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«La Croazia sciolga i nodi se vuole entrare nell’Ue» (Il Piccolo 14nov12)

Emozionato perché il giorno dopo avrebbe incontrato il Papa in Vaticano, ma concentrato e attento sui temi da disquisire, il ministro degli Esteri della Slovenia Karl Erjavec marca stretto la Croazia sul tema della Ljubljanska Banka salvo illuminarsi in volto quando parla delle opportunità aperte nei rapporti con l’Italia.

 

Ministro, cosa farà la Slovenia da grande?


La Slovenia ha compiuto 20 anni e quindi è diventata maggiorenne, ma ha bisogno ancora di maturare. Spero che ciò avvenga nel prossimo futuro.

 

Sono tempi duri per tutti in Europa. Come affronta il Paese questa crisi socio-economica?


La Slovenia è sempre stata una sorta di storia a lieto fine. È stato così nella transizione, siamo stati i primi tra i Paesi ex jugoslavi a entrare nella Nato, nell’Ue, nell’Eurozona. La nostra economia cresceva, lo standard della vita migliorava. Nel 2008-2009 però è scoppiata la crisi finanziaria e ora non capiamo perché non siamo più così vincenti. E dobbiamo stringere la cinghia, attuare riforme anche poco piacevoli come quella delle pensioni, diminuire il debito pubblico.

 

Come ha reagito la gente?


La gente ha subito ripercussioni nelle sue tasche. Non eravamo preparati a tempi di crisi. Quando la supereremo allora potrò dire che la Slovenia ha raggiunto la sua piena maturità.

 

La Slovenia ha forse reagito troppo in ritardo ai venti di crisi? C’è qualche colpa del precedente governo?


No, non credo. La Slovenia è uno Stato giovane. I governi sono stati fin qui sempre positivi, c’è stata sempre una buona crescita economica e produttiva ma queste nuove situazioni ci hanno colti impreparati.

 

In quali settori siete stati colti di sorpresa?


In generale. Se volevamo mantenere gli standard che avevamo bisognava avere una crescita economica del 3%, ma noi nel giro di una notte siamo caduti in un -10% del Pil. Un colpo durissimo. Credevamo che la crisi durasse solo 2-3 anni. Per questo, visto che nel 2008 il nostro debito sui mercati era di 8 miliardi di euro, abbiamo deciso di aumentare il nostro debito per arginare il momento difficile e far ripartire l’economia.

 

Cosa è andato storto allora?


L’economia slovena è basata sull’export e quindi siamo molto sensibili a tutto quello che avviene attorno a noi. Ad esempio l’Italia è il secondo partner commerciale con un interscambio pari a 6,5 miliardi di euro e la crisi in Italia ha così avuto pesanti ripercussioni anche sull’economia slovena.

 

Un errore solo sloveno?


Beh, non siamo stati i soli a pensare che la crisi durasse meno. Anche i cosiddetti Paesi emergenti come la Russia, la Cina, il Brasile stanno rivedendo in queste ore al ribasso i loro tassi di crescita economica. E anche in Europa le prospettive non sono rassicuranti.

 

Quindi che cosa si deve fare?


Dobbiamo attuare riforme strutturali, dobbiamo diminuire la spesa pubblica e il debito pubblico e proprio per questo la Finanziaria 2013-2014 è molto significativa perché vogliamo riportare il rapporto debito pubblico-Pil dal 6,4% attuale al 3% per rientrare nei parametri di Maastricht.

 

Assolti quindi i governi precedenti?


Direi di sì, siano stati essi di destra o di sinistra.

 

Cos’è successo allora?


La politica slovena non era preparata a una crisi economica e finanziaria così pesante nell’ambito dell’Ue e nel mondo intero.

 

Se non si risolverà la questione della Ljubljanska Banka siete veramente decisi a non ratificare l’adesione della Croazia all’Ue?


