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Napolitano in Serbia: sì a Balcani nell’UE (Il Piccolo 20 giu)

di STEFANO GIANTIN

NOVI SAD La crisi va affrontata con misure condivise e i Balcani vanno accolti in Europa. Ma non prima che sia entrato in vigore il Trattato di Lisbona, bloccato dai «no» irlandese, polacco e ceco. È un messaggio chiaro quello del Presidente Giorgio Napolitano, ospite ieri a Novi Sad del 16.o vertice dei capi di Stato dei Paesi dell'Europa Centrale.

Napolitano ha sottolineato come «l'Italia sia favorevole all'ingresso dei Balcani nell'Unione europea» ma ha aggiunto che la precondizione per l'allargamento è la ratifica del Trattato di Lisbona, strumento necessario per un'Unione che deve imparare «a parlare con una voce sola». La ratifica è possibile «al 70%» secondo il presidente polacco Kaczynski, che ha poi rimarcato il favore del suo Paese a un futuro ingresso di Ucraina e Georgia nell'Ue.

I lavori del summit sono stati aperti dal capo di Stato serbo Tadic e dal suo omologo ceco Vaclav Klaus, presidente di turno dell'Unione europea. A fare da cornice all'incontro la sede del governo autonomo della Vojvodina, gioiello architettonico modernista, bombardato nel '99. Il palazzo è a due passi dal Danubio, «un fiume che con i suoi affluenti – come scrive Claudio Magris – collega simbolicamente tutta l'Europa Centrale» ha detto il presidente sloveno Danilo Türk.

Negli incontri ufficiali si sono toccati i problemi della sicurezza energetica e della crisi economica, tema quest'ultimo che preoccupa l'inquilino del Quirinale. «La risposta dell'Unione alla crisi è stata parziale. La situazione rimane seria. Molto di più deve e può essere fatto» ha auspicato Napolitano, che ha espresso anche il suo rammarico per la mancata approvazione a Bruxelles degli Eurobond, i Bot europei proposti da Tremonti. Il Presidente è tornato poi sul discorso allargamento e sulla diatriba confinaria tra Zagabria e Lubiana. «La situazione della Croazia è di fatto sospesa, a oggi gli ostacoli non sono superati» ha concluso Napolitano.

Dal canto loro, i Paesi non membri dell'Ue, come la Serbia di Tadic e la Croazia di Mesic, hanno cercato di dimostrare la solidità del loro europeismo. «La Serbia sta facendo di tutto per consegnare Ratko Mladic al Tribunale dell'Aja» ha detto Tadic, riferendosi alla condizione fondamentale per l'ingresso di Belgrado in Europa. Il presidente serbo ha poi elogiato le potenzialità di Belgrado nel settore energetico. «La Serbia è un Paese che può produrre e fornire grandi quantità d'energia elettrica – ha detto Tadic – e stiamo lavorando con forza anche al progetto dell'oleodotto Costanza-Pancevo-Trieste. Senza sicurezza energetica non ci sarà né allargamento, né ripresa economica». Mentre crescono i timori per una nuova guerra del gas tra Russia e Ucraina, Tadic è convinto che il futuro gasdotto South Stream, che dovrebbe transitare per la Serbia bypassando l'Ucraina, «potrà stabilizzare il flusso di gas verso i Balcani e l'Europa». Il premier serbo Cvtekovic ha infine confermato che la Serbia ha pronti oltre tre miliardi di euro per il completamento del tratto serbo del Corridoio 10, un progetto vitale per «ridare fiato all'occupazione e all'economia». Un'economia che deve abbandonare «l'esausto modello neoliberista», come l’ha descritto il presidente croato Mesic. A Novi Sad, Napolitano e Mesic si sono confrontati a porte chiuse. I due si erano scontrati nel 2007 sulla questione delle foibe per poi riappacificarsi al vertice centroeuropeo di Brno. Secondo l'entourage del Presidente, questa volta Napolitano e il suo omologo croato hanno discusso solo di economia, il vero nodo cruciale da affrontare al più presto, sia in Croazia che in Italia.

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