di CLAUDIO ERNÈ
«Se il Comune di Trieste non può inserire la parola fascismo nelle motivazioni del riconoscimento, allora non me lo dia. Non piangerò per questo. Peraltro non ho mai chiesto nulla».
Lo scrittore Boris Pahor, 96 anni, autore di ”Necropoli” e vincitore nel 2008 del premio Viareggio, non cerca mediazioni con il sindaco Roberto Dipiazza sulla vicenda del conferimento della Civica benemerenza che per mesi e mesi è rimasta sepolta in un cassetto del Municipio ma che ora è riemersa a livello nazionale. Pahor ha detto «no, grazie» al riconoscimento perché la parola fascismo non è stata esplicitamente citata. Il suo «no» ha così innescato nuove polemiche e rinnovate divisioni perché in queste terre i fantasmi del passato non riescono mai a scomparire e bastano un paio di parole in più o in meno per riportarli sulla ribalta.
«Era sufficiente – dice Boris Pahor – che nelle motivazioni comparisse una parola di tre sillabe per rispettare la verità della Storia. Invece questa parola non la leggo nel documento del Comune, dove peraltro si cita esplicitamente il nazismo. Io ho sofferto molto, sono stato rinchiuso nei lager di Hitler ma in precedenza ho patito anche le violenze del Ventennio. In tutta la mia gioventù non ho avuto una scuola. Mi è stata tolta dal fascismo quando avevo già frequentato le prime quattro classi elementari. Niente lingua slovena, solo italiana. Per lungo tempo non ho capito come e perché la lingua della mia famiglia e con cui avevo iniziato a parlare, non valeva più nulla e dovevo cambiare modo di esprimermi. Ho perso così dieci anni della mia vita… Inoltre sul riedificato edificio che ospitava il Narodni Dom non c’è una targa che citi esplicitamente l’incendio appiccato dal fascisti nel 1920. Finché non ci sarà un riconoscimento ufficiale, istituzionale, governativo da parte dell’Italia su questi crimini, io non riuscirò a mettermi il cuore in pace».
Il sindaco Roberto Dipiazza è altrettanto categorico. Ha risposto a Boris Pahor sostenendo che lo scrittore sloveno non può decidere nulla sulla motivazione della benemerenza che gli si voleva attribuire. In altri termini i premiati non possono condizionare il Comune e tantomeno i testi con cui l’ammnistrazione spiega le prorpie scelte.
Diverso il parere di Igor Svab, consigliere comunale del Partito democratico ed esponente dell’Unione slovena. «L’incontro di Pahor con gli esponenti della giunta ha aperto nuovi orizzonti anche ai rapporti con la vicina Repubblica di Slovenia. Qualche tempo fa Dipiazza e Pahor si sono incontrati a un ricevimento nella sede del Consolato».
In effetti qualche tempo fa si era aperto un sottile spiraglio di mediazione tra le parti. Nelle motivazioni, oltre a ”Necropoli” dedicato alle sofferenze patite da Pahor nei lager nazisti, il Comune avrebbe potuto o dovuto inserire anche il titolo di un’altra opera dello scrittore sloveno: ”Il rogo nel porto”, dove si leggono esplicitamente i dettagli della repressione antislovena attuata dal regime di Mussolini.
Poteva essere una soluzione praticabile, ma qualcosa l’ha fatta arenare. Potrebbe aver provocato il blocco l’astensione di alcuni consiglieri della maggioranza che regge il Comune sul documento che attribuiva il premio a Pahor; oppure la richiesta al segretario generale Santi Terranova di verificare se l’eventuale ”riconoscimento” abbia una maggiore o minore importanza del Sigillo trecentesco già consegnato in precedenza all’anziano scrittore dal vicesindaco Paris Lippi; ed ancora la differenza tra due documenti, dove in uno comparirebbe la parola nazifascismo, mentre nell’altro si legge solo nazismo. E infine l’esplicito giudizio negativo di Boris Pahor sull’intitolazione di una via cittadina al giornalista Mario Granbassi, morto in Spagna combattendo per i franchisti.
Il vicesindaco Paris Lippi ha un preciso ricordo della vicenda del sigillo trecentesco. «L’ho consegnato a Boris Pahor nel salotto azzurro del Municipio. All’epoca ero assessore alla cultura e Adriano Dugulin (direttore dell’Area, ndr) si era occupato direttamente della vicenda. Tutto è andato per il meglio. Pahor ha ringraziato in italiano senza sollevare la minima polemica. Il clima era disteso. Ricordo anche che poco dopo il sindaco propose un secondo riconoscimento per l’autore di Necropoli. Se ben ricordo, Pahor quando l’istruttoria era in corso, criticò pesantemente e pubblicamente una scelta di Dipiazza. Una sorta di sparata. In quel momento si è bloccato tutto: sarà passato un anno o forse più. Sta di fatto che il problema del riconoscimento era finito nel dimenticatoio. Poche ore fa invece, qualcuno l’ha voluto far riemergere…»