di MAURO MANZIN
TRIESTE L’Europa contiua a guardare a Est. E lo fa in modo concreto. In una riunione del Consiglio d’Europa dei giorni scorsi è stato infatti deciso che i ministri degli Esteri dei Ventisette si riuniranno nel corso dei primi mesi del 2010, quindi sotto la presidenza spagnola, per decidere la calendarizzazione dell’ingresso dei nuovi Stati dei Balcani Orientali. Mentre la Croazia dovrebbe finire il suo percorso proprio entro il prossimo anno. Nel gruppo dovrebbero entrare la Serbia, il Montenegro e l’Albania. Restano tre incognite: la Macedonia, il Kosovo (ma quella che sarà la presidenza spagnola non l’ha ancora riconosciuto) e la Bosnia-Erzegovina.
La prima del terzetto in bilico ha fatto sentire con forza la propria voce, Macedonia che, lo ricordiamo, ha già ottenuto lo status per l’adesione nel 2005 ma che non è riuscita ancora ad avviare la trattativa con l’Ue a causa del veto della Grecia che contesta proprio il nome ”Macedonia” che, secondo Atene è una regione della Grecia e non lo Stato ex jugoslavo che a tutt’oggi nelle assisi internazionali viene indicata come Fyrom, acronimo che sta per Former Yugoslavian Republic of Macedonia.
Il governo di Skopje, bloccato per la stessa motivazione anche per l’ingresso alla Nato, sta perdendo la pazienza. «Già un anno e mezzo fa – ha affermato durante il summit a Bruxelles il premier macedone, Nikola Gruevski – al vertice di Budapest avremmo dovuto diventare membri dell’Alleanza atlantica e oggi ci troviamo sempre di fronte allo stesso problema». E il premier ha puntato il dito contro la Grecia accusandola di una politica del ricatto nei confronti di Skopje con i danni che ne conseguono sul piano internazionale. «Non ci possiamo cancellare come popolo – ha detto Gruevski -; siamo macedoni e come macedoni vogliamo diventare membri del’Unione europea, mentre la Grecia vuole cambiare il nostro nome e la nostra identità».
Essendo assente alla riunione qualsivoglia ministro greco è toccato al consigliere Nikolas Tzifakis replicare alle accuse macedoni. Elencando alcune decisioni del governo greco ha ribadito che non si può accusare Atene di essere contraria al futuro europeo dei Balcani Orientali. Furiosa la controreplica di Gruevski. «La Grecia ci blocca – ha sentenziato – per una frustrazione storica in base alla quale i macedoni esistono solo in Grecia e non altrove».
Nel dialogo è poi intervenuto il premier sloveno Borut Pahor, il quale ha consigliato agli Stati pronti ad aderire all’Ue di risolvere quanto prima sul piano bilaterale qualsivoglia contenzioso ancora in essere. Pahor ha ricordato poi proprio il caso sloveno-croato sui confini risolto solo recentemente dopo 18 anni di contenzioso. «Ci eravamo decisi per il veto alla Croazia – ha spiegato – per far capire all’Ue che il problema andava risolto durante le trattative dell’adesione della Croazia all’Ue e non dopo», e «allo stesso tempo abbiamo espresso la nostra volontà di risolvere il problema nel quadro delle regole e delle normative comunitarie». Infine Pahor ha posto l’accento sul «non dimenticare la Bosnia-Erzegovina». «Se no – gli ha fatto eco il premier montenegrino Milo Djukanovic – nell’area si rischia nuovamente una pericolosa deriva verso la destabilizzazione». «La stanchezza politica – ha concluso – nei confronti del processo di allargamento a Est non deve diventare un alibi per escludere qualcuno. Su certe cose è meglio non sottovalutare la realtà».