La Società di Studi Fiumani conserva la copia del biglietto urgente di servizio della Questura di Fiume per il questore di Ravenna, datato 23 maggio 1944, in risposta ad un telegramma del 12 maggio che riguarda i Berger, nota famiglia fiumana titolare di un mobilificio. Da tempo Storie e Personaggi si occupa delle famiglie ebraiche delle Comunità di Fiume e Abbazia rifugiate in Romagna, soprattutto nella provincia di Ravenna, dove erano assistite da Vincenzo Tambini e Antonio Dalla Valle. Senza dimenticare il maresciallo Ezechiele Maccaccaro, comandante della stazione dei carabinieri di Bagnacavallo; Maria Dalla Valle, figlia di Antonio, ha riferito che era lui ad allertare sulle imminenti retate.
Ecco il contenuto del documento, citato da “Storie e personaggi” il 15 novembre 2010, ri¬preso recentemente da alcuni studiosi come prova contro Palatucci: “trattasi di ebrei apolidi fiumani qui irreperibili che identificansi per…” e prosegue con i dati del nucleo familiare. È firmato “pel reggente Palatucci”, quindi la firma non è del questore. I Berger – erano in otto, nessuno si è salvato – sono stati arrestati a Cremenaga (Varese), il 4 maggio 1944 mentre cercavano di espatriare in Svizzera, seguendo la stessa sorte toccata ad altri ebrei fiumani, traditi dai cosiddetti passatori, che scoperti in occasione di un espatrio, pur di salvare la vita, avevano sottoscritto un patto scellerato con i nazisti.
Tra i loro effetti personali un foglio con l’indirizzo di Tambini, che provocherà l’arresto di Vincenzo, rilasciato due giorni dopo. Visto che i Berger sono stati arrestati il 4 maggio e identificati, che il telegramma della Questura di Ravenna è del giorno 12, non si comprende come avrebbe danneggiato la famiglia fiumana il biglietto urgente del 23, non firmato da Palatucci. Una testimonianza pro Palatucci viene da Elena Berger, anche lei rifugiata a Bagnacavallo e parente dei Berger arrestati a Cremenaga. Riguarda l’aiuto fornito al marito Lazar Aschkenasy, mai giunto in Romagna, che risulta in libertà a Bari il 1° ottobre 1944. La donna, stabilitasi nel dopoguerra in Israele, ha dichiarato che Palatucci si stava adoperando per favorire l’espatrio in Svizzera dell’intera famiglia.
Nel suo libro “Capuozzo accontenta questo ragazzo”, Angelo Picariello racconta del rapporto di fraterna a¬micizia tra Palatucci e il commissario Feliciano Ricciardelli, allora capo dell’Ufficio politico della Questura di Trieste. Tra i due funzionari c’erano anche intensi rapporti di collaborazione. Si consultavano e confrontavano su come portare avanti i salvataggi più impegnativi e rischiosi; il più delle volte era Palatucci che andava a Trieste per chiedere consigli a Ricciardelli, che più anziano di 11 anni era senza ombra di dubbio il suo maestro. Il commissario di Trieste si recherà a Fiume per prelevare con successo i congiunti di un ebreo del capoluogo giuliano che temevano di non passare indenni i posti di blocco tedeschi.
Ricciarelli, nel dopoguerra questore di Ravenna, era finito come Palatucci a Dachau; tornato in Italia rilascerà una toccante testimonianza sul loro incontro nel lager. Sempre in “Capuozzo accontenta questo ragazzo”, Picariello riporta la testimonianza del brigadiere Amerigo Cucciniello, collaboratore di Palatucci, che si era recato a Ravenna dove presso amici fidati aveva trovato rifugio una famiglia fiumana. Il compito era di condurla a Bergamo, dove con l’aiuto del commissario Mario Scarpa, già in servizio a Fiume, avrebbe raggiunto la Svizzera. Scarpa incamminò il marito verso la vicina Confederazione, men¬tre sistemò la donna, Elena Weits, presso amici di Torino dove rimarrà fino al termine della guerra.
Nel libro “Le comunità israelitiche di Fiume e Abbazia tra le due guerre mondiali” dell’ingegner Federico Falk, non ci sono tracce di Elena Weits; la grafia non è corretta, oppure si tratta di una delle tante persone dell’ex Jugoslavia che Palatucci aiutava ad entrare in Italia. Sugli attacchi a Palatucci interviene Marino Micich per la Società di Studi Fiumani.
“A nostro avviso, esistono ancora molte ombre, non sull’onorabilità di Palatucci e sulla sua azione svolta in favore degli ebrei del fiumano o dei territori del più distante retroterra quarnerino, ma sul numero di persone che egli ha contribuito a porre in salvo dalla deportazione nei lager tedeschi. Noi sappiamo che anche Riccardo Gigante si adoperò per agevolare alcuni ebrei presenti a Fiume sin dal 1939 perché potessero espatriare. Ma su Gigante (che aveva la moglie ebrea) nessuno, a parte noi, ha mai speso ricerche in tal senso o messo in risalto le qualità morali. Noi sappiamo anche che alcuni fedeli aiutanti di Palatucci vennero stranamente risparmiati dall’Ozna (la polizia politica jugoslava) il 4 maggio 1945, mentre gli altri 90 a¬genti della Questura di Fiume furono tutti infoibati nei pressi di Grobnico e di Costrena. Per Palatucci, che ritenia¬mo senz’altro meritevole, si è messo in moto un meccanismo tale che non deve però gettare ombra sulle altre tra¬gedie vissute e purtroppo continuamente ignorate accadute a Fiume in quel triste periodo”.
Riguardo la tragica fine degli agenti della Questura di Fiume, “Storie e personaggi” lo scorso 13 marzo ha pubblicato la testimonianza della figlia di Luigi Bruno, che aveva prestato in precedenza servizio presso la Questura di Bologna. La signora Anna Maria parla di un collega del padre, definito un “giuda”, che il 3 maggio 1945 si era presentato in casa per accompagnarlo in Questura; lui tornò regolarmente a casa, mentre Luigi Bruno e gli altri sventurati agenti sono spariti nel nulla.
Sull’arresto di Palatucci restano ombre inquietanti; il fatto che la polizia tedesca sia andata a casa sua con la certezza di trovare materiale compromettente – una trasmittente e un documento sulla ricostituzione dello Stato autonomo di Fiume – fa pensare che a tradirlo sia stato qualcuno a lui molto vicino. Nel maggio 1945 i primi a cadere nella repressione dell’Ozna saranno proprio gli autonomisti.
Importante l’articolo di Giovanni Preziosi sull’Osservatore Romano dello scorso 3 agosto con documenta¬te testimonianze sull’opera del questore a favore degli ebrei. Così conclude Preziosi: “Chi era, dunque, Giovanni Palatucci? Un eroe, un “giusto”, un collaboratore dei nazisti, un fedele esecutore degli ordini superiori per l’identificazione e la schedatura degli e¬brei? Forse, più semplicemente, fu un uomo – e qui sta la straordinarietà della sua opera – che, constatando la perfidia dei nazi-fascisti che si consumava sotto i suoi occhi ai danni di tante persone innocenti, non riuscì a restare indifferente, pur nel timore di essere scoperto, e cercò, per quanto gli era possibile, di impedire questo orrore”.
Aldo Viroli
“La Voce di Romagna” 25 ottobre 2013