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Museo istriano: la civiltà di un territorio (Il Piccolo 27 feb)

LETTERE 

È stato da poco presentato alla città l’edificio in cui avrà sede in via Torino il nuovo «Civico museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata».

Le scarse notizie sull’impostazione con cui l’importante museo verrà articolato lasciano ipotizzare che vi verranno esposte le povere masserizie che molti profughi dovettero abbandonare dopo averle faticosamente trascinate seco oltre confine.

Le civiltà bimillenarie dell’Istria, di Fiume e di Dalmazia sono state indagate da molti illustri studiosi, ai quali si farebbe torto se la civiltà di quei luoghi si limitasse alla sola rappresentazione del vissuto nel ristretto periodo finale (e di quello immediatamente successivo) della seconda guerra mondiale. La nostalgia del distacco e i dolorosi ricordi che esso evoca non definiscono infatti che una tappa di un itinerario plurisecolare, radicato nelle passate vicende europee, innestato nell’odierna realtà e proiettato nelle generazioni che verranno.

Speriamo che le nobili anime di storici appassionati, insigni e competeneti come Johann Reichard Walvasor, Pietro Kandler, Luigi Morteani, Bernardo Benussi, Giovanni Quarantotti, Giuseppe Caprin e Giuseppe Praga (tanto per citarne qualcuno) non abbiamo a rivoltarsi nella tomba quando sarà terminato l’allestimento del museo. Speriamo che esso non trascuri le loro ricerche, e anzi le valorizzi, così che il museo non si confini solamente nella trincea della perpetua commemorazione di un esodo, ma apra il suo respiro alla descrizione dei reperti e dei fermenti delle varie antiche e moderne civiltà di quelle terre meravigliose e ricchissime di storia.

Furio Finzi

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