Benchè tardivo, la Città ha reso il dovuto omaggio all’imprenditore e filantropo che edificò le zone residenziali di Port’Aurea, una parte di via Kandler, la rete fognaria in città vecchia, il primo teatro moderno di Pola in piazza Dante Alighieri e poi anche quello attuale
Dal 5 maggio la sala maggiore del Teatro Popolare Istriano porta il nome di Pietro Ciscutti. Hanno deciso di chiamarla così l’amministrazione municipale e la direzione dell’ente teatrale per un motivo molto semplice: rendere il dovuto omaggio, benché tardivo, al benefattore che diede a Pola, senza esserne nativo, non uno ma addirittura due teatri sul finire dell’Ottocento. La cerimonia dell’intitolazione [foto di apertura] si è avuta nell’occasione delle celebrazioni della Giornata della Città di Pola, in maggio, ma la decisione di riportare Ciscutti nel suo teatro, il Politeama, era stata presa anticipatamente e argomentata come segue dal direttore artistico Luka Mihovilović: “Quest’anno festeggiamo il bicentenario della nascita di Pietro Ciscutti, l’imprenditore e filantropo che edificò le zone residenziali di Port’Aurea, una parte di via Kandler, la rete fognaria in città vecchia, il primo teatro moderno di Pola in piazza Dante Alighieri e poi anche l’attuale teatro che frequentiamo tutt’oggi. Siccome in novant’anni Ciscutti non ha avuto dai posteri altro riconoscimento che l’intitolazione di una via nel centro città, è ora che in occasione del bicentenario Pietro Ciscutti torni nel suo Politeama”.
Pola, debitrice imbarazzata
Dobbiamo essere onesti e dire che Pola è debitrice imbarazzata di Pietro Ciscutti. Lo ricorda a malapena, se lo ricorda affatto. Hanno contribuito a questo esito fattori convergenti, ma soprattutto la damnatio memoriae a cui è stato condannato il passato italiano di Pola nel periodo jugoslavo. In quegli anni il lumicino del ricordo era mantenuto vivo soltanto dagli esuli da Pola. Nel 1978 l’Arena di Pola ricordava l’imprenditore-filantropo nell’ottantesimo anniversario della morte, rispolverando i giornali dell’epoca come l’”Eco di Pola”: “Il 17 gennaio 1890 è morto il cav. Pietro Ciscutti; aveva 68 anni. Pola, sua seconda Patria, lo ricorda sino dal 1850, quando baldo di gioventù si prefisse l’idea di giovare al suo rinnovamento. Ebbe un solo ideale: risanamento, abbellimento e decoro cittadino. Pietro Ciscutti fece strade e canali, edificò a nuovo il quartiere di Port’Aurea e dalla piazza Alighieri a quella Kandler (Piazza San Giovanni), in questi quarant’anni eresse una ventina di case e spese vari milioni. Fu l’anima dell’impresa Polla, Rossi, Quadri e Andrioli. Quando Pola incominciò ingentilirsi e assumere un aspetto di città colta, Ciscutti previde il bisogno d’un teatro, e a sue spese ne eresse uno nel 1854, a solo scopo di decoro, non già di lucro. Quel teatro, per una ventina d’anni, presentò una totale passività da assorbire parte del suo patrimonio; non per questo si scoraggiò, e anzi, vedendo lo sviluppo crescente della città nel 1881 costruì il Politeama, demolendo il vecchio teatro. Pola deve a lui non soltanto il beneficio di un teatro ma la morale educazione del popolo per quaranta anni”.
