di Aljoša Curavić
Da qualche parte ho letto che l’uso eccessivo dei navigatori satellitari può mettere il cervello a rischio e provocare malattie come l’Alzheimer. Il motivo è tutto sommato semplice: delegando ad altri, in questo caso ad un aggeggio tecnologico, lo sforzo per l’orientamento, il cervello si affloscia in una sorta di letargo e perde le capacità organizzative, di orientamento e di memoria. È un po’ come quando ci affidiamo agli altri per trovare una via, un luogo. Quando proviamo ad andarci da soli, puntualmente ci perdiamo perché non siamo riusciti a mettere in memoria il tragitto.
Ora, il punto è che siamo ormai in balia di navigatori e suggeritori di ogni sorta, evidenti e subliminali, che ci dicono in continuazione cosa fare e dove andare. Persuasori più o meno occulti ci stanno traghettando su lidi sconosciuti. È da decenni che da queste parti qualcuno vuole persuaderci che la componente italiana del territorio non è altro che un residuato senza storia. Per rendersene conto basta poco: accendere il navigatore e farsi portare in giro. Ad esempio per i cimiteri, dove è in atto un’erosione spaventosa e impietosa delle tombe e delle lapidi che portano nomi italiani, un’erosione provocata dal tempo e agevolata dall’incuria di chi gestisce il territorio, la storia, la memoria (e non basta certo la rituale passeggiata Ognisantissima dei consolati a rimettere a lucido la memoria). Oppure parlare con i nostri amici del Belpaese, che ti raccontano come con i navigatori siano riusciti a raggiungere senza difficoltà e in modo intelligente località amene, piene di consonanti esotiche, come Koper, Piran, Poreč o Dubrovnik. Oppure buttare un occhio sulle insegne dei centri delle nostre cittadine. Ma basta anche lasciarsi sballottare sulle onde di quel mare infinito che è la rete, che sta gettando le basi per una nuova memoria planetaria, per imbattersi in cartoline d’epoca contraffatte. C’è un muro tra l’italianità culturale di queste terre, oggi flebilmente rappresentata dalla Comunità nazionale, e il territorio, e c’è un muro tra questa strana scheggia che noi rappresentiamo e l’Italia, un muro che i navigatori hanno bene incorporato. Ora, mi chiedo io, che senso ha riempire libri, provocare suoni, creare immagini, riempire sale di lettura, organizzare tornei di briscola e tressette, mostre e convegni sull’antica toponomastica di cittadine stravolte da manipolazioni di ogni sorta, se vediamo l’Italia come un continente sconosciuto e se ci affidiamo al navigatore anche per tornare a casa?