L’«orologiaio pazzo» di Torino figlio di un esule fiumano

Thomas Lussi, 51 anni, ha imparato il mestiere di orologiaio dal papà Claudio, esule fiumano. Nel dicembre del 1991 iniziarono a creare insieme orologi artistici dai vecchi dischi in vinile. Poi purtroppo, nell’aprile del 2015, Claudio Lussi venne a mancare. Ma suo figlio ha continuato con successo la loro attività. Li chiama orologi a 33 giri.
“Ho seguito mio padre in quest’avventura: trasformare pensieri in forma di orologi… attraverso l’ingegno, l’intuito e la manualità, abbiamo dato le gambe a un’idea. Con il trascorrere del tempo – dice sul suo profilo Facebook Thomas Lussi – è diventato un riflesso del nostro vivere il tempo nelle sue diverse accezioni… Un racconto che continua, con il volgere del tempo, orologio dopo orologio”. La sua curiosa storia è stata raccontata alcuni giorni fa dalla collega Cristina Insalaco sulle pagine de La Stampa di Torino.
“Si fa chiamare ‘l’orologiaio pazzo’ perché le sue creazioni sono delle piccole follie – scrive di lui sul quotidiano piemontese la cronista – Nella sua casa-laboratorio, in via delle Primule, alle Vallette, dove vive dal 1986, Thomas Lussi ha appena realizzato un orologio con tredici ore, un altro accartocciato su sé stesso che sembra gridarci ‘il tempo stringe’, e un altro ancora con un elegante amo dipinto, che vuole suggerire a chi lo guarda ‘pesca l’attimo, non perdere tempo’. Thomas Lussi, 51 anni, ha imparato il mestiere dal papà Claudio, e adesso che lui non c’è più prosegue la tradizione di famiglia da solo – aggiunge. “I miei orologi nascono da vinili che senza il mio intervento finirebbero al macero – ha raccontato Thomas alla giornalista –. Li prendo da privati o negozianti che altrimenti li butterebbero perché fuori mercato, rigati, usati, passati di moda, con qualche difetto. Io li taglio, poi li modello, li piego e li coloro trasformandoli in orologi d’artista e da parete con l’aggiunta dei meccanismi industriali”.

Di suo padre, il giorno in cui era venuto a mancare, su Facebook Thomas scrisse: “Grazie papà! Per tutti eri Claudio. Voglio serbare il tuo ricordo così! Un affabulatore che con gli istanti della vita ha sempre giocato, anticipando e giocando con le linee del tempo… Il tuo genio e la tua intuizione li hai messi sempre a disposizione degli altri. Sei stato sempre una persona umile che non si è mai negata al lavoro. Non avevi mire di grandezza o di ricchezza, ma di semplice vita quotidiana e convivialità. Hai lottato per le tue necessita e i tuoi diritti, lottando per i diritti di tutti. Lottare per tutti, per avere per sé stessi. Questo è uno dei più grandi insegnamenti che porterò con me”.
Claudio Lussi, nato a Monfalcone il 12 aprile del 1933 e scomparso a Torino il 18 aprile del 2015, fu un migrante per buona parte della sua vita. Infatti la sua famiglia di origini istriane, giunta a Fiume da Monfalcone nel 1947, si era poi ritrasferita nella città giuliana. Da lì, in seguito, Claudio spiccò il volo emigrando in Germania, dove per parecchi anni visse a Bonn, dove nacque Thomas, per poi rientrare in Italia, a Torino.
Alla fine della prima guerra mondiale i suoi genitori, che avevano trovato lavoro presso i cantieri di Panzano, nel Monfalconese, decisero di ricongiungersi con il finire della Seconda guerra mondiale alle loro radici attecchite a Pola e a Fiume: e lui si considerava fiumano d’adozione. A Torino visse fino alla sua scomparsa, attorniato da quattro figli e da diversi nipoti. Aveva anche la passione per scrivere. Di ogni esperienza Claudio faceva tesoro, traducendo le sue emozioni in poesie, spesso scritte in dialetto fiumano, alcune raccolte nel suo primo libro “Via Enrico Dandolo”, pubblicato nel 2003 e, in seguito, in “La poesia in esilio – Una vita in versi”, una raccolta postuma curata con amore dal figlio Thomas. Con il suo lungo codino bianco a Torino era diventato un personaggio noto a tutti e caratteristico, che ogni sabato arrivava all’alba al mercato del Balon per montare, assieme al figlio Thomas, il loro banchetto di manufatti artigianali: orologi da parete realizzati con vecchi dischi di vinile. Scomparso il padre, Thomas ha continuato quell’attività. La porta avanti a tutt’oggi, in un laboratorio in via delle Primule.
Nel quartiere delle Vallette, che Thomas dice essere il suo rione del cuore, dedica molto tempo anche a sostenere gli anziani. “Aiutando gli altri aiuto anche me stesso” – ha dichiarato nel servizio pubblicato da La Stampa. Quando non è alle Vallette, con i suoi orologi “pazzi” è ai vari mercatini torinesi.
“Lavorare a fianco di mio papà, con il quale ho condiviso vent’anni di sinergia creativa all’insegna del riuso, del recupero e del riciclo, mi ha permesso di conoscerlo a fondo e imparare da lui tante lezioni. Se potesse vedermi oggi credo che sarebbe orgoglioso di me” – ha dichiarato a Cristina Insalaco. “Quando lavoro i vinili mi estraneo dal mondo, dimentico tutto ed è come se il tempo si fermasse. Io e il tempo andiamo d’accordo. Non lo temo, lo dipingo, lo coloro e vivo con le lancette sempre indirizzate sul presente”.

Roberto Palisca
Fonte: La Voce del Popolo – 28/11/2022

 

 

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