Il boom della fonderia
Non sono molti i cenni biografici in circolazione su Pietro Ciscutti. Il lavoro della riscoperta di quest’uomo che ha conosciuto la facilità del guadagno eccezionale solo per poi scoprire la beatitudine del dono disinteressato, è un lavoro di ricerca che dev’essere appena realizzato. Ne sappiamo tuttavia abbastanza da poter dire che nacque a Maniago nel Friuli il 18 febbraio 1822, duecento anni fa, e che a 25 anni, nel 1847, venne a stabilirsi a Pola in qualità di fabbro ai servizi dell’autorità imperiale austriaca. Abile nell’impresa non meno che nella sua arte, si mise in proprio e la sua fonderia, evidentemente nata sotto una buona stella, fece soldi a palate grazie alla Marina da guerra e a importanti opere civili e militari in una città destinata a un espansione industriale, urbanistica, demografica e culturale accelerata. In altri termini, Pietro Ciscutti s’arricchì sull’onda inarrestabile del progresso e della modernità. Diede alla sua città d’adozione le prime infrastrutture moderne, le piazze Port’Aurea e Alighieri, i canali di drenaggio urbano, abitazioni e strade, e il capitale andò lievitando ulteriormente con l’acquisto, la vendita e l’affitto di case e ville. Tanto ne ebbe che a un certo punto decise di ridare alla città e ai suoi abitanti una parte considerevole del patrimonio così felicemente acquisito. Nel 1854 pagò di tasca propria il restauro della Chiesa della Madonna della Misericordia in piazza Alighieri, distrutta in un devastante incendio (in segno di gratitudine, tutt’oggi la facciata esibisce il nome del benefattore). Lo stesso anno acquistò il terreno adiacente per costruirvi il primo teatro moderno di Pola, progettato da Giovanni Quadri ed eretto dalla società Caprara di Venezia: il Teatro Nuovo. La sua apertura il giorno 26 dicembre del 1854 fu un evento memorabile.
Veglioni e balli in maschera
Andrej Bader, scrittore e studioso di storia locale, ha riesumato le cronache dell’epoca: “Entrando nel Teatro Nuovo gli spettatori si trovava intanto in uno splendido atrio con caffè e guardaroba. L’illuminazione era costituita da lampade a olio, che in seguito vennero alimentate a petrolio. La sala era costituita da una platea spaziosa circondata da 21 palchi nel mezzanino. Dietro alle quinte c’erano i camerini degli attori. Dirimpetto al palcoscenico era stato allestito il palco d’onore per la famiglia imperiale, mentre sopra i palchi si apriva alla sala una galleria altrettanto spaziosa e i finestroni alla sua stessa altezza. La sala era dunque illuminata di luce naturale e il Teatro era idoneo a ospitare tanto spettacoli diurni quanto spettacoli notturni. Chiaramente le famiglie notabili hanno avuto ciascuna il proprio palco privato: era questione di prestigio. Inutile dirlo: il primo teatro polese è rimasto a lungo nella memoria dei polesi per i suoi veglioni di Capodanno e i balli in maschera. L’anno 1856 tra gli spettatori ci fu nessun altri che l’imperatore Francesco Giuseppe I che il 9 dicembre visitò la città per la cerimonia di posa della prima pietra al cantiere dell’arsenale”. Al Teatro Nuovo si entrava da via Sergia, passando per il locale al pianterreno che oggi ospita un negozio di articoli sportivi. Il locale che dà su piazza Alighieri ospita invece l’Old City Bar che ha dato il proprio contributo alla memoria storica del palazzo e del suo costruttore: una parete del locale è dedicata appunto al Teatro Nuovo, con la gigantografia della sala, la targa ricordo e le didascalie esplicative quadrilingui.
