LETTERE
Non credo d'essere daccordo con la risposta che l'avv.Terpin da al sig. Buffolini a proposito della riaccensione del Tricolore luminoso sul Sabotino.
Egli fa una sottile disquisizione dicendo: «Ho parlato della necessità di coordinarsi con i nostri vicini e non di richiedere loro il permesso a issare la bandiera italiana». Ma, aggiungo, questo preteso coordinamento avrebbe di fatto annullato il volere autonomo di poter esporre la bandiera italiana. E trovo pure assurdo voler fare dei paragoni tra il nostro tricolore e la scritta Nas Tito per anni posizionata sul Sabotino. Quel «Nostro Tito» impresso sul monte e ben visibile in città, ha ferito per tanto tempo la stragrande maggioranza della popolazione goriziana. Gorizia, fin troppo tollerante non ha mai ricercato allora coordinamenti di sorta per far cancellare quella scritta triste segno di violenze, deportazioni, foibe.
Mentre, e lo dico con la maggior serenità possibile, nessuno avrebbe avuto alcunchè da obiettare se, autonomamente in territorio sloveno, sul Sabotino, fosse apparso il simbolo della loro nazione. Ecco perchè non trovo giustificazione alcuna nel ragionamento fatto dall'avv.Terpin.
L'Italia, come stato sovrano, non ha bisogno di chiedere permessi o coordinamenti di sorta per esporre la propria bandiera. E lo stesso vale per la Slovenia.
Terpin conclude il suo intervento dicendo che «siamo in un'Italia dove le istituzioni del nostro paese sono inadempienti, purtroppo, nell'attuare i nostri fondamentali diritti linguistici».
Per inciso dirò che il presidente della regione Renzo Tondo firmerà nelle prossime settimane il decreto per la toponomastica bilingue nei comuni interessati.
Una breve attesa quindi. Poco tempo e un po' di pazienza. Pensate quanta l'abbiamo avuta e quanta l'abbiamo noi, nell' attendere ancora dopo 63 anni di conoscere il luogo ove giacciono le ossa infelici dei nostri deportati.
Guido Mondolfo, Gorizia