Che le varie Comunità degli Italiani in Croazia e Slovenia “sfornino” di contino giovani di grande talento in campi diversi, che vanno dalla musica alla recitazione, dalla letteratura alla poesia, è cosa nota e risaputa. Ma che queste stesse abbiano dato i natali a giovani che, attualmente sono alcuni tra i più importanti archeologi della nuova generazione in Croazia, beh, questo cosa direi che è meno nota ai più. Studiare archeologia in un mondo dominato dalle nuove tecnologie digitali, vivendo in un’epoca che tende a dimenticare le scienze umanistiche e il passato, che tende a omologare le diverse culture, che distrugge muri millenari per fare spazio a facciate che impersonano il modernismo, un modernismo che molto spesso è difficile da comprendere, è una
scelta troppo spesso azzardata.
Vi siete mai chiesti che cosa rappresenti l’archeologia oggi e quale è il suo ruolo nel 2013? Stando alle ultime statistiche sono sempre meno i giovani che intraprendono studi storico-archeologici. Da questo punto di vista il connazionale Mario Zaccaria rappresenta un’eccezione.
Laureato a pieni voti alla Facoltà di Lettere e Filosofia, dipartimento Beni Culturali – curricula
Archeologia di Udine, nonostante la giovane età (29 anni) ha già alle spalle importanti successi, a partire dalla tesi di laurea “Claustra Alpium Iuliarum”.
Il Limes liburnico tra fonti, indagini e ricognizione”, con la quale ha attirato l’attenzione di molti esperti del settore, sia nel Bel Paese sia in Slovenia e Croazia.
Da bambini di solito si vuole fare l’attore, il pompiere, la ballerina, il cantante, il calciatore. Tu già da piccolo hai incominciato a dedicarti all’archeologia. Come è nata questa passione?
Tutto è incominciato a sette anni, quando stavo perdendo l’ultimo dente da latte. Lo cavai, alla vecchia maniera, come si faceva una volta, con il filo e la porta. Grazie a questa “impresa”, mio padre mi ha premiato portandomi al cinema a vedere il film d’avventura “I Goonies”, che all’epoca
riscosse un enorme successo tra i ragazzini. Le avventure dei protagonisti mi spinsero a volermi immedesimare nei loro personaggi; anche io volevo vivere le loro avventure, scoprire, esplorare, luoghi e ambienti nuovi, così incominciai ad interessarmi all’affascinante mondo dell’archeologia. Poi dopo le scuole superiori, volevo intraprendere una carriera accademica dove lo studio della
storia sarebbe stata la materia principale, anche perché era l’unica materia con la quale passavo a pieni voti alle superiori (ride, ndr). E cosi ho preso la strada per Udine, che mi ha portato a diventare archeologo di professione.
Quanto durano e come sono strutturati i studi per diventare archeologo?
Per prima cosa ho portato a termine gli studi triennali alla Facoltà di Lettere e Filosofia all’Università di Udine, sezione per la Conservazione dei Beni Culturali, curricula Archeologia. Poi ho fatto i due anni della specialistica in “Archeologia” e mi sono poi laureato con la tesi “Claustra Alpium Iuliarum. Il Limes liburnico tra fonti, indagini e ricognizione” con la dott. Marina Rubinich.
A proposito di questa tesi. Ha riscosso molto successo negli ambienti accademici italiani della Venezia Giulia, che si sono dimostrati molto interessati all’argomento. In Slovenia altrettanto, dove sei stato sei mesi sul campo. Spiegaci che cosa è il Claustra Alpium Iuliarum?
Si tratta di un sistema di difesa di chiuse tardo-antico che va da Fiume arriva a Bohinj
in Slovenia e molto probabilmente prosegue fino a Cividale del Friuli e finisce a Rattendorf
in Austria. Per 150 anni, dall’imperatore Galieno fino a Teodosio il Grande, ha difeso l’accesso al cuore dell’Impero Romano, l’Italia. L’espressione ‘claustra’ indica sia una struttura fortificata su un terreno irregolare ideata per respingere il nemico, sia l’intera linea difensiva. I Claustra Alpium Iuliarum, in particolare sono un sistema di fortificazioni e sbarramenti posti a protezione di quelle
valli situate tra Slovenia e Croazia (e, in misura minore anche in Italia e in Austria) in cui correvano le vie di comunicazione più facili da percorrere per entrare in Italia in caso di sfondamento del limes danubiano, come accadde ad esempio nel 169/170 d.C., durante le guerre marcomannico-sarmatiche, quando gli invasori hanno tenuto sotto assedio per vari mesi Aquileia e distrussero
Opitergium. I claustra, insieme ai propri antecedenti, e cioè le fortificazioni che seguivano l’espansione romana per assicurare i valichi montani e la città di Aquileia contro le popolazioni celtiche, Carni, Giapidi e Histri, prima e, la Praetentura Italiae et Alpium poi, furono delle risposte escogitate per poter tenere sotto controllo le vie di comunicazione, che attraverso le Alpi, portavano in Italia. Specialmente per controllare quel territorio economicamente fondamentale, crocevia della
cosiddetta “via dell’ambra“ e dei traffici verso il Norico (l’attuale Austria) e oltre.
