Oggi, martedì 8 ottobre 2013, ci sarà l’ultimo saluto a Licia Cossetto a Ghemme, in provincia di Novara. Il Sindaco del Comune giustamente ha voluto che fosse un saluto solenne, allestendo la camera ardente nella chiesa comunale di San Rocco nella piazza del Castello e proclamando il lutto cittadino. Sono attese tante associazioni e rappresentanti delle popolazioni istro-venete.
Licia, per chi non la avesse conosciuta, era un personaggio di grande rilievo, nata il 1 agosto del 1923 a Santa Domenica di Visinada, un villaggio rurale dell’Istria, attualmente in Croazia. Come tanti altri coetanei ha vissuto in pieno la seconda guerra mondiale, ma lì c’è stato uno scontro che ha avuto una durezza inusitata dopo l’8 settembre del 1943, che ha colpito tutte le popolazioni del confine orientale: i giuliani, i dalmati, i fiumani e gli istriani.
I libri di storia, purtroppo ancora oggi, non raccontano o raccontano per sommi capi questa importante parte della storia italiana, la tragedia delle Foibe, per i soliti motivi di “partigianeria politica” che non è il caso di affrontare in questo momento.
Donna di carattere, che ha combattuto dal dopoguerra fino ad oggi, per avere il riconoscimento ufficiale dei crimini che sono stati commessi alla sua famiglia, con l’infoibamento della sorella Norma, del padre e di numerosi altri parenti. Per questo è diventata il portabandiera della causa degli istriani e delle altre popolazioni del confine. Dopo l’esodo forzato del 1947, ha vissuto a Novara, Milano e infine a Ghemme, paese natale del marito Guido.
E’ morta sabato 5 ottobre, esattamente a settant’anni dall’assassinio della sorella, mentre si recava a Trieste per la solenne cerimonia di commemorazione che si è poi tenuta davanti al cippo dedicato a Norma nella via che le è stata intitolata. Voleva esserci, anche per vedere tutti gli amici, i parenti e partecipare al pellegrinaggio del giorno successivo nel cimitero di Santa Visinada, con il ritorno alla terra natia, l’incontro con la comunità istro-veneta ancora presente nel territorio.
In tanti anni di tenace lotta è riuscita ad essere un esempio per il suo popolo, non solo per i risultati raggiunti con le medaglie al merito civile che il Quirinale a partire dal 2005 ha riconosciuto a molti infoibati, ma soprattutto per essere stata equilibrata, non ha mai insegnato ad avere odio, ma rispetto per tutti, dicendo a testa alta le proprie idee.
A ben vedere ha avuto anche un altro grande pregio, quasi introvabile di questi tempi: non ha mai piegato la verità alla convenienza politica, a costo di perderci. Se c’era da scegliere tra il suo popolo e gli interessi della politica, lei non aveva dubbi e cacciava i mercanti dal tempio, la gente lo sapeva e per questo la rispettava.
A volte era burbera, di poche e misurate parole, che sapeva usare con accortezza e parsimonia, come era stata abituata dalle suore tedesche di Gorizia, affinandosi nei tanti anni di insegnamento nella scuola. Infatti, in tutte le sue conferenze ha sempre saputo arrivare subito al dunque, in pochi minuti, facendosi capire bene da tutti, soprattutto dai giovani.
Se ne è andata una grande Donna, una combattente indomabile, che aveva una parola sola, che aveva ben chiaro quale fosse il suo compito nella storia italiana.
Daniele Vittorio Comerio su www.lindipendenza.com 8 ottobre 2013