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Pirano: i ricordi di Carolina Borsatti (Voce del Popolo 04 apr)

di Bruno Bontempo

I RICORDI DELLA PIRANESE CAROLINA BORSATTI,  INSEGNANTE IN PENSIONE, CHE VIVE A MOTTA DI LIVENZA
«Cose così»: San Bortolo/una scuola nel cuore dell'Istria

Carolina Borsatti è nata a Pirano il 2 luglio 1916. I Borsatti non sono piranesi indigeni e nella città di Tartini sarebbero giunti nel '500, provenienti da Venezia o da Padova: il loro, infatti, è un cognome veneto che ha avuto come base il nome Borso o simili. Comunque, la famiglia della signora Borsatti aveva delle proprietà a Santa Lucia (paterne) e Portorose (materne). Carolina era ancora in fasce quando la sua famiglia, padre, madre e due fratelli (poi entrambe laureatisi in legge) si trasferì a Capodistria, dove visse fino agli inizi della seconda guerra mondiale. Nel 1942, con in mano il diploma di maestra, fu mandata a insegnare presso la scuola di San Bortolo di Montona. Dopo la guerra, dal 1945 al '47, si impiegò negli Uffici d'Igiene di Trieste da dove, alla fine del '47, come profuga istriana si stabilì a Motta di Livenza, in provincia di Treviso, e qui continuò a lavorare come insegnante in una scuola elementare e vi rimase fino al pensionamento. A Motta si sposò ed ebbe un figlio, assieme al quale vive tuttora.

Ma la nostalgia per la sua terra è ancora viva in lei. "Non sono né mottense, né veneta, ne friulana. Gli eventi bellici, per forza maggiore, mi hanno allontanata dalla mia terra natale e dai miei possedimenti, in virtù dei quali avrei potuto vivere di rendita – racconta la signora Borsatti in Marzin -. Ero ancora giovane quando grazie al mio diploma di insegnante elementare mi sono resa indipendente dalla famiglia. Misi piede per la prima volta in quel di Motta nell'inverno dell'anno scolastico 1947/48. Pioveva, ricordo, e la pavimentazione di Piazza Luzzati non era ancora asfaltata, tanto che finii per affondare nel fango".

"È facile capire quanto mi sia costato caro quello strappo dal mio ambiente dove, partendo assieme alla mia famiglia, lasciammo tutti i nostri averi. Anche un pezzo del mio cuore è ancora lì, ed a Capodistria continuo ad andarci quando posso. Tempo e stagione permettendo, mi faccio portare nei luoghi della mia infanzia e della mia gioventù (nell'ottobre del 1998 è stata accompagnata a Pirano da quattro dei suoi ex alunni, nda), ma molto più spesso ci vado e ci vago con il pensiero. Ma quando ritorno ai miei luoghi natii, mi sento rinascere ed il ricordo dell'infanzia si fa più vivo che mai. Assieme a me, altri profughi istriani, diplomati o professionisti, hanno trovato sistemazione a Motta di Livenza. Mi sono fermata in un paese dove secoli fa, ad un contadino apparve la Madonna. Quindi, è una terra benedetta. Qui, naturalmente, hanno edificato una Basilica, un Santuario, dove per devozione, affluisce gente da ogni dove e qui tantissimi hanno ottenuto delle grazie. Da questo punto di vista sono stata fortunata. Forse anch'io, con le preghiere, sarò stata aiutata da una di queste apparizioni".

La signora Borsatti Marzin è una persona raffinata e cortese, riservata e sensibile. Le giornate le trascorre in maniera molto metodica. Al mattino, a parte le solite piccole faccende domestiche, va a fare la spesa, compra ogni giorno il Corriere della Sera e lo legge tutto (senza dover usare gli occhiali), si segna le notizie che maggiormente attirano la sua attenzione, dalla politica al gossip, e non si lascia sfuggire l'occasione per discuterne con qualcuno dei conoscenti. Grazie alla buona salute ed alla mente che funziona più che egregiamente, i suoi interessi non si limitano alla lettura del quotidiano ma sono rivolti anche ai libri in genere ed a Leopardi in particolare. Un decina di anni addietro, la signora Carolina ha scoperto l'amore (e la vena) per la scrittura, in particolare per la poesia. E da quel momento ha sfornato una bella quantità di testi, quasi tutti in versi e quasi tutti velati da una patina di comprensibile malinconia. Ha raccolto versi, riflessioni, corrispondenze e li ha fatti rilegare in un fascicolo destinato alla sua cerchia di persone più care, intitolando la mappa "Filastrocche, pensieri&divagazioni".

