Una sede istituzionale, la nuova Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati, per un convegno che ha interessato e coinvolto la lingua italiana e la sua migliore diffusione nel mondo globalizzato ma anche la sua presenza nei territori nei quali un tempo era maggioritaria, come le regioni alto-adriatiche: L’italiano nel mondo globalizzato. Quale presente e quale futuro? La prospettiva europea, svoltosi a Roma lo scorso 1° dicembre e promosso dalla Rei (Rete per l’Eccellenza dell’Italiano Istituzionale), ha visto confrontarsi sul tema traduttori e linguisti, operatori della comunicazione e docenti universitari. Particolare attenzione è stata rivolta al lavoro condotto dall’Osservatorio dell’italiano istituzionale fuori d’Italia, costituito al’interno della Rei e del quale fanno parte l’Accademia della Crusca, l’Assessorato Comunità Italiana della Regione Istriana, il Comune di Pirano, le Università del Litorale di Capodistria, di Pola e di Trieste, Radio Capodistria e l’Università della Svizzera italiana, la cui funzione è di monitorare lo stato di salute della lingua nelle aree interessate e di fornire supporto qualificato alle istituzioni nelle quali l’italiano sia contemplato ancorché ormai minoritario.
Almeno due le relazioni che più da vicino hanno toccato le regioni già italofone come l’Istria, il Quarnero e la Dalmazia, ma anche il Levante e l’Europa centro-orientale: del prof. Natale Vadori (Università del Litorale, Capodistria) e di Loredana Cornero (Direzione Relazioni Internazionali Rai e Segretaria generale della Comunità Radiotelevisiva Italofona). A Vadori, autore – tra l’altro – di Italia illyrica, glossario degli esonimi italiani di Illiria, Mesia e Tracia, nel quale sono registrati circa 40.000 toponimi dalla Dalmazia al Mar Nero in italiano e nelle lingue locali, nonché le variazioni storiche delle denominazioni italiane della Venezia Giulia, è stato affidato il compito di ricreare, pur nell’esiguo tempo concesso ai relatori, la geografia dell’italiano nell’Europa centrale e orientale e lungo la costa dell’Adriatico orientale. Aree queste, ha spiegato Vadori, nelle quali la sua presenza si attesta nei secoli grazie a diversi processi storici: l’evoluzione dal latino nei municipi romani dell’Istria e della Dalmazia, il ruolo strategico del Patriarcato di Aquileia che preservò e diffuse in tutta la regione adriatica l’idioma di Roma quale lingua liturgica e di cultura creando così le premesse per l’evoluzione nel volgare italiano, la rete tessuta nel Vicino Oriente dai mercanti della Penisola. Ma anche grazie ad altre circostanze e in diverse fasi storiche: la frequentazione, sino al XIX secolo, delle Università di Padova e di Bologna da parte di studenti ungheresi e austriaci, il favore e la diffusione del pensiero risorgimentale italiano presso le nazionalità soggette agli imperi centrali, e finanche in epoca liberale l’assenza, nella legislazione italiana, di norme discriminatorie dell’elemento ebraico.
Sulla problematicità delle condizioni dell’italiano contemporaneo, sia nelle vicine regioni adriatiche ed anche nel nostro Paese, si è soffermata Loredana Cornero, coordinatrice della Comunità Radiotelevisiva Italofona costituitasi nel lontano 1985 per attivare la collaborazione istituzionale tra radiotelevisioni di servizio pubblico – Rai, Rsi, Rtv Koper-Capodistria, Radio Vaticana e San Marino Rtv – che abbiano nel palinsesto programmi in italiano. Un osservatorio privilegiato, il suo, per testare lo stato di salute dell’idioma nazionale presso i diversi contesti geografici e culturali, dai quali Cornero ricava preoccupanti segnali di tenuta, soprattutto in Slovenia e Croazia ed anche in Svizzera. Temi e problemi affrontati nei precedenti convegni, «L’italiano sulla frontiera. Vivere le sfide linguistiche della globalizzazione e dei media» svoltosi a Basilea lo scorso mese di maggio, e «L’italiano in frontiera» tenutosi a Capodistria in giugno. Incontri dai quali, compreso quest’ultimo a Roma, sono scaturite riflessioni e allarmi circa l’indebolimento della linguistica italiana nel mondo, determinato dalla chiusura di molti dipartimenti universitari (come nel caso degli Stati Uniti, dove sopravvive soltanto a New York); e al contempo si sono confermate le sue grandi potenzialità nei settori della cultura – storicamente eminente – e del miglior vivere. Come ha rimarcato con passione in apertura dei lavori Nicoletta Maraschio, presidente della Crusca, si rende urgente rilanciare una seria e organica politica di valorizzazione e diffusione che contrasti l’ormai comune credenza che l’italiano sia una lingua marginale rispetto all’internazionale anglosassone, quando i valori essenziali che essa incarna restano pienamente validi ed anzi indispensabili a fermare il generale decadimento culturale e sociale: lingua di elezione ed anche di scelta, il suo ruolo di prestigio e di relazione riaffiora ai nostri giorni proprio in contrasto con l’impoverimento scolastico e l’omologazione al ribasso di tanta parte delle società contemporanee. Senza dimenticare il ruolo degli italofoni e delle comunità italiane all’estero, tra le quali quelle che nelle attuali Slovenia e Croazia attestano l’autoctonia dell’antica presenza italiana e conservano, nella dimensione essenziale della lingua, il segno visibile dell’identità.
Patrizia C. Hansen