La bellezza del riscoprire la storia è insita nel piccolo particolare importante che ti fa risalire ai grandi fatti del passato. Dall’inesauribile sito di via Kandler, l’archeologia ha messo il punto per quel che riguarda gli scavi e la scoperta di grosse strutture murarie. Dal reperto massiccio si passa al minuto scendendo nelle viscere della terra fino allo strato della Pola istrica e, un solo piccolo coccio può rivelarsi un concentrato di storia, prova materiale di scritti inestimabili come quelli di Tacito.
Ma lo zuccherino archeologico che ha addolcito la quotidianità dopo un mese di scavi agli addetti al mestiere non è l’era pre-romana ma sempre e comunque quella latina. Mai finora risulta documentato in Istria il ritrovamento di un frammento di anfora con marchio di fabbricazione intestato ad uno dei più potenti personaggi della storia imperiale: Marco Licinio Crasso tradotto nel nome originale Marcus Licinius Crassus Dives (Dives che sta per ricco) ossia, detto altrimenti, membro assieme a Cesare ed a Pompeo, del celeberrimo primo triumvirato della storia romana.
Ad esibire il curiosissimo coccio è la sovrintendente del settore di storia antica presso il Museo archeologico istriano di Pola, Alka Starac e spiega che è stato recuperato nello strato di terreno sottostante quel bacino di migliaia di anfore intere estratte dal sito conservatore di mirabili resti (villa urbana, tempio che si potrebbe ricollegare alla venerazione di Ercole, terme romane e quant’altro). La scritta del frammento è la seguente: “MENA CRASS”, l’inizio di nome greco sta per il capo di una delle officine di anfore dei grandi latifondi in proprietà a Crasso nell’Italia meridionale precisamente a Piceno ed anche ad Apulia.
Crasso e l'oro colato
La rivelazione che scaturisce da quello che potrebbe sembrare solo un coccio? Lo spiega la Starac: è una fattispecie di testimonianza materiale scritta che il triumviro deteneva interessi economici nella Colonia Julia Polentia anche se ricco fino alla nausea, fattosi potente dopo il soffocamento della rivolta di Spartaco, noto per i lanci da gradasso di piatti d’oro nel Tevere (poi furbescamente restituiti dai suoi stessi servi) ed anche per la fine ingloriosa, quasi esemplare, nella guerra contro i Parti che gli avrebbero fatto ingerire una bollente gettata di oro colato. È noto che prima di cadere in disgrazia Crasso aveva creato un impero per se e per i suoi discendenti, navi e flotte in movimento per tutto il Mediterraneo, con un giro d’affari esteso fino alle nostre parti. Difatti, sono gli scritti di Tacito a parlare del business dei suoi possedimenti terrieri in Istria, di tutto un esercito di dipendenti (schiavi, servi, liberti) al servizio della famiglia dei Licinii Crassi. E pare che ne riuscirono a ricavare tornaconto cent’anni e oltre. Insomma, è provato. Per la storia che si scriverà, un coccio vale più di tante anfore intere.
Scoperte 22 stratificazioni
Informazioni generali date dall’esperta. Il sito ancora da indagare a Pola, prima di decretarvi sopra avvio di lavori di costruzione di un maxi garage con archeologia incorporata nello scantinato, comprende 1.100 metri quadri, finora setacciati nella misura dei due terzi. Una volta penetrati a livello di acqua stantia su tutta la superficie, comunica la Starac, la ricerca proseguirà mediante uso di pompe e adozione di misure di tutela delle strutture murarie su indicazione degli esperti in statica. In 22 stratificazioni di terreno individuate, e così classificate secondo linguaggio della scienza, non ci si muove in effetti dall’era della creazione della colonia romana (45-46 A.C.), tempo dell’insediamento della dittatura di Cesare. Con la costruzione degli edifici romani (complesso del tempio con cortile, pozzo e elementi connessi) si giunse ad un rimescolamento nel terreno di testimonianze culturali dei secoli antecedenti. Attorno al castelliere vertevano, mille anni di (pre)istoria. I frammenti rinvenuti ora (purtroppo niente di intero) vanno dall’VIII al I secolo Avanti Cristo. Appartenevano a vasellame di cucina di produzione “nostrana”, histrica e a tanta ceramica d’importazione: recipienti da tavola, brocche, bicchieri, piatti, calici, cantari, crateri da vino d’importazione dalla Daunia e dalla Apulia presso il Monte Gargano. Analizzando quanto collezionato era merce che proveniva da tutto lo stivale italico.
Arletta Fonio Grubiša