanche ci stupisce più. È impressionante la normalità con cui accettiamo che rispettabili politici ed eminenti e pluripremiati scrittori istighino, neanche tanto velatamente, alla violenza e alla discriminazione nazionale per il sacro suolo etnico o per la parziale giustizia ideologica. Devo ammettere che mi mettono alquanto a disagio le esternazioni nazionaliste di uno scrittore come Boris Pahor (Ad es.: Studio City del 9 novembre). Il punto è che, fra una leccata e l'altra, le bombe possono anche esplodere.

Una bomba a mano fatta esplodere davanti ad una discoteca provoca una decina di feriti. Un'altra bomba a mano sventra la casa di una giudice di un tribunale circondariale. Un uomo uccide una barista e poi si spara. La polizia sequestra, nella casa di un teppista qualsiasi, un intero arsenale bellico, trafugato da una caserma. Allarme bomba nel parlamento, per fortuna falso. Sono fatti di cronaca nera succedutisi nell'arco di una decina di giorni. Non a Scampia, a Napoli, non nel Bronx, non nelle favelas brasiliane, ma in Slovenia.

Con tutta sincerità, non so se sia giusto o meno mettere in prima pagina i fatti di cronaca nera per dare a loro un rilievo quasi ontologico, da fatti importante in sé. Ciò non toglie che il fatto di cronaca nera, che vorremmo marginale in sé, è indicativo di ciò che siamo e dove andiamo. Se c'è una chiave di lettura efficace per capire la società, questa si trova nei fatti di sangue collegati alla criminalità, ma anche al disagio sociale e psicologico. Dalla realtà violenta, di carne e sangue, non si scampa, neanche con tonnellate di retorica politica contraffatta da manipolazioni di ogni genere. Anzi, sono convinto che spesso è proprio una certa retorica politica nazionalista a generare meccanismi che scatenano atti di arroganza, violenza, discriminazione e delinquenza gratuita.

"Basta guardarsi intorno, leggere ogni mattina uno dei giornali del continente per capire. Non c'è più la dittatura del comunismo, ed ecco la dittatura degli egoismi, dei particolarismi arroganti e vuoti, dei nuovi vecchissimi razzismi". Lo dice Elie Wiesel, in un'intervista su "Il Piccolo", a vent'anni dalla caduta del muro di Berlino. Il premio Nobel per la Pace, sopravvissuto all'Olocausto, mette l'accento su quello che oggi è il problema principale in Europa: la chiusure e gli egoismi etnocentrici, la strumentalizzazione delle minoranze, un'arroganza nei confronti degli altri e dei diversi; un' arroganza "normalizzata", cristallizzata in codici comportamentali e in protocolli diplomatici.

Non sei dei nostri. Sei fuori. Non ti resta che il lecca lecca, la trincea o la bomba a mano.

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