La Slovenia è interessata all’ingresso della Croazia in Europa e da tempo sosteniamo che il futuro dei Balcani occidentali è all’interno dell’Ue. È una questione di pace e stabilità che solo una prospettiva euroatlantica può garantire. Se dovessimo bloccare la Croazia indirettamente, bloccheremmo anche tutti i Balcani occidentali. Ma questo non è nel nostro interesse strategico. Certo è però che la Slovenia vuole che prima della ratifica siano appianate tutte le questioni ancora aperte relative alla fine della Jugoslavia.

 

Quindi il nodo della Ljubljanska Banka ricade nei temi relativi alla successione alla Jugoslavia?


Certo, lo avevano detto anche l’ex premier Borut Pahor e la sua “collega” croata di allora Jadranka Kosor e lo stanno ribadendo anche i due esperti che stanno cercando di sciogliere questo nodo gordiano.

 

Quindi come si risolve?


Il problema va riportato nell’ambito delle competenze della Banca di Basilea per la riconciliazione internazionale. Anche il ministro degli Esteri croato, Vesna Pusi„ mi ha confermato per iscritto di accettare questa strada, ma c’è ancora un problema.

 

Quale?


Le cause che sono state aperte contro la Ljublanska Banka dal ministero delle Finanze croato sulla stessa questione per la quale ci si dovrebbe rivolgere alla Banca di Basilea.

 

Inacettabile per la Slovenia dunque?


Certo, non possiamo attendere una soluzione da Basilea con l’iter giudiziario aperto sulle stesse questioni nei tribunali croati. Non possiamo quindi ratificare l’adesione di Zagabria all’Ue se prima questi procedimenti non sono chiusi. Dire sì alla Croazia in Europa e dopo trovarsi una sentenza di condanna dai fori croati sarebbe molto dannoso per la Slovenia.

 

Perché così dannoso?


In ballo c’è un importo molto importante, circa 800 milioni di euro a cui si dovrebbero aggiungere tutti gli interessi ventennali.

 

Qual è la vostra linea di difesa?


Le cause sono relative ai risparmiatori croati che già sono stati rimborsati dalla Croazia stessa quando questa ha assunto tali poste nel suo debito pubblico. Per i rimanenti bisogna adire alla Banca di Basilea e ragionare in base a quanto stabilito a Vienna nel 2001 sulla successione alla Jugoslavia per cui ciascun Paese si assume l’onere di risolvere le questioni relative al sistema bancario nell’ambito della successione alla defunta Repubblica socialista. Ma molti Stati nati dal disfacimento della Rfsj purtroppo mostrano scarso interesse a risolvere le questioni nell’ambito della successione.

 

Con l’Italia i rapporti sono buoni, ma c’è ancora qualche questione aperta?


I rapporti sono ottimi, con il ministro Terzi siamo buoni amici. Certo come accade tra tutti i vicini c’è sempre qualcosa da discutere. Penso ai rigassificatori nel golfo di Trieste che secondo noi determinerebbero pesanti ripercussioni sull’ecosistema dell’Alto Adriatico. Ma stiamo parlando e il tutto si risolverà nel rispetto delle norme europee in materia. Ci sono poi i tagli ai finanziamenti per la minoranza slovena in Italia. Noi, pur in tempi di crisi, abbiamo garantito gli stessi importi dello scorso anno alla minoranza italiana in Slovenia.

 

Ne avete parlato di recente a Brdo con Terzi.


Sì, e Terzi mi ha assicurato che sarebbe stato fatto di tutto per garantire i fondi agli sloveni in Italia.

 

E gli interessi comuni invece?


Ci sono le infrastrutture, penso al collegamento ferroviario Trieste-Divaccia, le sinergie tra i porti del Nord Adriatico, il progetto Southstream, la Macroregione adriatico-ionica che è un’investimento politico ed economico fondamentale e che potrebbe veder nascere la terza grande Macroregione europea dopo la baltica e la danubiana.

 

Mauro Manzin

“Il Piccolo” 14 novembre 2012

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