Nel mondo degli esuli c’è anche chi ha visto con orrore la visita congiunta dei presidenti italiano, sloveno e croato in piazza Unità fra le note di Riccardo Muti e sotto il titolo dell’«amicizia». I vertici dell’Anvgd (Lucio Toth), della Federazione degli esuli (Renzo Codarin), del Centro di documentazione multimediale della cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata (ancora Codarin) sono invece per il dialogo, pur nella fermezza delle rivendicazioni. Hanno scelto il concerto, lo storico incontro, i riti commemorativi. «Ci siamo esposti – ha detto ieri lo stesso Codarin presentando assieme a Rodolfo Ziberna dell’Anvgd di Gorizia i risultati del sondaggio d’opinione commissionato pochi giorni prima dell’evento -, dunque volevamo vedere se l’idea che a noi sembrava utile lo era in generale».
Lo era, visti i risultati. L’indagine realizzata dalla Alan Normann Comunicazione srl, su un campione di 510 triestini intervistati via telefono l’8, 9 e 12 luglio, ha dato un risultato da «en plein». Il 99,7% degli interpellati ha ritenuto «giusto il concerto col coinvolgimento dei tre presidenti»: i maschi d’accordo al 100%, e al 100% tutte le fasce d’età, esclusi gli ultra 65 dove l’1% ha detto «no».
Omaggio al Balkan e al monumento dell’esodo da fare, o da rinviare? Da rinviare per il 21,4% con un’alta percentuale di giovani (secondo Massimo Lombardo, rappresentante dell’agenzia di sondaggi, fatto dovuto alla scarsa informazione in questa fascia d’età). Quanta conoscenza c’è dunque dell’esodo «di 350 mila italiani»? Informato si è detto l’89,1%, «abbastanza» il 9%. Gli intervistatori si attendevano un risultato superiore. Anche qui sono i segmenti tra 18 e 24 anni a dimostrarsi più incerti.
Altra domanda, più insidiosa: «Giusto che Italia, Slovenia e Croazia debbano riconoscere le responsabilità storiche di questi drammi?». Ha risposto «sì» il 93,5% del campione. Risultato che così s’interpreta: «Si conosce la storia, la si giudica al di là delle appartenenze di partito». E qui anche i giovani sono nei ranghi.
«Per Trieste – ha commentato Codarin – questa è stata una grandissima occasione per non essere ancora tagliati fuori a causa di fatti avvenuti 90 anni fa. È stata mia la responsabilità di queste scelte, che ho suggerito a Toth. Andare al monumento dell’esodo ha avuto un grande significato: far accettare a Slovenia e Croazia che gli esuli sono esistiti, e non erano i 100 mila ”emigrati per motivi di lavoro” oppure ”optanti” che loro hanno sempre indicato». Le rivendicazioni restano in piedi, ma il risultato politico (con consenso pieno della città) è stato incassato. (g. z.)