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Nella gola nera il silenzio degli innocenti (Giornale Brescia 09 feb)

Gianni Oliva racconta lo sterminio al tempo di Tito
Domani si celebra la «Giornata del ricordo»

Trascorsi giorni di dura prigionia, durante i quali fummo selvaggiamente percossi e patimmo la fame, e una mattina fummo condotti dai nostri aguzzini in sei, legati con un unico filo di ferro (…) Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro, ci fu appeso alle mani legate un sasso di almeno venti chilogrammi. Fummo sospinti verso l'orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato, ci impose di seguirne l'esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile anziché colpirmi spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché, quando mi gettai nella foiba il sasso era rotolato lontano da me».

Questa è la testimonianza di un miracolato che si chiamava Giovanni Redetticchio. Incluso dallo storico Gianni Oliva nel suo «Foibe» (Mondadori 2002), il ricordo era stato pubblicato su un periodico della Democrazia Cristiana di Trieste nel 1946, ed è grazie ai pochi sopravvissuti che l eccidio delle Foibe ha potuto essere ricostruito in tutta la sua drammaticità.

Le vittime della strage di cui domani, 10 febbraio, si celebra la Giornata del ricordo sarebbero oltre diecimila, anche se il calcolo degli infoibati è difficile, perché in molti casi non è stato possibile recuperare i cadaveri dagli inghiottitoi carsici: si trattò comunque di uno sterminio, di cui solo dopo decenni si è parlato senza veli. Per parecchio tempo la coscienza nazionale era stata esclusa dalla verità, a causa del silenzio di Stato caduto sulle stragi nell'immediato dopoguerra, perché cosi consigliarono le ragioni della politica internazionale e nazionale.

Nel 2004, quando la ricorrenza fu istituita, ci fu molta partecipazione anche da parte dei media, lamenta Oliva, ma oggi l interesse pare un po sfumato, ed è un male, perché «tanto più si ricorda meglio è». Oltre a «Foibe», sull argomento Gianni Oliva ha pubblicato anche un altro saggio in cui ricostruisce le fasi che hanno devastato la Venezia Giulia e l'Istria intitolato: «Profughi – Dalle foibe all esodo: la tragedia degli italiani d'Istria, Fiume e Dalmazia» (Mondadori, 2005).

Ma perché, per tanti anni, di foibe nessuno parlava?

Sono tre le ragioni di questo silenzio – spiega Gianni Oliva -. La prima è che, nel 1948, la rottura da parte di Tito dei rapporti con Stalin segnava un incrinatura nel blocco comunista e per l Occidente diventava il primo interlocutore, ed era scomodo fare domande imbarazzanti come quelle che riguardavano gli infoi-bati. In secondo luogo – aggiunge – c era la preoccupazione del governo De Gasperi, perché parlare degli in-foibati voleva dire parlare anche di quegli oltre duecentomila dalmati, istriani e giuliani, profughi dalla Jugoslavia, che stavano a significare la sconfitta che l Italia aveva subito alle trattative di pace.

La terza ragione?

L interesse del Partito comunista di Togliatti a non intervenire su una questione che avrebbe messo in luce le contraddizioni della politica comunista, che ha sempre oscillato tra il carattere nazionale e la vocazione internazionalista. Perciò Togliatti nell autunno del '44 mandò indicazioni al suo uomo della Venezia Giulia, Vincenzo Bianco, dicendogli sostanzialmente che quanto più territorio fosse stato annesso alla Jugoslavia, tanto più territorio sarebbe stato libero perché là ci sarebbe stato il socialismo reale.

Leggendo «Foibe» si intravede una quarta ragione.

Si, riguarda la questione dei criminali di guerra italiani. Dopo il 45 vari Paesi, soprattutto la Jugoslavia, con l'assenso delle Nazioni Unite, chiesero l'estradizione di circa 700 ufficiali e soldati italiani accusati di crimini di guerra compiuti tra il '41 e il '43. Il governo italiano fece muro, e avvenne una sorta di tacito scambio: non si insiste con Tito per gli infoibati, per non essere costretti a consegnare i presunti criminali di guerra italiani: quasi un baratto.

Chi è veramente responsabile delle foibe?

Sulle foibe sono stati commessi molti errori di strumentalizzazione politica. Da sinistra si è spesso cercato di attribuirle alla reazione naturale della popolazione slovena e croata oppressa dal fascismo per vent'an-ni. Da parte della destra si è fatta molta confusione cercando di attribuire alla sinistra la responsabilità di non aver voluto parlare delle foibe, una cosa che i comunisti avrebbero fatto contro gli italiani che credevano nell idea di nazione. Le foibe sono un problema di confine. Nascono dalla volontà dell'esercito di Tito, di annettere Dalmazia, Istria, Trieste e il Goriziano. L'unica possibilità che Tito aveva di veder riconosciuta la trattativa di pace e l annessione di quelle terre, era che non ci fosse nessuno che si opponesse. Così hanno cacciato non solo gli italiani, ma tutti coloro che potevano essere i riferimenti di un'opposizione all'annessione. Se ricostruiamo le foibe in questa dimensione le trasformiamo in un patrimonio di memoria nazionale: non morti di destra da contrapporre a quelli di sinistra, ma morti che stanno all origine della nostra storia repubblicana.

Francesco Mannoni

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