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L’eredità austriaca dopo la Grande Guerra (Il Piccolo 26 mar)

di MARINA CATTARUZZA

Prima traduzione italiana del libro uscito nel 1969 “Italy’s Austrian Heritage 1919-1946” di Dennison I. Rusinow, pubblicato nel 1969 dalla Oxford University Press, esce per la prima volta tradotto in italiano da Raffaella Gerola per la casa editrice “La Musa Talia” di Venezia, che con il volume intitolato “L’Italia e l’eredità austriaca 1919-1946” inaugura una nuova collana storica. L’idea della traduzione è sorta da una nota della studiosa triestina Marina Cattaruzza (autrice dell’introduzione all’edizione italiana, di cui proponiamo alcuni brani) che nel suo saggio “L’Italia e il confine orientale” ha giudicato il libro di Rusinow “uno dei contributi più intelligenti e documentati alla problematica dei territori della Venezia Giulia sotto sovranità italiana”.

Pubblichiamo un brano dall’introduzione di Marina Cattaruzza al libro “Italy’s Austrian Heritage 1919-1946” di Dennison I. Rusinow.

Nei primissimi anni Sessanta, un giovane americano della Florida, “snello, con i capelli color biondo chiaro e gli occhi blu”, “dall’aria quieta e studiosa”, ma dotato di un forte senso dell’umorismo e versato nell’arte della conversazione sugli argomenti più vari, dottorando al St. Antony’s College di Oxford, intraprendeva un lungo soggiorno nelle zone di confine tra l’Italia, l’Austria e la Jugoslavia, trascorrendo mesi di operosità intensa negli archivi di Bolzano, Trieste, Fiume e Pola a raccogliere materiale sui territori acquisti dall’Italia alla fine della Prima guerra mondiale. Nel suo lavoro di ricerca il dottorando era seguito da F. William Deakin (futuro Sir William), esperto della Jugoslavia e ufficiale di collegamento britannico al quartiere generale di Tito durante la Seconda guerra mondiale. La tesi di dottorato sarebbe stata discussa con successo all’inizio del 1963, davanti una commissione di cui facevano parte l’esperto di storia italiana Christopher Seton-Watson e uno dei più famosi ed eccentrici storici britannici del XX secolo, A.J.P.

Taylor, su posizioni accesamente filojugoslave. Il nome del giovane dottorando era Dennison (Denny) Ivan Rusinow e il frutto delle sue ricerche avrebbe visto la luce in un volume uscito nel 1969 per i tipi della Oxford University Press e intitolato “Italy’s Austrian Heritage 1919-1946”. (…) “Italy’s Austrian Heritage” è uno studio originale, lucido e documentato su uno dei temi più spinosi della storia italiana del XX secolo: l’impatto che l’acquisizione dei territori ex asburgici del Trentino, del Sudtirolo e della Venezia Giulia esercitò sulle fragili istituzioni del Regno d’Italia e le ipoteche che il possesso di tali territori avrebbe posto alla politica estera dell’Italia fascista. Inspiegabilmente, “Italy’s Austrian Heritage” è stato quasi completamente ignorato dagli “addetti ai lavori”, sia nelle regioni di confine oggetto della trattazione, sia nel resto d’Italia. Anche il passaggio del giovane americano per Trieste non sembra aver lasciato traccia, tanto che accingendomi a scrivere questa breve nota ho avuto l’impressione di misurarmi con un fantasma, così evanescente e inafferrabile risulta la presenza a Trieste dello storico statunitense. Pur avendo frequentato intensamente e per lunghi anni gli storici triestini, non mi sovviene una sola volta in cui sia stato fatto cadere, in una conversazione, il nome di Dennison Rusinow o del suo libro. Eppure Rusinow si premurò, come è ovvio, di prender contatto con gli specialisti di storia della regione Giulia, tra i quali Teodoro Sala, Galliano Fogar, e il più anziano Carlo Schiffrer, che però sarebbe morto prima dell’uscita del volume.

