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Pirano: quel fior di sale (Voce di Romagna 29 lug)

di Roberto Venturini

 

La raccolta del sale si fa nei tre mesi giugno, luglio e agosto quando non \i scenda pioggia “Pirano supera tutti li altri luoghi nella quantità delle saline, e di sali”

 

Sponde diverse, feste diverse in diversi momenti dell’anno ma un unico prezioso fiore che sboccia su entrambe le sponde, il candido sale sul quale si è fondata per secoli una florida econo­mia tutta fondata sul mare, fonte inesauribile del prezioso ali­mento e strada per farlo viaggiare di luogo in luogo. Pirano e Cervia sono le regine delle saline nell’Alto Adriatico ed entrambe tributarie di Venezia verso i cui capienti magazzini partivano carichi i trabaccoli dalla terra romagnola. Cervia ha appena ricordato questa sua antichissima tradizione ripercorrendo, come da molti anni a questa parte, “la rotta del sale”, una manifestazione della quale trattiamo al piede della pa­gina.

Pirano invece festeggia le sue saline in primavera e dalla comu­nità italiana di quella città, tramite il nostro concittadino Gian­ni Ruzzier, piranese di origine, ci arrivano le foto che illustrano questi articoli. Cos’ il sale diventa l’occasione per un gemellag­gio sulla carta che sarebbe bello vedere nascere anche tra le on­de di un mare che, ed era ora, si sta facendo sempre più stretto. Interessanti notizie sulla tradizione dei salinai ci vengono dai do­cumenti che pubblichiamo in questa pagina e che approfondi­scono diversi aspetti su quell’attività.

 

Il testo che proponiamo di segui­to è tratto da l’Archeografo trie­stino del 1831 ed è intitolato Le saline di Pirano. In realtà i luoghi di produzione del sale erano mol­to numerosi nell’Alto Adriatico. Solo nella zona istriana il docu­mento menziona le saline di Ca­po D’Istria, Muja e Isola; vi era­no inoltre alcune saline a Pola “sullo scoglio de Brioni”, che tut­tavia nel 1831 erano già scom­parse. Ma in testa a tutti era Pi­rano, che “supera tutti li altri luo­ghi nella quantità delle saline e sali”.

Venezia pretendeva la decima sulla produzione di sale e in cam­bio lasciava libere le genti istria­ne di vederlo dove volevano ma soltanto via terra, comminando “rigorosissime pene a chi per ma­re ne porta fuori”. Il sale si misurava e si vendeva a moggio, un’unità di misura che, secondo quanto riferisce l’archi­vio dei beni culturali, equivar­rebbe oggi ad una capacità di 333,27 litri.

Per capire meglio quanto raccon­ta il documento diremo anche che con il termine “cavedini” si definiscono i bacini salanti, i qua­li misuravano in media dieci me­tri di lunghezza per cinque di lar­ghezza. Da ogni cavedino si rica­vavano circa quattro moggi di sa­le e quindi più o me­no due tonnellate e mezzo che nel 1831 si vendevano a diciotto

tire u moggio, un prezzo più che soddi­sfacente a quanto ri­sulta dal testo che stiamo analizzando secondo il quale “queste saline porta­no una gran ricchez­za a quella comu­nità”.

A lavorare nelle saline erano so­prattutto le donne, che lo racco­glievano quotidianamente “nei tre mesi giugno, luglio, e agosto” e ogni due giorni “nelle stagioni medie”.

“Il sale d’Istria è assai bianco, e buono”, scrive l’Archeografo, “ma diverso uno dall’ altro” ma il più prezioso era “il fior di sale”, il primo che si raccoglieva, “bian­chissimo come la neve” sopra a quello che si depositava nei cave­dini.

 

Le saline dell’ Istria sono famose sovra tutte le altre dell’Italia, dalle quali si cava una gran copia di sale con utile grandissimo dei luoghi, e dei padro­ni di esse. Le principali sono quelle di Capo d’Istria, e Pirano. A Ca­po d’Istria li cavedini al numero di tremille, so­no intorno una parte della Città a Levante, e mezzogiorno; suol ogni cavedino far moggia quattro di sale. Un moggio consta di staja dodici. La serenissima repubblica di Venezia, ne ha la decima, e la si paga al moggio. Nel resto concede libertà di vender a chi gli piace per terra non per acqua, essendo rigo­rosissime pene a chi per mare ne porta fuori; ed essendo al presente da quei di Trieste moltiplicate le sa­line, i cittadini di Capo d’Istria con difficoltà esitano i loro sali. A Trie­ste oltre le antiche saline più volte rovinate da Veneziani, già da un tempo in qua ne hanno fatto molte altre disfacendo i campi e prati che erano quivi vicini al mare, e col ter­reno portato alle rive hanno amplia­to il sito, ridotto i terreni a bellissi­me saline. Questi lo vendono ai Te­deschi, i quali per avanti venivano a provvedersi a Muja, e a Capo d’ Istria. Muja ha antiche saline, e già tempo ne faceva sali il doppio di Trieste. Dà l’ottava parte alla Co­munità, il resto vien venduto per terra a forestieri per Germania ed Ongaria,

 

Capo d’Istria fa sale il doppio di Muja, e la raccolta un anno con l’al­tro, scrive il Manzioli, esser moggia settemila.

