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L’eterno femminino nell’opera di Tomizza (Voce del Popolo 10set13)

Personaggi femminili nella narrativa di Fulvio Tomizza», a cura di Irene Visintini e Isabella Flego, è il quinto volume e l’ultimo progetto editoriale della Collana di saggistica degli Italiani dell’Istria e del Quarnero “L’identità dentro”, della casa editrice EDIT, uscito in coedizione con la Comunità degli Italiani “Fulvio Tomizza” di Umago. L’opera contiene i risultati di una ricerca condotta grazie anche al sostegno dell’Unione Italiana – rispettivamente del ministero degli Affari esteri della Repubblica Italiana – e rappresenta l’unico studio specialistico, sistematico e organico sulle figure muliebri presenti nella produzione tomizziana.

Il volume contiene diciassette saggi a firma di Irene Visintini, Isabella Flego, Amalia Petronio, Claudia Voncina e Cristina Sodomaco e si divide in cinque capitoli: “Identificazione della figura della moglie, icona dell’amore coniugale nella narrativa di Fulvio Tomizza”, “Figure femminili vittime della violenza sociale e familiare, della guerra e dell’esodo”, “Voci femminili della storia e della vita”, “Rappresentazione del femminile tra particolari contesti storico-sociali, private vicissitudini e drammi di frontiera” e “Considerazioni sulla condizione presente e passata della donna”.

Emerge una galleria molto differenziata di donne emblematiche, che le varie autrici affrontano sotto diversi profili, sorrette dalla consapevolezza che esse rappresentano da un lato il riflesso dell’ideologia, della poetica e della maturazione del percorso letterario di Tomizza; mentre dall’altro lato sono pregne di un valore autonomo e intrinseco, documentaristico, storico e sociologico, con il loro muoversi in tempi e contesti sociali vari, nel passato come nella contemporaneità.

Come fa notare Irene Visintini nella Premessa, la raccolta di saggi si propone come un lavoro-testimonianza di una civiltà ormai in via di estinzione, ma anche “dell’evolversi, del mutare della condizione della donna e dei suoi rapporti con l’uomo in vari momenti storici e politici… Si è dipanato così l’intreccio tra il vecchio e il nuovo, trasformazioni, incertezze, pregiudizi sociali, ambizioni, aspettative, sentimenti contradditori”.

Profili di donne protagoniste tracciati a trecentosessanta gradi, psicologicamente minutamente indagati, oppure personaggi femminili “comprimari” toccati quasi di sfuggita, tratteggiati velocemente nel loro alveolo culturale e storico, compongono l’universo muliebre di Tomizza. Un mondo che può dare il proprio apporto pure nell’ambito dell’attualissimo dibattito culturale e politico sulle pari opportunità, sulle discriminazioni ancora presenti nei confronti delle donne e quindi influire sulla creazione e l’applicazione di necessarie politiche sociali, di lavoro, di sostegno alla famiglia.

Personaggio femminile predominante nell’opera di Tomizza è la moglie, l’ebrea triestina Laura Cohen. Urbana, colta, raffinata, borghese, unico punto fermo nei suoi rapporti con le donne, è la sola che riuscirà a comunicargli quel senso di equilibrio che sarà “il centro di gravità permanente” contro le labilità dello scrittore, preso a volte da vere e proprie crisi morali, atroci depressioni, pensieri di suicidio. Apparirà nei scuoi scritti come Miriam (“La città di Miriam”), come Ester (“I rapporti colpevoli”), e Cinzia (“L’amicizia”). Laura è I’icona della moglie, alla quale è legato da un rapporto di complicità, confidenza, ironia, conoscenza umana; una donna che nella sua paziente e lungimirante tolleranza e solidarietà mai gli ergerà steccati di gelosia o possessività.

