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L’est italiano nella letteratura di confine (Giornale di Brescia 19 gen)

Una letteratura certo non «minore»che oggi chiede di essere salvaguardata sia per l'intrinseco valore artistico, sia per testimoniare il dramma di un popolo costretto ad abbandonare la propria terra. È la «letteratura di confine», da non confondere genericamente con la letteratura coloniale o con la produzione degli scrittori emigranti o, ancora, di autori stranieri che hanno scelto di esprimersi in lingua italiana.

«Il riferimento è alla letteratura italiana che si è sviluppata ai confini con l'Italia: si è sedimentata in territori come il Canton Ticino, Malta, le isole Ionie e, soprattutto, ai confini orientali con il Trentino, Venezia Giulia e la Dalmazia, in cui per secoli ci fu una maggioranza di italiani».

La precisazione è del prof. Giorgio Baroni, ordinario di letteratura italiana moderna e contemporanea all'università Cattolica di Milano (dove svolge anche l'insegnamento di sociologia della letteratura), intervistato ieri al Sancarlino da Anna Bellio per i Lunedì curati da Carla Boroni.

Lo studioso e critico letterario – autore fra gli altri dei volumi «Scrittori al volo. L'aviazione nella letteratura», «Orlando comprato.

Manuale di sociologia della letteratura» e «Viaggio intomo» -ha ripercorso la situazione storica di queste zone al limite della penisola italiana fortemente connotate fin dai tempi antichi dall'essere parte integrante dell'impero romano e dall'impronta della cultura latina; poi entrate nell'orbita veneziana, fino alla caduta della repubblica marinara per mano di Napoleone e quindi assoggettate al dominio austro-ungarico. Le vicende del XX secolo, segnato dai due conflitti mondiali, ne hanno tracciato un destino di smembramento e di esodo.

Baroni, coadiuvato dalle analisi della prof.ssa Bellio, ha proposto una panoramica dei talenti e dei personaggi illustri generati dall'area dalmata, a cominciare dagli imperatori Diocleziano e Giulio Nepote (ultimo imperatore romano) . San Girolamo verso la fine del '300 dopo Cristo completava a Betlemme il «De viris illustribus», miscellanea di biografie di personaggi dell'Antico Testamento e dei primi secoli dell'era cristiana.

«Il maggior esponente è stato sicuramente Niccolò Tommaseo – ha ricordato il relatore -: linguista, scrittore e patriota italiano (cui sono legati i Dizionario della lingua italiana, il Dizionario dei sinonimi e il romanzo «Fede e bellezza») che lasciò segni indelebili nel contesto culturale pubblicando anche in francese e neo-greco». Altri nomi di rilievo citati dallo studioso sono quelli di Arturo Colautti, nativo di Zara, giornalista di valore, che diresse il Corriere del mattino, di Napoli; l'eminente storico e letterato zaratino Giuseppe Sabalich; Arturo Belotti di Spalato, che nel 1896 canta la sua Dalmazia o il contemporaneo poeta, scrittore e saggista Raffaele Cecconi di Zara, col suo resoconto di «straordinari e avventurosi viaggi in luoghi remoti», pubblicando la raccolta di poesie «D come Dalmazia».

«Con la Seconda guerra mondiale pochissimi dalmati italiani restano in Dalmazia – ricorda Baroni -. Si chiude così l'epoca della generazione della diaspora, dopo di che tutti o quasi tutti gli scrittori andranno esuli anche molto lontano. Loro comune denominatore è il desiderio di dare voce ai drammi della propria terra, perciò assistiamo all'intensificarsi della produzione memorialistica e critica». Soltanto alcuni di questi sono però oggi segnalati in repertori e pubblicazioni. «Si pone anche il problema dell'appartenenza – osserva il relatore -. E c'è il rischio concreto che il matrimonio fra questa cultura e l'italianità finisca. Perciò abbiamo bisogno di studi specifici, che s'affianchino ai testi periodici dei dalmati in esilio e, oggi, anche ai siti internet dedicati».

Anita Loriana Ronchi

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