Isola ha saline, che fan sale per la terna, e territorio. Pirano supera tutti li altri luoghi nella quantità delle saline, e sali, dandovi la comodità la valle di Sizziole, e il golfo del Largon, e queste saline portano una gran ricchezza a quella comunità, e a contadini. Danno i loro sali alla serenissima repubblica di Venezia , così conve­nuti nel prezzo di lire dieciotto il moggio, qual è di stara tredici, uno staro aggiunto per le male spese, e cali. Qui sono grandissimi magazze­ni pubblici, ove lo ripongono. Han­no i suoi ministri che lo ricevono, e

a suoi tempi lo conducono a Vene­zia per transmetterlo alle Città e luoghi di terra ferma. Fa un provve-ditor sopra il sale il Senato, essendo questo il primo, e singolarissimo utile che la Repubblica cavi dall’Istria, poiché essa a Piranesi lo paga lire dieciotto il moggio, e lo vende ducati tren­tasei, onde sottratte tutte le spese di con­dotte, provveditori, mi­nistri, fabbriche, si cre­de cavi ducati trenta­due per ogni moggio. Vi erano alcune saline a Pola sullo scoglio de Brioni, le quali sono state distrutte. Ad Orsara se ne era fatto qualche principio, e ne ho vedute le ducali di poterle fabbricare dalli vescovi padroni di quel luogo, ma al pre­sente non vi è cosa alcuna. Il sale d’Istria è assai bianco, e buo­no, ma diverso uno dall’altro. La raccolta del sale che si fa nei tre mesi giugno, luglio, e agosto, estivi

ogni giorno, quando non vi scenda pioggia, e negli altri due delle sta­gioni medie, ogni due giorni, se ne raccoglie più, e meno secondo ral­lenta, o accresce il caldo. Le donne spezialmente lavorano nelle saline.

In questi luoghi parimenti si fan il fior di sale, che è bianchissimo co­me la neve, e lo acco­modano in certe can­nelle a guisa di meloni, che va per molti luoghi come regali gentilissi­mi.

Il fior di sale vien rac­colto di sopra il sale nelli cavedini. A Città Nuova l’estate, restando l’acqua salsa sopra le grotte del mare nel calar della marina, e ripercosso del sole, la sera si ritro-

va convertita in sale bianchissimo, e se ne può raccogliere qualche sco­della ogni giorno.

 

Sul litorale

“Dappertutto si loda ora il sale d’Istria”

 

LE SALINE DEL LITORA­LE- Dall’Osservatore Trie­stino del 10 aprile 1863

 

Essendo il sale un articolo di prima necessità tanto per gli uomini, ci quanto per gli ani­mali per le sue pregievoli qua­lità digestive, se ne fa ovunque un gran consumo e da che la sua fabbricazione in Istria è li­bera e la sua qualità è stata ben perfezionata si ha a buon dirit­to il vanto di non temere la con­correnza di altri paesi, di poter ben servire lo Stato e di essere eziandio al caso di esportarne all’estero vistose i quantità con decoro e vantaggio. Prova ne è che dappertutto si loda ora il sale d’Istria e che da un anno a questa parte, e precisamente dal febbraio 1862 a tutto feb­braio 1863, si spedirono da Pi­rano vari bastimenti carichi di sale bianco d’Istria a Salonicco, Braila, Nuova-York e Calcutta con 153,982 centinaia e che ri­levanti commissioni si attendo­no da quei paesi e da altri. La limitazione fissata all’Istria pei bisogni dello Stato per l’anno camerale 1862 fu di 400,000 centinaia di sale bianco di cui a Pirano, avente un area di klafter quadrati 1,745,861 di fondi salini, toccò di tangente 284,459 cent. Da questa esposi­zione risulta che i proprietari delle saline di Pirano e Capodistria, malgrado la bassezza del prezzo del sale percepirono nel­l’anno 1862 182,000 Fiorini dall’erario; 31,000 id. circa da privati per l’esportazione all’estero del sopravanzo di 153,982 centinaia venduti a circa 20 sol­di al centinaio.

 

Un ringraziamento sentito alla comunità italiana di Pirano e a Gianni Ruzzier che ci hanno in­vaio le fotografie pubblicate in questa pagina.

 

(courtesy MLH)

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