“Il problema più grosso per me, per mio padre e per i mei familiari sono stati sempre i documenti ufficiali. Tutte le volte che ci chiedevano il luogo di nascita il mio è stato Abbazia, a pochi chilometri da Fiume, di fronte alla solita risposta dell’impiegato di turno, Jugoslavia, noi ci siamo sempre opposti. Volevamo che fosse scritto: Italia. Ma purtroppo Fiume non risultava più tra le province italiane”.
Parole e ricordi di Muzio Vecchia, pensionato casalecchiese e profugo dell’Istria, racconta così dell’immane tragedia sua, della sua famiglia e di centinaia di migliaia di italiani, che nel 1947, appena finita la guerra e quando aveva appena 10 anni, fu costretto a lasciare la sua casa a pochi chilometri da Fiume e a scappare con i suoi genitori, la sorella Licia e Doretta che poi nascerà a Milano, verso il suolo italiano perché perseguitati e cacciati dalle proprie case dai soldati di Tito, il presidente e fondatore dell’allora stato della Jugoslavia. Muzio Vecchia non vuole commentare l’iniziativa dell’Anpi, prevista per oggi pomeriggio alle 18,30 nella Casa della Pace, alla quale da un lato il Comune di Casalecchio ha tolto il patrocinio e, dall’altro, l’Associazione dei profughi giulio-dalmati si è rifiutata di presenziare, nonostante l’invito, perché l’ospite centrale dell’iniziativa è il discusso storico Eric Gobetti, invitato a parlare sul tema “Foibe, esodo e confine orientale. Una questione complessa tra storia e speculazione politica”. Muzio Vecchia parla volentieri della commemorazione dei Martiri delle Foibe, avvenuta qualche giorno fa a Casalecchio davanti al cippo commemorativo, realizzato nel 2020 lungo la rotatoria tra le vie Piave e Ugo Bassi. “Scappata da Fiume – rivela Vecchia – la mia famiglia si era fermata ad Altedo dove è rimasta una ventina d’anni. Dopo il diploma di maestro decisi di intraprendere la carriera militare, finché non ho sposato mia moglie, Gianna Formelli, e ci siamo stabiliti a Casalecchio”. E qui comincia un’altra vita per il profugo istriano.
“Sebbene impiegato in banca – ricorda – ben presto mi sono trovato coinvolto nelle attività della Formelli, l’impresa fondata da mio suocero nel settore dell’ottica. Scomparsa mia moglie, l’azienda è condotta dai miei figli Massimo e Saverio”. Ecco cosa ricorda dell’Istria. “Mio padre – racconta Vecchia – aveva un caro amico croato che, da comunista, s’era battuto per la rivoluzione di Tito. Finita la guerra, mio padre voleva mantenere ancora i contatti e, magari, reincontrarlo. Gli scriveva un sacco lettere, però senza alcuna risposta. Finché non ne arrivò una da parte della sorella del suo amico che lo invitava a smettere. Qualche tempo prima l’amico croato era stato prelevato dalla polizia di Tito e tutta la posta era controllata dalla censura”.
Nicodemo Mele
Fonte: Il Resto del Carlino – 04/03/2023