Amalia Petronio si sofferma sull’opera teatrale “Vera Verk” – rappresentata dal Teatro Stabile di Trieste nel 1963, con Paola Borboni nel ruolo principale. Il dramma è ambientato nell’Istria contadina, retrograda, ipocrita, piena di pregiudizi degli anni ’30 del secolo scorso. Vera Verk è emblema della donna istriana, sottomessa, maltrattata, che non conta nulla, alla quale viene strappata la bambina Rosa, frutto di una relazione con il cognato, e che per impedirle le nozze incestuose compie un gesto estremo mettendo fine alla sua infelice vita, riuscendo a distogliere Rosa dai suoi intenti matrimoniali.

Nella sezione “Figure femminili vittime della violenza sociale e familiare, della guerra e dell’esodo”, Cristina Sodomaco si concentra sul personaggio di Giustina, de “La ragazza di Petrovia”. Orfana di madre, con un padre ubriacone, la giovane cresce senza una guida che le insegni come affrontare la vita e quali siano i comportamenti saggi o meno da assumere nelle varie situazioni dell’esistenza. Istintiva e incosciente come un animaletto, incomincia a frequentare diversi uomini del villaggio, fino a incontrare Vinicio, con il quale rimane incinta. Lo sfondo storico sociale è quello dell’esodo, in questo caso degli istriani a Trieste. Lei rimane a Petrovia mentre Vinicio con la famiglia si trasferisce nel campo profughi a Trieste. Quando lo va a trovare per dargli la notizia, presa da timidezza e confusione non riuscirà a rivelargli la novità. Impaurita da una rissa al campo profughi, Giustina istintivamente, spasmodicamente desiderosa di rifugiarsi nel nido della sua casa di Petrovia, incomincia una folle corsa verso il confine dove, sorda alle intimazioni del soldato jugoslavo, verrà falciata da una raffica. Come scrive Carmelo Aliberti “… tra le inquiete lacerazioni e la scelta tra due microcosmi contrapposti, (Giustina) sconta, con la soluzione fatale, il suo pendolarismo, oscillante tra attaccamento alle radici ed esodo…”.

Nel capitolo “Voci femminili della storia e della vita”, c’è – tra l’altro – il saggio di Claudia Voncina “Maria Janis nel romanzo ‘La finzione di Maria’”, in cui lo scrittore narra un fatto storico del ’600, sulla base di documenti trovati per caso a Venezia. Maria Janis da Vertona (Bergamo) e il suo parroco Pietro Morellis furono processati dall’Inquisizione per “finzione di santità” in quanto lei – così affermava la donna – si sarebbe nutrita unicamente dell’ostia consacrata. Come fa notare Voncina, la diciottenne e prosperosa Maria Janis – inserita nel contesto della Riforma e Controrifroma – “è una figura letteraria davvero ricca e complessa, che comprende in sé, in un unico insieme, qualità femminili, forze quasi mistiche e vigore morale”.

“Figure femminil in ‘Dove tornare’”, di Isabella Flego, prende in esame “Dove tornare”, ottavo libro di narrativa tomizziana. È un intreccio di racconti ben distinti, nati da fatti concreti che si sfiorano e s’incontrano attraverso le figure dal carattere distintivo e in cui Tomizza, con “affanno leopardiano”, illustra i due mondi a cui appartiene: quello capitalistico e quello comunista. Nella miriade di situazioni, interessa in maniera particolare il suo ritorno a Momichio, in cui una parte di primo piano ha, ancora una volta, la saggia e fantastica moglie Miriam; la quale nella sua volontà di avere completamente il suo uomo vuole condividere, con lui “in completo rispetto e delicatezza”, anche l’amore per l’Istria e la sua casa di Momichia. E allora eccola, lei la cittadina, che impara a maneggiare la zappa, a faticare nell’orto e nel giardino, a conoscere ed apprezzare la natura, il canto degli uccelli, gli animali selvatici… Insomma, “una lunga canzone d’amore”, come scrive Laura Marchig nell’introduzione. L’intrigante copertina e iconografia è di Sergio Morosini.

Patrizia Venucci Merdžo
“la Voce del Popolo” 10 settembre 2013

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