di Milan Rakovac
Vivendo in un mondo paranoico – mi riferisco al nostro mondo adriatico e non al mondo in generale –, talvolta mi ritrovo a pensare: fai attenzione alle parole quando scrivi per La Voce. Hanno già i loro problemi con la maggioranza, con i Paesi di residenza, con la Madre Patria (intesa come UPT, ecc), mi dico, ci manchi soltanto tu a distribuire pillole di saggezza. Faccio questo ragionamento anche nel mentre scrivo queste righe perché nell’affrontare il tema del conflitto slo-cro e della crescente ostilità che ricorda quella di tipo serbo-croato penso che La Voce è letta da Italiani sia in Croazia sia in Slovenia. Un pensiero che mi porta a fermarmi a riflettere e a chiedermi – e se finisco con l’arrecare un danno sia agli uni sia agli altri?
Forse dovrei assumere un atteggiamento saggio e togliere così qualsiasi argomento ai censori e agli sciovinisti criminogeni… Non si sa mai, quel CROATO di Maribor intento a preparare il referendum anticroato annuncia già un’azione contro i musulmani, e domani potrebbe concentrarsi sugli Italiani.
Sia come sia, grazie al cielo, le feste sono passate, ci siamo lasciati alle spalle i Giorni del ricordo e della memoria e anche il Carnevale è archiviato. Nuovi musei e vecchie lacerazioni, amicizie antiche e divisioni dell’ultima ora.
Noi che cerchiamo di essere oggettivi in momenti di questo tipo dobbiamo sempre fermarci a pensare a quelli i cui diritti sono soggetti a essere violati, a quanti godono di minor tutela. Dobbiamo farlo perché come in Italia gli Sloveni pagano dazio per i revanscismi di matrice razzista, così gli Italiani in Croazia e Slovenia vengono osservati al microscopio quando, come nei giorni scorsi, le frecciate del fascismo di matrice razzista giuliano suscitano negli antifascisti una giusta esterrefazione che però finisce con l’esprimersi nelle forme classiche del razzismo antitaliano slavo. Certo, in simili circostanze il prezzo delle gesta delle teste calde viene presentato regolarmente ai colpevoli di turno – sempre gli stessi, gli appartenenti alle minoranze.
Ancora, è vero che in questi giorni la nevrotica propaganda cro-slo non attacca direttamente gli Italiani in Croazia e Slovenia, ma non per questo non dobbiamo riflettere sul come vivono gli Italiani in questi due Paesi, in due Stati nei quali operano le loro eccellenti istituzioni (RTV Capodistria in Slovenia e EDIT in Croazia, per limitarmi al mondo mediatico…) Una riflessione che ci porta a comprendere che gli Italiani sono in una condizione di perversa dipendenza da Lubiana e da Zagabria. Uno stato delle cose semplicemente sciocco! È per questo che devo soppesare ogni parola… cosa che non sono mai stato capace di fare. Scrivo in modo diretto. Tra me e l’Istria (il mio unico mondo – l’Istria, l’immensa Istria…) non ci sono mediatori, non ci sono blocchi, non ci sono censori, non ci sono alti interessi.
Se no iero tropo ciaro, tento de spiegar:
Ossia; ma cossa?, alora ‘desso La Voce ghe vol che la scrivi come pensa Zagabria, e RTV Capodistria come pensa Lubiana? Ovvero, da boni cittadini sloveni. I ‘Taliani a Capodistria no i dovessi leger La Voce, perché xe stampado in Croazia, e quei de Pola no i doveria guardar tivu-Cipi perché xe propaganda slovena!
E sì! Perché i ‘Taliani in Slovenia i devi esser “sloveni” e in Croazia per forza “croati”. Cussi che la Comunità de Piran la doveria slargar el confin fin’ al Quieto, e quela de Buie zercar el confin croato a Ancarano.
Insomma, povero Dio, se disi in Istria! Xe la storia de due sameri istriani, storia anche istriana, ciaro, che i fa barufa oltre la muraia, istriana, oviamente, perché anche in Istria tutto xe istrian, ma non basta, ghe vol sempre dir NOI ISTRIANI, per capir che semo diversi e più boni de tutto.
Indiferente (by Carpinteri & Faraguna), tornemo ai mussi, alora, ‘sti do mussi i se da legnade sora el muretto, e el povero muretto crolla soto de ‘sti do asini.
Per quanto concerne poi il muretto minoritario, quello italiano, va detto che è tra tutti quello che risente di più delle risse tra il somaro croato e quello sloveno. Ma è qui che termina la fiaba, perché a Lubiana e a Zagabria si tratta di ASINI ORDINARI e non di asini metaforici!!!
Da buon Croato, nonostante io sia Istriano – e dunque di tipo sospetto –, devo sottolineare che ritengo che la Croazia non sia una vittima innocente di questi blocchi. Lo penso innanzitutto perché a mio avviso l’accordo Račan-Drnovšek era quanto di meglio sono riuscite a produrre Lubiana e Zagabria, e in secondo luogo perché nessuna mediazione e, sono certo, nessun tribunale (dato che il caso del Golfo di Pirano ha assunto le dimensioni di un “caso Berlino” – mi riferisco al Muro) porteranno a una soluzione diversa dal già ipotizzato “corridoio” ovvero dal “camino” (anche se el termine non xe el più adatto per una fassa de mar, no xe proprio alla marinara!).
I discorsi europei i xe sempre più tra i denti, la crisi economica rinforssa i nassionalismi, la destra populista e popolana fa taser la sinistra, oramai quasi inesistente, e la minoransse le diventa (de novo!) ostaggi del egoismo etatistico – i “ponti” che disturba tutti intorno.
Per questo motivo mi identifico con le minoranze e ritengo che nel nostro caso di realtà transfrontaliera, indipendentemente dalle preferenze politiche e dagli orientamenti di appartenenza, tutti coloro che non sono indifferenti agli eventi DEBBANO inevitabilmente sentirsi Italiani in Slovenia e in Croazia, ovvero Sloveni in Austria e in Italia.
E essere Sloveni in Croazia e Croati in Slovenia? Un tema sul quale, forse, mi soffermerò in un’altra occasione o forse lo farò sulle pagine di un altro giornale (Glas Istre, Primorski dnevnik…). Per adesso tanto, aggiungo soltanto un appunto – è difficile essere un Istriano “di maggioranza” in Istria, ma in Istria è ancora più difficile essere un Istriano appartenente a una minoranza. È così da entrambe le parti del confine. Perché da entrambe le parti del confine IL BUON SENSO È IN MINORANZA E LA STUPIDITÀ REGNA SOVRANA.