di FRANCO BABICH
CAPODISTRIA Più di 80mila dipendenti pubblici sloveni, in rappresentanza di 22 dei 29 sindacati del settore, scenderanno oggi in sciopero per protestare contro il congelamento delle paghe. Poliziotti, doganieri, veterinari, personale della pubblica amministrazione e operatori dei servizi sociali da oggi garantiranno soltanto i servizi urgenti. Rimarranno chiuse le biblioteche e le istituzioni culturali.
Saranno in sciopero pure i dipendenti della Radiotelevisione pubblica, per cui telegiornali e giornali radio andranno in onda in forma ridotta. Lavoreranno invece normalmente scuole e asili, tribunali e la sanità i sindacati di categoria non hanno aderito all’agitazione.
I dipendenti pubblici, in Slovenia, sono circa 150 mila, il che significa che lo sciopero ne coinvolgerà più della metà.
Già per domani è prevista la ripresa dei negoziati con il governo. La vertenza riguarda i tempi di attuazione della riforma salariale. Concordata nel 2008, prevedeva un graduale aumento delle paghe del settore pubblico, per diversi anni rimaste ferme, da realizzare nell’arco di alcuni anni. La crisi finanziaria in atto ha portato però il governo a predisporre una serie di misure penalizzanti per gli statali, tra cui un sostanziale blocco degli avanzamenti di carriera e la praticamente totale cancellazione degli incentivi. I sindacati hanno accettato un primo pacchetto di provvedimenti, ma si sono rifiutati di accettare pure il congelamento della riforma salariale, che il governo vuole posticipare al momento in cui la crescita del Pil, ora ridotta alla metà sarà nuovamente superiore al 3% annuo. A irritare i sindacati del pubblico impiego è intervenuto anche il tentativo del governo di cambiare le regole del dialogo sociale: con una legge approvata dal Parlamento poche settimane fa, l’esecutivo ha ottenuto il diritto di modificare il contratto collettivo del pubblico impiego senza avere più bisogno del consenso della maggioranza delle sigle sindacali, ma gli basta il consenso di soli 6 sindacati, a patto che rappresentino il 40% dei dipendenti pubblici. I sindacati del settore pubblico, su questa norma, stanno già raccogliendo le firme necessarie per indire un referendum abrogativo. Per raccogliere 40mila firme, hanno tempo fino al 27 ottobre.