Una cerimonia militare, una messa da campo, i labari, le bandiere e le divise, una domenica di gelo polare, gente dietro le transenne, silenziosa, per il nono Giorno del Ricordo alla Foiba di Basovizza ieri mattina. E in più parole forti: «Fu pulizia etnica» ha detto il vescovo Giampaolo Crepaldi nella sua omelia. «Pagine di dolorosissima storia nazionale per troppo tempo silenziate a causa di opportunismi politici agli occhi dell’oggi davvero sterili e angusti, e rimosse dalla coscienza collettiva della nazione perché la sconfitta fu catastrofe troppo difficile da assimilare per un paese stravolto e ansioso di ricominciare a vivere» secondo il sindaco Roberto Cosolini che ha citato «la violenza perpetrata dal totalitarismo comunista e dal nazionalismo jugoslavo» come «risultato cosciente e apertamente ricercato di ideologie e azioni politiche fondate su un progetto di esclusione, discriminazione e persecuzione», e non «prodotto casuale di forze incontrollabili e irrazionali». Crepaldi: «Stravolgimento epocale che voleva riportare l’umanità a condizioni tribali». I riti di commemorazione hanno una propria liturgia, e quella della Foiba ha un’impronta molto militare, con sfilate di labari e medaglie di guerra, e quest’anno con una rappresentanza di giovani allievi della scuola militare Nunziatella di Napoli. Ma nei casi migliori servono a ridefinire un profilo. «Questa ricorrenza ci aiuta – ha detto ancora Cosolini – a comprendere e approfondire tutti i fondamentali passaggi della storia contemporanea dell’Adriatico orientale ed è un balsamo morale per le ferite delle vittime». Per Crepaldi: «L’esercizio del ricordo è atto morale, implica responsabilità». A Basovizza quest’atto morale, storico e politico nasce per legge dello Stato, varata nel 2004: il 10 febbraio come Giorno del ricordo in tutto il territorio nazionale. Ma non c’era stavolta nessun rappresentante ufficiale della nazione, mentre lo scorso anno a Trieste era venuto il presidente del Senato, Schifani, e l’anno prima il presidente della Camera, Fini.
«Una cerimonia intima e solenne – ha commentato poi Ettore Rosato, parlamentare Pd -, il sindaco ha trasmesso un messaggio alto e netto che non ha fatto sentire la mancanza di un messaggio dalle autorità di Roma». Alla Foiba–simbolo hanno deposto corone Comune, Provincia, Regione, Prefettura, Comando militare dell’esercito del Friuli Venezia Giulia, Comitato per i martiri delle foibe. Per l’europarlamentare Debora Serracchiani (Pd) «un obbligo morale essere presenti in questo recinto di sofferenza, la tentazione umana è sempre di prendere congedo dal dolore e dai debiti non pagati, e l’oblio per gli infoibati e per gli esuli sarebbe l’ultimo e più crudele sfregio».
Gabriella Ziani sul Il Piccolo dell’11 febbraio 2013