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Parlato: a Zagabria vince il diritto (Libero 21 ago)

di GIUSEPPE PARLATO

La notizia che l'Alta corte di Zagabria ha riconosciuto la fondatezza delle richieste di re­stituzione dei beni immobili nazionalizzati nel 1945 ha un notevole valore sia dal punto di vista giuridico, sia da quello politico e morale. Le nazionalizzazioni dei beni abbandonati dagli italiani che fuggirono, tra il 1944 e il 1954, dai territori italiani passati difatto alla Jugoslavia diTito, dal punto di vista giuridico furono totalmente arbitrarie. Infatti, il trattato di pace (febbraio 1947) aveva tolto all'Italia Fiume, Zara e la maggior parte dell'Istria, la­sciando in predicato ancora le famose zone Ae B, la prima sotto l'amministrazione alleata (Trie­ste) e la seconda sotto l'ammini­strazione jugoslava (Capodistria e la parte settentrionale dell'Istria). La soluzione diplo­matica per quelle zone fu rag­giunta con il Memorandum d'intesa nel 1954, quando fu assegnata all'Italia definitivamente la zona A. Dal punto di vista strettamente giuridico, la situa­zione potè considerarsi definiti­va soltanto con il Trattato di Osimo, nel novembre 1975.

Per cui, gli espropri dei beni abbandonati dagli italiani avve­nuti prima del 1947 (per quanto riguarda la gran parte degli ex territori italiani) e prima del 1954 (per quanto riguarda la ex "zona B") sono da ritenersi ille­gittimi, perché da un punto di vista giuridico nulla autorizzava quelle zone ad essere conside­rate ufficialmente Jugoslavia. Bene ha fatto quindi l'Alta Corte croata a intervenire su tale que­stione. Tardivamente, di sicuro sono passati ormai 65 anni ma dal punto divista giuridico que­sto è senza dubbio un passo avanti molto significativo. Se­gno che qualcosa sta lentamen­te cambiando anche nei rap­porti geopolitici tra Italia e Croa­zia. Tuttavia, rispetto ai 350 mila esuli italiani da quelle zone, la questione delle restituzioni riguarda soltanto poco più di mil­le domande, in genere una per gruppo familiare. Un numero che pare esiguo ma non lo è. Molti esuli non avevano beni di proprietà, a dispetto di chi disse che erano andati via solo i pro­prietari. Altri hanno scelto di stabilirsi all'estero e sono meno interessati alle restituzioni e agli indennizzi. Altri hanno accetta­to gli indennizzi offerti dallo Sta­to italiano, a parzialissimo risar­cimento di quello che avevano perduto.

Al di là dei numeri, l'elemento significativo è che, tra le richie­ste di restituzione, vi sono palaz­zi d'epoca prestigiosi che testi­moniano della presenza com­merciale ed economica della borghesia italiana tra Otto e No­vecento: il barocco palazzo Milesi a Spalato, ovvero l'albergo Park, sempre a Spalato, o ancora la distilleria dei Luxardo a Zara, la più antica industria zaratina, produttrice del celeberrimo maraschino, rivendicata con tutte le piantagioni e le attrezza­ture.

Una decisione, quella dell'Al­ta Corte croata, che mostra co­me Zagabria voglia presentarsi all'Europa come uno Stato ri­spettoso delle regole fonda­mentali del diritto internazio­nale e che spiazza di fatto la Slo­venia, la quale ha sempre fatto orecchie da mercante sulla que­stione degli indennizzi e delle restituzioni.

Il primo passo è buono ed è anche un successo della nostra diplomazia: Frattini ha sempre posto grande attenzione all'in­tera vicenda e la porrà ancora per seguire la fase applicativa della risoluzione, affinché non vengano frapposti ostacoli bu­rocratici o politici.

Se tutto andrà in porto bene, sarà compiuto un altro passo si­gnificativo per la collaborazione fra Italia e Croazia in vista di una. convivenza pacifica e costrutti­va in Europa, senza però cancel­lare una storia dolorosa, ormai neppure troppo recente.

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