rassistria

Memoria di italiani d’Istria (Il Nostro Tempo 23 ott)

L’Istria, fazzoletto di terra a forma di penisola nel Mar Adriatico delimitata a nord-ovest da Trieste e a est da Fiume (Rijeka in croato). Italiana per cultura e tradizione lungo la costa, con le sue meravigliose Pirano, Parenzo e Rovigno; slava (croata e, in misura minore, slovena) nell’interno; istro-croata o istro-veneta nelle fasce intermedie. Come molti territori di frontiera, ha avuto una storia travagliata. In un secolo ha conosciuto la dominazione austroungarica, l’annessione all’Italia dopo la prima guerra mondiale e alla Jugoslavia dopo la seconda, per divenire poi, con il collasso del paese di Tito, per un quarto slovena e per tre quarti croata.

 

Una piccola terra che ha prodotto troppa storia per non essere costretta ad esportarla, turbando di volta in volta equilibri consolidati e stravolgendo situazioni di status quo date per acquisite e immutabili. Come quei circa duecentocinquantamila italiani costretti tra il 1947 e il 1954 all’esodo da un regime che, nel rancore nei confronti dell’Italia giustificato dalle violenze subite dalla popolazione slava per mano del regime fascista, nutriva un sentimento nazionalista anti-italiano, che si risolveva in ritorsioni indiscriminate. Testimonianza di questo cammino, una vasta letteratura “istriana”, fra i quali vanno ricordati almeno Fulvio Tomizza, Nelida Milani, Marisa Madieri, Milan Rakovac, Nedjeljko Fabrio, Anna Maria Mori.

 

Bisognerebbe nominarne molti altri, a testimonianza della notevole varietà di questa letteratura, tutt’altro che monocorde, come rivelano già i nomi citati. Anzitutto varietà linguistica, e non solo dal croato di Fabrio all’italiano di Tomizza al “pastiche” italo-croato dialettizzato di Rakovac. Varietà stilistica, dalla saporosa, densa lingua di Tomizza alla tersa e spietata trasparenza di Marisa Madieri. Varietà esistenziale, dall’essenza del vivere colta da Nelida Milani allo spaccato saggistico-giornalistico di Anna Maria Mori. In comune, il paesaggio istriano quale paesaggio di una diversità-unità umana in cui ognuno, senza certo annacquare la propria identità, sente di appartenere pure “all’altra parte”, acquisendo così, contro l’antica maledizione di odi e vendette, una “marcia in più” come è stato detto.

 

Una letteratura che invita ad esplorare il passato, ripercorrendo le ferite non ancora cicatrizzate, senza indulgere a risentimenti ideologici o nazionalisti, ma semplicemente ricordando quanto dolore provoca, in coloro che sono nati in Istria aver dovuto abbandonarla. Un desidero di dar parola alla rimozione, nel ricordo di un dramma e di una identità che è istriana ma si sente anche italiana; sedimenti e sentimenti che nessun trattato internazionale, nella pretesa di tirare un frego definitivo sulla Storia, potrà mai cancellare. Quella di tutti questi autori è l’Istria del suo dialetto istro-veneto, della sua cucina tradizionale, delle sue identità sovrapposte, del suo mare blu e dei suoi arcipelaghi di isole incantate. Ma è anche la terra degli italiani rimasti, e ancora oggi talora discriminati, nel risveglio nazionalista provocato dalla guerra che ha dissolto la Jugoslavia.

 

Per fortuna proprio in Istria qualcosa si è mosso; ad esempio, già anni fa, un movimento politico-culturale autonomista ma non secessionista, la Dieta, che ha rivendicato con forza e coraggio la propria triplice identità croata, slovena e italiana. Le diversità dei popoli sono frutto della Storia, i confini sono tracciati dalle guerre, le guerre sono provocate dai potenti. Quello che rimane sono persone che si sentono senza più una terra, in compagnia di un dolore negato pure da una maggioranza di italiani che finge di dimenticare il dramma di ciò che è stato. Un’Italia che sembra aver smarrito il dono della memoria (che forse non ha mai posseduto) di quegli anni tragici ma pure, per un certo verso, epici; anni che riguardano o dovrebbero riguardare tutto il Paese.

 

“Gò perso i me morti./ La povara Italia/ Xé tanto distràta” scrive il grande Noventa nella sua poesia “Mi vegno da Pola”. Forse, alcune di queste opere svolgono il ruolo di una sorta di breviario istriano e di recupero di un ricordo negato. Ricordo della secolare presenza italiana in Istria, con la coscienza che tuttavia il vero significato consiste nella sua realtà multiculturale, italiana e slava, in un sentimento di legame fra i popoli. In tal senso le rievocazioni più significative dell’esodo non si ripiegano sterilmente su un passato oramai lontano, nella consapevolezza che è oramai anacronistico nutrirsi di nostalgie regressive e datate, ma si pongono piuttosto quale progetto di solidarietà e di recupero della memoria dell’apporto italiano all’Istria, spesso trascurato in nome dei nuovi equilibri geopolitici che conducono ad un’esaltazione unilaterale della sua componente slava, scordando la varietà di destini umani che si compenetrano in un paesaggio di bellezza affascinante e ancora non del tutto valorizzata, per fortuna o per sfortuna, dalla cartografia del turismo di massa.

 

Francesco Magris

Il Nostro Tempo” 23 ottobre 2011

 

 

L’Istria del suo mare blu e dei suoi arcipelaghi di isole incantate

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.