Un teatro sontuoso nei decori
L’espansione di Pola non accennava tuttavia ad arrestarsi e in ogni caso, già entro il 1879, il Teatro Nuovo non bastava più per accogliere tutti gli spettatori affamati di spettacoli ardenti di frequentarlo. Non ci pensò due volte, Ciscutti, e nuovamente mise mano al portafoglio per acquistare il terreno edificabile dietro al Casinò Marina. Il 22 agosto di quello stesso anno veniva posta la prima pietra del futuro Politeama progettato da Ruggiero Berlam. Un anno dopo, il 2 dicembre 1880 lo stabile era già aperto benché privo di arredi e impianto luci, ma già sontuoso nei decori. Che cosa fu dunque il Politeama Ciscutti? La cerimonia di apertura si ebbe il 24 settembre del 1881, per cui, grazie a Ciscutti, Pola ebbe il suo teatro importante prima di Fiume (1885), Spalato (1893) e Zagabria (1895). La sala poteva accogliere fino a 800 spettatori in platea, nei due ordini di palchi e nella galleria. Tuttavia il teatro non aveva una compagnia di prosa o di lirica stabile e le spese di gestione, elevate, avrebbero suggerito un tipo di cooperazione tra compagnie, impresari e sale più stretta e meglio programmata. Il carteggio di Ciscutti (che non rivela un uomo di lettere, anzi) con le direzioni dei teatri di Zara e Sebenico offre testimonianza dei suoi reiterati tentativi nella direzione di un’unificazione programmatica delle sale per avere un repertorio condiviso a costi di produzione inferiori, ma i suoi tentativi non andarono in porto.
Dai film ai match di pugilato
Gli spettacoli erano di assai più diversificati rispetto a oggi e il cartellone poteva includere concerti, proiezioni cinematografiche, circensi e persino sportive, come match di boxe, di lotta e di scherma. Istrapedia scrive che fino al 1918 il Politeama ospitò compagnie teatrali italiane e tedesche, talvolta attori provenienti da Lubiana e da Zagabria, mentre durante la Prima guerra mondiale, molti spettacoli erano destinati alla raccolta di fondi per la Croce rossa e per scopi bellici. Il repertorio comprendeva operette italiane (G. Donizetti e G. Verdi) e tedesche (R. Strauss, I. Kálmán, F. Lehár). La prima opera recitata da autori locali è stato il Don Pasquale di G. Donizetti (1916), dopodiché andò in scena il Rigoletto di G. Verdi (1917), con l’Orchestra della Marina e il Coro di Pola. Nel febbraio del 1931 nel Politeama è stato proiettato il primo film sonoro di Pola. L’attività poliedrica, tra ascese e cadute, continuò fino alla metà del 1947, e il resto è praticamente storia recente. Dopo l’annessione di Pola alla Croazia è stato fondato il Teatro Popolare Istriano o Teatro cittadino di Pola.
La condanna all’oblio
Pietro Ciscutti, Cavaliere dell’Ordine Francesco Giuseppe I (l’unico riconoscimento di cui venne insignito in vita) morì il 17 gennaio del 1890. Il suo Politeama ha continuato ad allestire spettacoli, ma Pola ha dimenticato troppo presto il suo benefattore. Il 27 marzo del 1906 il Giornaletto di Pola riportava una notizia sul degrado della tomba dell’imprenditore. Recentemente la Città ha fatto di peggio autorizzando la vendita del sepolcro e i nuovi titolari hanno cancellato dei Ciscutti anche l’ultima traccia muta sotto un filare di cipressi. Con il passare dei decenni la condanna all’oblio è stata pressoché totale. Il giudizio di Andrej Bader in questo senso è lapidario: “Il trattamento che Pola ha riservato al suo benefattore è stato vergognoso, non meno vergognoso del modo in cui Vienna ha seppellito Mozart: in una fossa comune. Ciscutti ha amato Pola incondizionatamente. Ha trasceso i limiti del tempo, si è trasformato in un’idea nobile. Immortale nella pietra, nello spazio, ma non nei cuori dei polesi”. Ora sta cambiando qualcosa. Per cominciare la sala maggiore, se non il teatro completo come prima, porta il suo nome. Inoltre in quest’anno del bicentenario, gli spettacoli di grido sono tutti con dedica. A Pietro Ciscutti.
Daria Deghenghi
Fonte: La Voce del Popolo – 18/06/2022
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