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Morta a Bergamo Maria Pasquinelli: eroina o assassina? (bergamonews.it lug13)

Il 10 febbraio del 1947 fu un giorno determinante nella storia del mondo, dell’Europa, dell’Italia e di Pola, in Istria: a Parigi, venne firmato dai plenipotenziari italiani il trattato di pace, che concludeva ufficialmente, per il nostro Paese, la seconda guerra mondiale. Tutti i territori dell’Istria, della Dalmazia e della provincia di Trieste ad est del capoluogo passavano alla Jugoslavia, e cominciava l’esilio delle genti adriatiche: per questo motivo, da diversi anni, il 10 di febbraio è il giorno del ricordo dei martiri delle foibe e degli esuli, riconosciuto e sancito da una legge.

La mattina di quello stesso 10 febbraio, di fronte alla sede del comando britannico, a Pola, il comandante della guarnigione, brigadiere De Winton, avrebbe dovuto passare in rassegna le truppe, per celebrare l’evento. Ma non poté farlo: dalla folla assiepata ai lati della piazza uscì una donna che lo uccise con tre colpi di pistola, dopo di che si lasciò tranquillamente arrestare dai militari attoniti. Aveva in tasca una confessione scritta, in cui spiegava, con lucidità, le ragioni del suo gesto di protesta: voleva uccidere chi rappresentava i vincitori, che, proprio in quelle ore, avevano ceduto la sua terra a Tito. La donna, una maestra di poco più di trent’anni, era stata un’eroina di guerra: si chiamava Maria Pasquinelli, e divenne subito il simbolo dell’indomita italianità dell’Istria.

Durante il suo processo, in Italia vi furono imponenti manifestazioni in suo favore, soprattutto dopo la sua condanna a morte, che la donna accolse con straordinaria dignità e coraggio, rifiutandosi di chiedere la grazia. Ciò nonostante, la pena venne commutata nel carcere a vita: in realtà, Maria Pasquinelli tornò in libertà nel 1965 e scomparve dalle cronache, venendo praticamente dimenticata da tutti, tranne che dalle associazioni degli esuli e da qualche ricercatore.

Maria Pasquinelli ha vissuto, da allora, a Bergamo: riservata e fiera, sicuramente è passata inosservata a vicini e concittadini, che mai avrebbero potuto immaginare che quella tranquilla e schiva signora nascondesse un passato di crocerossina, di agente segreto, di agitatrice e, infine, di assassina politica e di ergastolana.

Mercoledì, tenendo fede al suo proposito di anonimato e di riservatezza, Maria Pasquinelli è morta, a Bergamo, ormai centenaria: la notizia ha percorso come un tam-tam le vie del web, in un passaparola imprevedibile: e, così, si è scoperto che tantissime persone, che non l’avevano mai conosciuta, che non erano nemmeno nate quando aveva ucciso o quando era uscita dal carcere, la ricordavano e ne onoravano la memoria.

“Giusta di glorie dispensiera è morte”, scrisse il Foscolo, parlando di Aiace: ora, noi non sappiamo se quella di Maria Pasquinelli fu gloria o cronaca o delitto o, forse, un po’ di tutte queste cose insieme. Per certo si trattò di un pezzo, doloroso e controverso, della nostra storia: una storia che ancora divide, una ferita che per molti è ancora aperta. Oggi, questa storia perde una testimone importante: anzi, una protagonista. Questa donna, dall’aspetto modesto e semplice, ha lasciato un’impronta sanguinosa nel nostro passato, come Gavrilo Princip, come Luccheni, come Gaetano Bresci. Ha vissuto vicino a noi, ignota ai più e, ora che anche per lei è venuto il momento di andare, scopriamo che il suo nome, per tantissime persone ha continuato a significare amore incondizionato per la Patria, per quella grande, l’Italia, e per quella piccola, la Heimat istriana.

Naturalmente, questa morte sarà commentata in modi del tutto opposti da chi vede ancora nella storia ragioni per una faziosità che ha a rappresentato una della peggiori iatture dell’Italia repubblicana: ci sarà chi onorerà e chi, al contrario, esecrerà. Così siamo fatti noi Italiani, purtroppo. Noi pensiamo, invece, che non sia il caso di giudicare, ma di salutare questa donna, che, bene o male, ha lottato disperatamente per difendere ciò in cui credeva, con il rispetto che si deve a chiunque vada ad affrontare un giudizio enormemente più importante e giusto del nostro.

Un giorno, forse, saremo capaci di rileggere anche questa pagina dolorosa della nostra storia nazionale con animo sereno: allora, torneremo a parlare anche di Maria Pasquinelli, minuscola tragica particella di una gigantesca tragedia.

Marco Cimmino
www.bergamonews.it luglio 2013

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