di Gilberto Oneto
Una delle più consolidate ricorrenze della cultura ufficiale italiana è rappresentata dalle quattro città marinare. Sono sui libri della scuola dell’obbligo, sulle figurine Liebig e il loro stemma compare sulle bandiere della marina mercantile. L’invenzione di questo patriottico tetramorfo risale ai primi anni dell’unità per soddisfare due obiettivi: 1) contribuire alla creazione di quel castello di mitologia nazionale che in qualche modo cercava di giustificare ex post la costruzione rinascimentale, e 2) sminuire il ruolo piuttosto imbarazzante per la cultura unitarista delle due grandi repubbliche di Genova e di Venezia. Così le si è affiancate a Pisa e ad Amalfi, politicamente assai meno significative e “pericolose”. Pisa era stata una gloriosa e fiera repubblica che ha però terminato la sua avventura nel XV secolo (quando le altre potenze marinare si avviavano al loro massimo splendore) schiacciata dall’espansione fiorentina che l’ha sostituita con Livorno, facendola diventare (anche fisicamente) una città di terra. Amalfi è poco più di una invenzione patriottica: era stata una delle tante città costiere meridionali che si erano guadagnate qualche concreta autonomia da Bisanzio utilizzando ambigui ammiccamenti con i saraceni e che hanno chiuso quasi subito il loro capitolo di specificità rientrando nel grande regno napoletano.
Ci sono invece altre città che hanno conosciuto una storia di marineria assai più lunga e gloriosa ma che sono quasi ignorate dai libri scolastici: una è Ancona, che ha però anch’essa dovuto subire l’ingombrante vicinanza di uno Stato più grande – quello della Chiesa – che se l’è annessa. Due altre piccole-grandi entità statuali hanno invece saputo resistere molto più a lungo.
La microscopica repubblica di Noli era diventata indipendente nel 1192 e subito si era alleata con Genova inaugurando un sodalizio che durerà fino alla fine del ‘700 in una sorta di patto federale di grande interesse storico e modernità. Le sue navi hanno percorso il Mediterraneo per secoli battendo congiuntamente le due bandiere (anche cromaticamente complementare: una croce rossa in campo bianco e una bianca in campo rosso) e si sono affiancate a quelle della Dominante in tutte le imprese militari più importanti. Ragusa di Dalmazia si era resa definitivamente indipendente da Venezia nel 1358 mantenendo con la Serenissima uno strano e duraturo rapporto di amore-odio: la concorrenza commerciale sarà sempre molto forte (Ragusa aveva costruito una rete di collegamenti diplomatici straordinaria per efficienza e capillarità) ma Venezia utilizzerà la particolare condizione di Ragusa (formalmente dipendente da Istanbul) per la sua penetrazione economica e per i suoi traffici con la penisola balcanica e con l’Impero ottomano. Per secoli Ragusa è infatti stata la porta di contatto fra l’Europa cristiana e i turchi, un punto di collegamento e di incontro che non è mai venuto meno neppure nei momenti più aspri di scontro: è lì ad esempio che sono avvenute le trattative per lo scambio dei prigionieri dopo Lepanto.
Ma Ragusa è anche stata un’affascinante sintesi fra il mondo occidentale e quello slavo: la città stessa era nata dall’unione fra un insediamento dove si parlava il dalmatico (una antica lingua neolatina estinta solo nel XIX secolo) e uno slavo, della tribù dei Dubroni, che ha originato il nome (Dubrovnik) con cui è oggi più conosciuta. L’incontro fra le due anime è rimasto fisicizzato dalla principale via cittadina, lo Stradùn, dal nome famigliarmente padano. Ragusa non è geograficamente italiana ma va ricordata per il suo particolarissimo carattere, fortemente impregnato di rapporti con l’opposta sponda dell’Adriatico e con la valle del Po, ma soprattutto di veneticità, perfetta sintesi di quella straordinaria creazione culturale che è stata la Dalmazia. Qualcuno sostiene che Noli e Ragusa non siano ricordate come meritano perchè non hanno mai avuto colonie oltremare, ma in realtà entrambe sono state vittime della necessità di disegnare una geografia “politicamente corretta” post risorgimentale. É invece sintomatico che tutte e quattro le “vere” repubbliche marinare – Venezia, Genova, Noli e Ragusa – sono finite negli stessi tragici mesi, alla fine del XVIII secolo, e per mano dello stesso “assassino” delle vere libertà.