Quando penso alla Pasqua a Fiume mi ricordo il gran daffare della mamma in cucina. La pasta per le pinze e l’oresgnazza che lievitava, le noci che dovevamo sgusciare, cantando per non mangiarne e le uova colorate per i nostri sisseri: significava che era Pasqua. In Belveder, papà lavorava dal Sokol e arrostiva le pinze delle signore. Povero papà: battaglie a non finire con le signore che non volevano accettare i loro capolavori appena usciti dal forno quando non avevano le sembianze… di capolavori.
I nostri sisseri, quello mio e quello di mia sorella Ina, erano i più belli del Belveder. Ce li invidiavano tutti inostri amichetti. Papà era davvero bravo: la nostra gallina con l’uovo colorato al punto giusto era davvero spettacolare, un peccato mangiarla.
A Torino, in Porta Palazzo, il daffare era uguale. La mamma preparava le pinze e il dolce di noci: che profumino, mi pare di gustarlo ancora oggi. Era Pasqua anche a Torino. Ed era Pasqua anche perché di mattino presto, milioni di anni fa, immancabilmente in questa stagione arrivava da noi la zia Peppina. La zia si presentava con la testa avvolta da un enorme fazzolettone che le nascondeva i capelli ed era coperta da un grembiule che la fasciava completamente. Lei era piuttosto piccolina e quasi ci spariva dentro. Era l’uniforme delle pulizie primaverili, quellaeche ci dicevano che Pasqua era dietro l’angolo. Vestita così sembrava che avesse un compito gravoso davanti a sé, che avesse da pulire una mansione enorme e non un fazzolettino di alloggio dove abitava vicino a noi.
Con pinze, uova sode e scalogno si andava in chiesa per farli benedire. Si andava a Fiume e anche a Torino.
Il Sabato prima della Domenica di Pasqua, alle dieci in punto a Fiume, ricordo, suonavano le campane e la mamma ci faceva bagnare il viso e non dovevamo asciugarlo. Anche a Torino mantenevamo questa tradizione. A Fiume e a Torino avevamo i rametti di ulivo benedetti, a Chicago si hanno le palme. Mia sorella ce le procura ogni anno.
Mirella Tainer
Fonte: La Voce del Popolo – 16/04/2022
Immagine di apertura: Visinada d’Istria – Chiesa di San Barnaba
Ultima cena con Dante nel fregio ornamentale superiore – Scuola giottesca, fine Trecento