Pordenone, 1 giu. (Adnkronos) – Sara' inaugurata domani al Museo Etnografico di Lubiana, in Slovenia, una mostra fotografica dal titolo 'Sguardi. La Fotografia del Novecento in Friuli e nella Venezia Giulia', presenti esponenti della diplomazia italiana e delle istituzioni di quel Paese. La mostra comprende oltre 145 fotografie originali provenienti dagli archivi del Craf (Centro di ricerca e archiviazione della fotografia) di Spilimbergo (Pordenone), dai Civici Musei di Udine e da altre Istituzioni e Centri Pubblici e privati della regione, e ripercorre la storia del medium fotografico attraverso le opere dei piu' significativi autori e delle scuole di pensiero che hanno segnato il Friuli e la Venezia Giulianel secolo passato.
L'esposizione, allestita in occasione della festa della Repubblica Italiana, e' stata organizzata dall'Ambasciata d'Italia a Lubiana, l'Istituto Italiano di Cultura e dal Craf d'intesa con il Museo Etnografico Nazionale della Slovenia, il Comune e la Provincia di Udine, Lis Aganis e l'Asdi Coltello di Maniago e con la collaborazione delle Province di Gorizia, Pordenone e Trieste. Oltre alla rilevanza culturale, l'appuntamento assume un forte significato nell'ambito della collaborazione tra Italia e Slovenia, unite dalla bandiera comune dell'Europa anche in Friuli Venezia Giulia, che fu terra di grande conflitti quale confine orientale.
La mostra e' curata da Walter Liva e a Gianfranco Ellero e, dopo la tappa di Lubiana (fino al 14 settembre) e la successiva di Capodistria (Slovenia), verra' trasferita in Friuli. Inoltre, e' stata gia' ventilata la possibilita' di presentarla anche in Austria. L'esposizione parte dal Novecento, con la prima guerra mondiale, che vide il fronte in Friuli e nella Venezia Giulia. Il conflitto volto' la pagina del pittorialismo,un movimento nato alla fine del XIX secolo per elevare il mezzo fotografico al pari della pittura o della scultura
Tra i suoi esponenti, Arturo Floeck (nel 1900 ritrasse Francesco Giuseppe in visita a Gorizia), Ernesto Battigelli, Pietro Modotti, lo zio della piu' nota Tina Modotti presso il quale lavoro' Silvio Maria Bujatti dopo aver fatto l'apprendista anche dal grande fotografo tedesco Rudolph Duhrkoop a Monaco. Anche Giacomo Bront fu un esponente friulano di primo piano del movimento, dopo che Carlo Wulz aveva continuato l'attivita' nell'atelier creato dal padre, realizzando ritratti in studio di taglio pittorialista, ma anche paesaggi e riprese di avvenimenti sociali, e si diffondevano gli studi in tutte le cittadine della regione.
Dopo la prima guerra mondiale (di cui fu testimone anche il giovane Andre' Kertesz), la fotografia inizio' nel Friuli Venezia Giulia, con Ugo Pellis, un'esperienza di dialettica tra immagine e lingua. Contestualmente si consolido' un'idea cartolinesca della fotografia, con l'interpretazione bucolica del paesaggio e le scene di vita dei paesi, in particolare della montagna, con Umberto Antonelli e Attilio Brisighelli. Nelle opere di Enrico del Torso vennero rappresentate le ultime famiglie della nobilta' agricola friulana mentre, Francesco Krivec, nato a Tolmino, divenne piu' grande ritrattista del secolo in Friuli e fu tra i primi ad introdurre il colore in fotografia.
