Caro direttore, intelligenti pauca. Qualcuno forse dubitava del successo del concerto di Muti in piazza dell’Unità d’Italia? I diecimila in piazza erano lì per il concerto di un grande mito della musica o per i tre presidenti? Qualcuno ha mai messo in dubbio che fosse bello stessero assieme al concerto per lanciare un messaggio di amicizia?
Dite la verità, per favore.
Il successo della piazza e della musica di Muti era ovvio e scontato, ma non lo potete furbescamente trasferire al prologo politico, che è stato un fallimento evidente.
La piazza stracolma amplifica le critiche a Menia, come dite voi, o piuttosto evidenzia il vuoto della partecipazione al cosiddetto ”percorso della memoria” che ha preceduto il concerto? I gesti simbolici delle autorità sono storici quando coinvolgono il popolo, quando c'è sintonia di sentimenti. Tutto ciò non c'è stato, volete negarlo?
L'avete implicitamente dovuto riconoscere anche voi, scrivendo dei quattro gatti di fronte all'ex centralina elettrica divenuta stele dell'esodo istriano. Dove non c'era neppure chi aveva proposto questo strano compromesso al ribasso. Doveva prepararsi per il concerto, bah…
Spiegatelo bene che i tre capi di Stato sono andati lì, in piazza Libertà, perché il presidente sloveno Türk (quello che lo scorso 10 febbraio disse che l'Italia soffre di un ”deficit etico”) ha rifiutato un omaggio alla foiba di Basovizza. Dove sta il grande atto di riconciliazione se invece a monte c'è il rifiuto di un atto di pietas, di onore a una tomba, di una preghiera?
Vi siete, peraltro, accorti che il programma aveva curiosamente cancellato – a Trieste – proprio quel pezzo di storia della città sul cui riconoscimento si deve fondare la riconciliazione? I quaranta giorni di Tito e le foibe del Carso triestino, sono una parte della tragedia giuliano dalmata, connessa ma diversa rispetto all'esodo istriano.
E, a proposito di esuli, chiedete a Türk perché oggi, non cinquant'anni fa, si ostina a chiamarli ”optanti”? Perché «a loro nemmeno un mattone» delle case che lasciarono? Mi dite che dobbiamo smetterla di parlare del passato? Bene. Ma chi ha voluto rimestare nel passato? Chi ha preteso che si tornasse a parlare di una controverso fatto di 90 anni fa (l'incendio del Balkan) come precondizione per essere a Trieste tre sere fa?
A chi ammonisce a «stare nel presente e nel futuro», faccio semplicemente notare, per quanto mi riguarda, che solo un mese fa ho personalmente portato a Trieste l'accordo Italia – Slovenia sulla sicurezza nucleare. Con ministri, cerimoniale e inni, tanto per smentire chi racconta le storielle per i gonzi.
E non raccontate, per favore, la solita irritante favola del manipolo di cattivi arroccati sulle contrapposizioni del «passato, che speculano sui morti e lì trovano la ragione della loro "carega"». Si vergogni chi lo scrive. «Dei morti non gliene importa niente», piuttosto, a chi ironizzava sulla «puzza di morto» delle cerimonie della nostra gente. E magari cercò di raggiungerla, la ”carega” di Montecitorio, senza riuscirci…
Siamo tutti adulti e padri che vogliono assicurare un futuro di pace ai loro figli. A loro cerchiamo di trasmettere valori, tradizioni, speranze, idealità. Non la pensiamo tutti allo stesso modo, e per fortuna. Credo che le storie personali e familiari si intreccino con quelle collettive del popolo di cui siamo parte. Personalmente ho un rispetto sacrale della Patria, la terra dei padri, e credo che la dignità nazionale, che è anche rispetto della memoria di un popolo, valga più di un accordo economico o commerciale.
A chi considera la memoria solo un ingombrante fardello, consegno una bella riflessione di Papa Benedetto XVI, rivolta la settimana scorsa, a Sulmona, ai giovani: «La cultura consumistica attuale tende ad appiattire l'uomo sul presente, a fargli perdere il senso del passato, della storia; ma così facendo lo priva anche della capacità di comprendere se stesso, di percepire i problemi, e di costruire il domani».
Roberto Menia
P.S.: per uno che, come me, ama la musica classica, è stata dura non assistere al concerto di Muti. Ma credo fosse poco dignitoso disertare la parte politico-istiuzionale della giornata, per poi presentarmi al concerto della sera. Quella sì una festa ben riuscita. O sbaglio?