Da questa raccolta emerge il bisogno di esprimere e conservare ricordi e sentimenti, risultato di uno sfogo dell’anima, versi senza pretese, ammette la signora Carolina, loquace e garbata, sensibile e dalla idee chiare. L'unica sua ambizione, sottolinea, è quella di rievocare e fissare su carta così, di getto, alcuni frangenti di vita vissuta, per conservare e salvare dall'oblio sensazioni e pensieri. Ma c'è anche un impegno civile a favore degli esuli e dei loro diritti, un'annosa questione – quella dei beni abbandonati – che aveva cercato di riportare all'attenzione degli uomini politici che di volta in volta si sono alternati nelle varie cariche di potere in Italia nell'ultimo decennio, ai quali aveva indirizzato delle accorate lettere rivolte a Romano Prodi, Umberto Dini, Oscar Luigi Scalfaro, Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Massimo D'Alema…

Dalle pagine della sua "cartella", abbiamo tratto qualche frammento. Risalgono al 1997 le note che aveva intitolato "Cose così": "Le guerre sono le nefandezze della terra ed è per questo che io sono spinta a ricorrere a fatti e cose vissute sulla mia pelle, da quando, conseguito il diploma all'Istituto Magistrale Giosuè Carducci di Trieste, mi trovai a scendere in campo piena di entusiasmo per la mia indipendenza…" La signora Carolina rivà con i ricordi al lontano 1941, quando con il diploma di insegnante elementare, ebbe l'incarico di una supplenza in quel di S. Bortolo di Montona, nel cuore dell'Istria coperta da una copiosa nevicata. "Mi trovai sola, nel mese di febbraio, ad avere la responsabilità d'insegnare a cinque classi, totale cinquanta alunni.

Arrivai a destinazione con le mie umili masserizie, poste, come allora si usava, sul tetto di una corriera, con appresso bicicletta, materasso, cuscino, lenzuola, stoviglie…" Alla fermata del paese, ad attenderla c'era la bidella con un povero asinello, sulla cui groppa sistemarono tutto il bagaglio. La scuola era situata in un luogo isolato, due aule, una cucina economica, un tavolo, due seggiole, cucina a legna e una stanza da letto… L'abitazione della bidella era a circa trecento metri di distanza… La luce elettrica non era ancora arrivata a Montona e le serate si trascorrevano alla fioca illuminazione di una candela…
Una delle ultime filastrocche, che ha scritto proprio a Capodistria, il settembre dello scorso anno, è intitolata "Ritornata allo stesso posto…":
 

RITORNATA ALLO STESSO POSTO (2008)

Ritornata allo stesso posto,

seduta sulla stessa panchina.

Davanti a me, in particolare,

un colombo,

altri distanti.

Forse quello di quel giorno.

Oggi, tu colombo,

sei solo, abbandonato.

Perché così solitario?

Forse non hai trovato

colei che tu hai amato?

Quante persone, come te,

si prendono, si lasciano,

e poi tornano ad amarsi

e ricominciano i loro passi.

Paragonare un colombo solitario,

ad una persona amata e poi lasciata,

c'è dissonanza,

non uguaglianza.

I colori delle tue piume luccicano,

sembri felice, come guardando,

occhi ridenti di una vita, che sta amando.

LA MATERNITÀ (2006)

Di fronte alla maternità

ci si intenerisce.

L'essere fattosi nell'essere.

Senti la vita,

nella tua vita.

Quando l'abbracci per la prima volta

ti senti come stravolta.

Sembra un arcano

che tiene nella tua mano.

Completo di tutto ciò

poi crescerà man mano.

Maternità, tenerezza, bellezza e contentezza.

LA PERSONA DI UNA CERTA ETÀ (2005)

Quando si sente che le forze vengono meno,

si vorrebbe dare un colpo di remo.

Non sempre il remo risponde,

al comando delle perdute onde.

Ed allora ci si mette in poltrona,

non per riposare, ma per pensare che qualcosa ci abbandona.

Quel qualcosa ci resta confuso nella memoria

di tante imprese della vita in "baldoria".

La spensieratezza della vita in gioventù,

purtroppo non ritornerà mai più.

Facendo un po' di conto frettolosamente,

ci si accorge che la nostra mente si perde inutilmente.

L'AMICIZIA

L'amicizia vera

è allegra come la primavera.

È bello trovarla, quando

va fi no in fondo al cuore,

senza pensarci di farti un favore.

Ma quando t'accorgi che non è più quella,

tutto crolla,

come il fi ore perdendo la corolla.

Chi trova un amico

trova un tesoro,

ma cade in un fosso

se c'è un paradosso

e il nostro io rimane scosso.

 

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