Il piccolo paradiso delle Alpi sta diventando sempre meno pacifico, almeno stando alla classifica mondiale “Global peace index”: l’analisi, pubblicata ogni anno dall’Istituto per l’economia e la pace, un’organizzazione no profit australiana, fa scendere Lubiana di 5 posizioni rispetto al 2012, collocandola al 13esimo posto su un totale di 162 Paesi. La posizione resta ragguardevole, entro la rosa degli Stati più pacifici del pianeta, ma il declassamento rispetto al podio dell’anno precedente vede un “deterioramento” di non poco conto in alcuni indicatori chiave. Tra i fattori che hanno contribuito al risultato c’è, secondo l’organizzazione, “un peggioramento” nel livello di criminalità percepito dalla popolazione, un numero troppo basso di agenti di polizia e di forze di sicurezza, oltre che un rapporto meno “idilliaco” con gli Stati vicini.
A dare un significativo colpo al “clima pacifico” della Slovenia sono però soprattutto due indicatori, quello delle “proteste violente” e quello del minore impegno nelle missioni internazionali di pace. Sul primo punto il richiamo è quasi d’obbligo alle manifestazioni che lo scorso inverno hanno infiammato le principali città del Paese, per protestare contro la crisi economica e la corruzione politica che era emersa in quel periodo dalle indagini della magistratura. Le proteste hanno portato migliaia di cittadini in piazza e a centinaia di arresti: i disordini sono scoppiati inizialmente a Maribor, dove il sindaco è stato costretto, lo scorso dicembre, a dare le dimissioni.
Il secondo indicatore riguarda il progressivo disimpegno dalle missioni internazionali che la Slovenia sta mettendo in atto, con il recente annuncio di un ritiro dalle forze a tutela delle acque della Somalia e il “no” secco alle richieste della Nato di rafforzare i propri contingenti. Lubiana non solo non ha acconsentito di aumentare lo sforzo nell’Alleanza atlantica, ma ha anche confermato che proseguirà nel suo piano di diminuzione della spesa militare. Il ministro della Difesa di Lubiana, Roman Jakic, ha annunciato nell’ultima riunione ministeriale della Nato che non verranno incrementate le forze messe a disposizione, e il governo tirerà dritto nel suo piano di risparmio, con un prossimo taglio di 20 milioni di euro. La spesa militare passerà quindi per Lubiana dall’attuale 1,16 per cento all’1,11 per cento del pil, “ma continueremo a fare del nostro meglio – ha precisato il ministro – per raggiungere gli obiettivi posti dall’Alleanza”.
Fra i Paesi della regione, a salire è invece la vicina Croazia, che raggiunge il 28esimo posto in classifica rispetto al 35esimo dell’anno scorso. Già nel 2012 ha ottenuto un alto punteggio nel finanziamento delle missioni di pace Onu, mentre resta ancora “indietro”nella capacità militare e nel settore della sicurezza. Sia Croazia che Slovenia staccano comunque di parecchie lunghezze gli altri Stati dei Balcani occidentali, come la Serbia, collocata al 62esimo posto, la Bosnia, al 71esimo, il Montenegro al 73esimo e la Macedonia al 79esimo.
(fonte www.italintermedia.globalist.it 14 giugno 2013)