Particolarmente cordiale fu il suo rapporto con l’azionista Ercole Miani, esponente di primo piano del Cln triestino e «coinvolto in molte delle battaglie descritte nella ricerca», come Rusinow annota nella prefazione al volume. La traduzione italiana su iniziativa dell’editore Bruno Crevato Selvaggi e l’uscita del volume presso “La Musa Talìa” a quaranta anni (!) dalla pubblicazione in lingua originale rappresentano quindi anche una specie di risarcimento – talmente tardivo da risultare purtroppo postumo – allo storico americano, che, giovanissimo, aveva devoluto tanto impegno, energia ed intelligenza allo studio dei complessi problemi delle aree di confine dell’Italia nel periodo tormentato tra il 1919 e il 1946. […[ “Italy’s Austrian Heritage” è un lavoro che suscita ammirazione e rispetto per la rigorosa e ampia documentazione che lo sorregge, ma forse, ancor di più, per l’audacia dell’impianto, l’ampiezza della visione e l’originalità e maturità dei giudizi. La considerazione per gli obiettivi raggiunti da Rusinow in “Italy’s Austrian Heritage” si accresce poi, ulteriormente, se si tiene presente che si tratta della tesi di dottorato di un giovane studioso non ancora affermato, poco più che trentenne all’epoca della prima stesura del manoscritto. L’originalità della visione storica di Rusinow è evidente già nella scelta del titolo: in “Italy’s Austrian heritage” l’allusione è ai conflitti nazionali sviluppatisi nell’Impero asburgico, all’origine di nazionalismi intransigenti e intolleranti, che l’Italia si trovò a gestire senza alcuna preparazione di tipo politico o culturale e che finirono per affossare le stesse istituzioni liberali. Gli stessi nazional-liberali della Venezia Giulia, protagonisti delle lotte nazionali nell’ultimo scorcio della Monarchia asburgica, erano gli ultimi a poter enucleare una soluzione autenticamente liberale del problema delle minoranze, che essi consideravano il loro nemico mortale, con cui era venuto finalmente il momento di pareggiare i conti. Contro quest’atteggiamento dell’élite giuliana si infranse la buona volontà di un politico come Francesco Saverio Nitti, che in loco non trovò esecutori per il suo programma moderato e di pacificazione nazionale. Geniale appare poi l’osservazione di Rusinow sul carattere “peculiarmente austriaco” del fascismo giuliano: «O suoi esponenti erano avventurieri giuliani, molti dei quali veterani del vecchio ordine, che portarono qualcosa di essenzialmente austriaco nel fascismo italiano».

Rusinow colloca tale osservazione in una complessa analisi dei rapporti tra centro e periferia, evidenziando come l’oltranzismo del nazionalismo giuliano finisse per condizionare la politica fascista di confine, facendo propria un’interpretazione del fascismo come nazionalismo integrale. Nella Venezia Giulia, secondo Rusinow, furono adottati metodi fascisti per l’attuazione di un programma nazionalista. Tale oltranzismo fu favorito in primo luogo dalle rivalità tra il nazionalismo italiano e i nazionalismi non meno intransigenti dei tedeschi del Sudtirolo e degli Sloveni e dei Croati nella Venezia Giulia. […] Il lavoro di Rusinow sui territori ex-asburgici passati all’Italia dopo la Grande guerra è opera di grande respiro e di possente concezione, che inserisce la problematiche delle aree di confine in un contesto storiografico in cui sono presenti almeno tre nuclei fondamentali della storia italiana ed europea del Ventesimo Secolo: il retaggio dell’eredità dei conflitti nazionali dell’Impero asburgico rispetto all’involuzione della politica italiana e al suo sbocco fascista, la competizione italo-jugoslava ed italo-tedesca per il possesso dei territori e l’impatto della Prima guerra mondiale e della Rivoluzione bolscevica sulle culture politiche pre-esistenti e la trasformazione in concezioni totalitarie (nazionalfascista e comunista).

(courtesy MLH)

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