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Morozzo della Rocca: Sarajevo, pulizia etnica in corso (Giornale di Brescia 26 set)

Libro intervista di Roberto Morozzo della Rocca al card. Vinko Puljic.

Drammatiche le condizioni della minoranza cattolica

Che fine ha fatto Sarajevo?

A lungo mo­dello di convivenza tra ortodossi, cattoli­ci e musulmani (ossia serbi, croati e bosgnacchi), riempì i giornali al tempo del­la sanguinosa guerra interetnica del 1992-95 e del lungo assedio serbo. Oggi la capitale della Bosnia-Erzegovina, Stato sancito dagli accordi di Dayton del '95 e composto da Federazione croato-musul­mana e Republika Srpska a maggioranza serba, è caduta nell'oblio: come se tutto fosse risolto nel cuore bosniaco degli inquieti Balcani cristianizza­to nel III secolo, nel 1463 conquistato dai turchi che vi radicarono l'islam, nel 1878 integrato nel­l'Impero absburgico, nel 1918 nel Regno di Jugo­slavia e infine, dal 1945, nella Jugoslavia di Tito.

Ma non ci si lasci ingannare dal fatto che «catte­drali, moschee e sinagoghe antiche facciano sem­pre bella mostra di sé le une accanto alle altre» scri­ve Roberto Morozzo della Rocca nel libro «Cristia­ni a Sarajevo» (Paoline, 146 pagine, 13 €), lunga intervista al card. Vinko Puljic, arcivescovo di Sa­rajevo dal 1990: i due milioni di granate piovute hanno lasciato il segno. Non solo cancri e suicidi si sono moltiplicati, ma le condizioni di vita dei croa­ti cattolici sono drammatiche.

Ne parlo con Moroz­zo della Rocca, docente di Storia dell'Europa Orientale all'Università di Roma Tre.

Professore, il card. Puljic dice che a Sarajevo non c'è più «spazio per la convivenza, specialmen­te per il lavoro, l'amministrazione, l'informazione»; a parte il settimanale cattolico, i giornali sono tutti governativi e musulmani. Dunque Sarajevo non è più la Gerusalemme d'Europa, e i musulma­ni non sono stati le sole vittime della guerra?

Sarajevo è oggi musulmana al 90%. Prima la componente islamica era il 41%, il 48% dei suoi abi­tanti era cristiano (33% serbi e 15% croati), l'I 1% si dichiarava laico e vi era una comunità ebraica. Tut­ti i popoli della Bosnia sono stati vittime e hanno commesso atrocità nelle fasi della guerra. L'Occi­dente ha focalizzato l'attenzione quasi esclusiva­mente sull'assedio di Sarajevo, di cui peraltro non hanno sofferto solo i musulmani, che agli occhi del­l'Occidente mantengono un'aureola di vittime, ma anche croati e serbi rimasti perché fautori del­l'unità della Bosnia. Le guerre degli anni '90 hanno radice in odi e massacri antichi, per cui è difficile stabilire torti e ragioni. Chi ha perduto di più sono i croati cattolici, perché più deboli numericamen­te. Oggi serbi e bosgnacchi dominano ciascuno su circa metà della Bosnia; i croati controllano solo una parte dell'Erzegovina, una piccola porzione.

Quali discriminazioni colpiscono i cattolici?

Non c'è uguaglianza di diritti in Bosnia. Nella Republika Srpska a essere privilegiati sono i serbi, nella Bosnia centrale e dunque a Sarajevo vengo­no penalizzati i croati perché minoritari: per loro è difficile ottenere impieghi pubblici, avere assisten­za sanitaria, tutelare le chiese. Tutti i cristiani so­no discriminati, ma specialmente i cattolici. Ciò spiega perché i profughi non ritornino.

Perché dei problemi della Bosnia non s'interes­sa più nessuno?

Nel mondo vi sono tante tragedie che colpisco­no di più. A Sarajevo è in atto una sorta di pulizia etnica incruenta, una violenza sottile, fatta di viola­zioni dei diritti umani che spingono molti a emigra­re, ma per Washington e Bruxelles l'importante è che non ci sia spargimento di sangue. L'Europa non vuole saperne di litigiosi musulmani, ortodos­si e cattolici bosniaci e per praticità politica tende ad accreditare la versione dei fatti data dal gover­no di Sarajevo, dominato dai musulmani.

Quanti erano i cattolici in Bosnia prima della guerra, e quanti sono oggi?

Erano 820.000, il 17% della popolazione, e oggi sono 460.000, il 9%. Una parte si è raccolta in Erze­govina occidentale, baluardo della presenza croa­to-cattolica in Bosnia. Da qui sono a loro volta an­dati via, o sono stati cacciati, serbi e musulmani.

L'arcivescovo Puljic nega che si sia trattato di una guerra tra religioni. Quali sono attualmente i rapporti fra le tre confessioni?

Le religioni in Bosnia sono state strumentalizza­te a fini bellici. Oggi intrattengono buoni rapporti, ma si può temere che in caso di guerra vengano di nuovo trascinate a fare da differenziale tra i popoli. Puljic non lo ammetterebbe, ma in ogni comunità religiosa ci sono uomini esposti ad essere sedotti dalle sirene del nazionalismo.

Arrivano dall'Italia i maggiori aiuti per i croati?

I cattolici italiani sono generosi e hanno aiutato molto tutte le vittime della guerra. Gli italiani si affezionano, non dimenticano.

Maria Pia Forte

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