Il primo fu Tony Giammarinaro, il capitano della Primavera del Torino che conquistò il cosiddetto «scudetto delle lacrime» dopo Superga. Poi, spiccano i fratelli Sattolo e, in particolare, quel Franco nato a Fiume, figlio della lattaia del quartiere, portiere di Sampdoria e Toro negli anni Settanta. Fino agli ultimi, i «giovani» (anche se ora hanno superato la sessantina) che chiudono la storia dei calciatori nati nei cortili del Villaggio dei Profughi di Santa Caterina. Livio Manzin, centrocampista di Bari e Lecce, e Giorgio Mastropasqua, libero di Juve, Atalanta, Lazio. Il «Villaggio» vive da mezzo secolo diviso da via Parenzo. Spina dorsale dei tre isolati di periferia sormontati dalle «case rosse». Mattoni, cemento e famiglie arrivate da paesi lontani. In gran parte, esuli fiumani, istriani e dalmati. Nel Dopoguerra, accantonati gli anni trascorsi nelle baracche, si trasferirono al confine tra Lucento e Vallette.
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