di Simone Paliaga
Boris Pahor, a vederlo, sembra il più classico e indifeso dei nonnini. Anziano, magrissimo e non molto alto, i pochi capelli candidi che ormai lasciano scoperta gran parte della testa lucida, occhiali molto spessi e modi gentili, quasi timidi.
Stupisce un po' allora la polemica che lo riguarda, rilanciata dal quotidiano II Piccolo di Trieste (dove Pahor vive). Parlando con il giornale di Capodistria Primorsìce Novice, lo scrittore ha fatto riferimento al sindaco di Pirano, Peter Bossman. Un sindaco nero, nato in Ghana ed eletto nelle file del centrosinistra nello scorso ottobre (lo chiamavano “l’Obama sloveno"). Secondo nonno Boris, «se Pirano ha scelto un sindaco nero, uno straniero, questo è sintomo di poca coscienza nazionale e un brutto segno per il Paese».
Pahor, classe 1913, di origini slovene, è stato a lungo ignorato come scrittore. L'ha scoperto Elido Fazi, facendogli pubblicare il romanzo autobiografico Necropoli, con prefazione di Claudio Magris, nel 2008.
Un libro terrificante, sulla sua esperienza nei campi di prigionia nazisti in Germania e Francia. Poi, Pahor ha subito anche il tallone comunista, tanto che nella Slovenia comunista le sue opere erano proibite e l'ingresso in Jugoslavia gli era vietato.
L'aspetto anticomunista della sua opera, tuttavia, è passato progressivamente nel dimenticatoio, mentre la sua avversione per il fascismo italiano – che non tollerava la minoranza slovena – è stata enfatizzata sempre più. Anche perché il successo di Pahor si deve principalmente a Fabio Fazio, che l'ha ospitato nella sua trasmissione su Raitre "Che tempo che fa", trasformandolo in un'icona dell'antifascismo, sorvolando sulle sue posizioni nazionaliste.
Stessa cosa è avvenuta con i libri. L'episodio da lui più volte raccontato dell'incendio per mano fascista alla casa della cultura slovena di Trieste viene sempre ricordato. Dei crimini comunisti si parla poco o per niente.
Nella scheda del libro-intervista con Mila (Mie Tre volte no, uscito per Rizzoli di recente, non c'è mai la parola "comunista". Si precisa però che «il grande scrittore triestino ricorda ai troppi che vogliono dimenticare che il fascismo non fu tollerante, ma incarnò un male duro e oppressivo, non dissimile dal nazismo».
E ancora: «Solo anni dopo ha capito l'impatto lacerante del fascismo e il suo tentativo di privare un popolo della propria identità».
Comprensibile dunque lo sgomento nel leggere le ultime uscite dell'eroe di Fabio Fazio, dell'anziano signore dall'aria mite. Il fatto che a Pirano ci sia un sindaco nero, sostiene, non è piacevole.
«Guardate l'Italia», ha detto al giornale sloveno. «Vuole nuovamente italianizzare l'Istria. E ce la farà, perché gli sloveni hanno poca coscienza nazionale. Lo si vede a Pirano, dove hanno il sindaco nero. Abbiamo dato tanto per quel pezzo di terra e ora c'è il sindaco nero. Dio mio, dove c'è coscienza nazionale, qui? Non ho nulla da dire sul fatto che sia di colore. Ma se già hanno eletto un non sloveno, avrebbero dovuto eleggere al massimo un membro della comunità italiana, che vive lì. Scegliere uno straniero per sindaco è un brutto segno».
Beh, pare che qualcosa da ridire sul fatto che il primo cittadino sia nero ce l'abbia. Anche se il povero Peter Bossman è di nazionalità slovena e paga supponiamo regolarmente le tasse.
Che poi in Istria si parli italiano, beh, non è una grande novità e nemmeno un abominio storico.
Vedremo se Fabio Fazio, dopo queste parole, inviterà nuovamente il caro Boris nelle sue trasmissioni a presentare i libri in uscita. L'operazione di trasformare un nazionalista in icona militante di sinistra non è molto ben riuscita.
(courtesy MLH)