Cosa hai scoperto sondando il terreno?
Facendo ricognizione ho potuto ben capire quanto difficile doveva essere, all’epoca, creare un sistema tanto complesso perché non si tratta solamente di mura ma di tutta una serie di preparazioni prima, durante e dopo che dovevano costantemente rifornire con armi, viveri e uomini un’opera imponente come questa. Un’opera che reca in sé un potenziale, che come il Vallo Adriano, il Vallo Antonino, il limes danubiano, che gli Ungheresi si apprestano a valorizzare insieme agli Slovacchi, aspetta di essere riconosciuto da punto di vista culturale, ambientale e turistico per il benessere di questa zona di frontiera. Con il fine ultimo, magari, di essere incluso nella lista come Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Dove possiamo trovare i resti del Limes?
Subito vicino al Centro “Kalvarija” (ex clivio Buonarotti) e su Santa Catarina, ma sono solo,
purtroppo, piccoli frammenti, piccole tracce del Limes originale. Una volta era un muro alto e spesso che si può vedere ancora nelle grafiche di Johann Weichard Valvasor, che tracciò nel 17.mo
secolo con esattezza tutto il percorso del Limes.
E il Limes ti ha portato a vincere un premio.
Sì, ho ricevuto un premio in denaro dal Dipartimento della Cultura cittadino. Si tratta di dotazioni finanziarie che mi agevoleranno nel mio viaggio all’Istituto Geografico Militare di Firenze, nel quale mi fermerò per un periodo per studiare e trovare informazioni sul generale Italo
Gariboldi che, nel 1921, doveva constatare le frontiere tra lo Stato di Fiume e l’Italia e poi tra il Regno di Italia e il Regno Serbo Croato Sloveno. Voglio vedere quali dei tratti esplorati da lui combaciano con le mura tardo-antiche.
Scoprire la città che dorme sotto le pietre. Fiume e l’archeologia..
Fiume è una città nella quale l’archeologia non è mai stata un facile comprimario. I resti dell’antichità hanno sempre costituito l’ingombrante presenza con la quale fare, per certi versi, i conti. In passato la scoperta di strutture anche imponenti, nel corso di lavori di pubblica utilità, non è diventato motivo sufficiente per mutare il progetto iniziale. Quasi mai. La burocrazia tende a soffocare tutti i buoni intenti di conservazione del territorio. Da tempo si discute della creazione di un parco archeologico e della ristrutturazione della basilica paleocristiana vicino alle terme e qualcosa comunque sta cambiando. Secondo la Strategia dello sviluppo culturale della città di Fiume del periodo 2013-2020, il patrimonio archeologico dovrebbe avere un posto di spicco. Speriamo bene. La Città Vecchia è scomparsa, è inutile chiamarla Città Vecchia, quando di ‘vecchio’ è rimasto quasi poco o nulla. In nome del progresso si sono abbattuti tanti monumenti e case storiche. Adesso siamo arrivati al punto di dovere salvare il salvabile.
Cosa nasconde il sottosuolo fiumano?
L’Antica Tarsatica “dorme”sotto Fiume! Era un centro militare di prima classe, ma era anche un emporio Liburnico. Qui ci sarebbero tante e tante cose che potrebbero ‘resuscitare’ però bisognerebbe dirla basta con le parole e passare ai fatti.
Oltre al Limes, progetti futuri?
Incomincerò a scavare vicino a Bersezio dove ci dovrebbero essere i resti di un castelliere dove vivevano i Liburni, antichi navigatori e pirati. Poi mi sto attivando per presentare in Europa il progetto Claustra Alpium Iuliarum, in modo da farlo diventare uno dei monumenti culturali e storici europei, in via di essere distrutto dalla vegetazione, che necessitano urgente attenzione. Con un’altra
associazione, “Žmergo” di Abbazia stiamo collaborando per concorrere al ricevimento di fondi europei destinati alla cultura e al mantenimento del territorio istro-quarnerino, come associazione siamo più agili perché non ci mettiamo i bastoni tra le ruote con la solita burocrazia.
Marin Rogić
“la Voce del Popolo” / Suppl. “Storia” 6 aprile 2013