Nel secondo dopoguerra, accanto a una ripresa delle arti e della cultura piu' ampia (basti citare solamente Pier Paolo Pasolini) la fotografia vide nascere a Spilimbergo, nel 1955, il ''Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia'', unico gruppo in Italia a dotarsi di un Manifesto programmatico ispirato al neorealismo. Italo Zannier, Gianni e Giuliano Borghesan, Aldo Beltrame, Carlo Bevilacqua, Toni del Tin e Fulvio Roiter e anche Giuseppe Bruno, furono i protagonisti di quella stagione culturale e segnarono una tappa fondamentale per la fotografia italiana. Apparvero anche, dagli anni '50, altri fotografi di valore, come Tin Piernu, che documento' la vita delle minoranze slovene nelle Valli del Natisone, il triestino Tullio Stravisi, il Goriziano Paolo Gasparini (che nel 1954 venne premiato a Spilimbergo dalla ''Giuria popolare'' divenendo poi tra i piu' importanti fotografi del centro – sudamerica), il pordenonese Pierluigi Praturlon che fu il fotografo della Dolce Vita (sua la famosissima immagine di Anita Ekberg che fa il bagno nella fontana di Trevi, ma anche le immagini sul set de ''Addio alle Armi'' girato a Venzone dal romanzo di Ernest Hemingway ). Un ruolo di livello nazionale nella fotografia di paesaggio e' stato quello di Elio Ciol, la cui fama ben presto ha travalicato i confini.
Nel decennio successivo, Edoardo Nogaro in Carnia e Riccardo Toffoletti nelle Valli del Natisone sono stati considerati tra i piu' significativi epigoni della fotografia neorealista, richiamando lo stile introdotto dal Gruppo Friulano. I fotogiornalisti Mario Magajna, Aldo Missinato e Claudio Erne', ma anche Gianni Pignat e Riccardo Viola, hanno documentato eventi come il disastro del Vajont o l'inondazione di Pordenone del 1966, i funerali di Pasolini del 1975 e il terremoto del 1976, mentre Massimo Cetin ha ripreso l'arrivo dei profughi dalla Bosnia a Muggia e Davorin Krizmančič i giorni dell'indipendenza della Slovenia. Gianluigi Colin, anche art director del 'Corriere della Sera', ha introdotto nuove semiotiche nella fotografia ''interpretando'' l'arrivo in Italia dei boat people albanesi e Ulderica Da Pozzo ha collaborato con riviste nazionali di viaggi e turismo.
Un ruolo significativo hanno svolto i Circoli fotografici che, al pari del resto d'Italia, hanno svolto una funzione aggregativa, in particolare negli anni '60, '70 e '80. Espressione di questo mondo sono stati in particolare Tullio Stravisi, Adriano Perini, Enzo Gomba e Giandomenico Vendramin. Dagli anni '80, analogamente a quanto accadeva piu' in generale in Italia, anche nel Friuli Venezia Giulia la fotografia assumeva progressivamente un ruolo piu' di arte che di documento. Sono quindi apparsi sulla scena ''artisti – fotografi'' come Piccolo Sillani, Albano Guatti, Pier Mario Ciani, Stefano Tubaro, Maurizio Frullani, Roberto Kusterle, Walter Criscuoli, Sergio Scabar, Catia Drigo, Massimo Crivellari, Francesco Nonino, Gianni Cesare Borghesan, Cesare Genuzio, Guido Cecere e poi molti altri giovani che oramai, anche attraverso l'uso del digitale, sono parte attiva nei contemporanei processi di estensione linguistica della fotografia e della sua globalizzazione.
Gia' con gli anni '70, le arti incominciano anche a fondersi, originando la multimedialita' e quindi il postmodernismo, attraverso una decisiva innovazione dell'uso della fotografia da parte degli artisti. Tra questi, Andrea Pertoldeo, Stefano Graziani, Massimo Crivellari, Luca Laureati, Carlo Andreasi, Max Rommel, Francesca Dotta, e Marco Citron, i quali in modo analogo sono attivi nella fotografia di paesaggio urbano e architettura, travalicando le oramai ''preistoriche'' vedute concettuali dell'ambiente e del paesaggio che risalivano alle culture dei primi anni '70. Debora Vrizzi, Isabella e Tiziana Pers hanno esposto in diverse citta' italiane e lavorano con il digitale costruendo a loro volta immagini caratterizzate dal simbolico, mentre Pierpaolo Mittica e Roberta Valerio, da tempo attivi sulla scena internazionale, si sono formati come fotografi al Craf.