Potrebbe essere definita a ragione l’enciclopedia del patrimonio cimiteriale di Pola, un singolare omaggio al sito delle rimembranze, alla città, alla storia cittadina e alla cultura italiana che in essa si identifica, un’opera gigante, anche come dimensioni, di evidente pregio scientifico e di grande valore emotivo, in modo particolare per tutti i polesani, intimamente legati a quello che a ragione si è sentito chiamare “un luogo privilegiato di ricordo e di orgoglio cittadino”.
“Il cimitero civico di Monte Ghiro a Pola (1846-1947)” a opera di Raul Marsetič, 35.esimo volume dell’autorevole Collana degli Atti del Centro di ricerche storiche di Rovigno, pubblicato con il sostegno dell’Unione Italiana e l’Università Popolare di Trieste, ha visto la sua presentazione ufficiale, un vero debutto, l’altra sera alla Comunità degli Italiani di Pola. Occasione eccezionale gratificata da una notevole presenza di pubblico, molto partecipe e coinvolto dagli interventi alternatisi senza risparmiare espressioni di convinta e sincera ammirazione per questo ulteriore, enorme contributo alla storiografia regionale.
Sguardi attenti in direzione dei tanti protagonisti al tavolo dei lavori. A fianco dell’autore, Giovanni Radossi, direttore del CRS, Rino Cigui, collaboratore del CRS, Marino Budicin (redattore), Antonio Pauletich, Anita Forlani (Comitato di redazione) e Tamara Brussich, presidente dell’Assemblea della Comunità degli Italiani di Pola, cui sono spettate le allocuzioni di benvenuto agli astanti, specificatamente a: Daniele Suman, titolare del Settore Università e Ricerca scientifica dell’UI, Giuseppina Rajko, vicepresidente della Regione Istriana, Tiziano Šošić, console onorario d’Italia a Pola, Silvio Delbello e Alessandro Rossit, presidente, rispettivamente direttore generale dell’UPT, Tullio Canevari, sindaco del Libero comune di Pola in esilio, Livio Dorigo, presidente del Circolo Istria di Trieste, don Milan Mužina, decano della chiesa di Pola.
Sentite le congratulazioni e i complimenti all’autore di un testo di cui la CNI e l’UI possono andare fieri, espresse da parte di Suman e quindi da Delbello, da Canevari, da Dorigo, che si sono detti commossi e riconoscenti per quanto di imponente è giunto a compimento dopo pluriennale ricerca. Ai saluti della Rajko e all’apprezzato intermezzo musicale delle corali della SAC “Lino Mariani” dirette da Edi Svich (Inno dei canottieri di Smareglia, Son nato drio la Rena, Va pensiero di Verdi), è seguito il discorso ufficiale di Giovanni Radossi, che assolto il preambolo di lettura del messaggio di congratulazioni inviato dal Presidente dell’Unione Italiana, Furio Radin, ha riflettuto sui compiti della nostra storiografia perennemente impegnata a “individuare il legame che esiste tra storia del passato e contemporaneità, legame oltremodo specifico del nostro mondo minoritario, da quando si è voluto artatamente che minoritario fosse, più di sessant’anni fa, in barba alla nostra reale e patente onnipresenza sul territorio del nostro insediamento”. Non a caso, Radossi è partito dagli “albori della nostra vicenda umana e professionale”, dal lontano 1971, quando i ricercatori del CRS, furono impegnati in condizioni di estremo disagio organizzativo e anche politico nell’opera di rilevazione delle sepolture italiane in ben 80 cimiteri di tutta l’Istria, quale strumento per contrastare le allora già evidenti incongruenze dei censimenti della popolazione.
Ora “quello che ci preme qui rilevare – ha detto Radossi – è il nostro impegno per la conservazione gelosa delle memorie del passato narrate da quelle iscrizioni cimiteriali che aiutano a comprendere inequivocabilmente lo svolgimento della storia, delle istituzioni, della lingua e delle usanze: irrinunciabili memorie che confermano e testimoniano la nostra avita nazionalità”. Plauso quindi alla ponderosa opera che (illustrando 1.500 tombe storiche) costituisce “il miglior contributo nel rendere modernamente più leggibile il libro aperto dei monumenti e delle epigrafi lapidee polesi”. Lavoro per il quale il ricercatore è stato coadiuvato dall’Ufficio di sovrintendenza del patrimonio storico-monumentale di Pola, cosa che ha concorso alla stesura della Delibera cittadina che riconosce il cimitero civico quale parte della memoria collettiva da tutelare. A proposito del volume su Monte Ghiro (che per i “polesani patochi” è Monte Giro), Cigui ha specificato che si tratta del “primo studio interamente incentrato sulla gestione urbana della morte a Pola”, costituito da ricca documentazione con la quale ci si riallaccia “agli aspetti civili, legislativi, religiosi, sociali, culturali, urbanistici e architettonici che, per la sua multiformità, la questione delle sepolture comporta”. E via a elencare gli argomenti di ampio respiro analizzati da Marsetič: le sepolture a Pola attraverso i secoli, l’affermarsi delle sepolture urbane presso gli edifici di culto, la questione dell’igiene pubblica e le nuove disposizioni legislative del primo Ottocento, lo sviluppo e le trasformazioni della città tra il 1846 e il 1947, la trattazione specifica del cimitero.
Encomio particolare alla ricostruzione, pressoché completa, di tutti i fondi cimiteriali esistenti fino al 1947, un catalogo di circa 1500 schede, ognuna delle quali riporta il nome del titolare del fondo, la trascrizione dell’epigrafe, la ricostruzione dei nomi di tutte le persone sepolte, le informazioni relative all’acquisto del fondo e la costruzione delle tombe, le note biografiche sui sepolti, la foto del monumento funebre e il grado di valorizzazione del monumento in base a una scala che divide le unità di sepoltura in quattro gradi di valenza.
Chiarimento finale affidato allo stesso ricercatore, Raul Marsetič, per dire che il suo non è specificatamente uno studio sulla morte e sul lutto: “l’intenzione è stata sempre di discutere e analizzare l’origine, lo sviluppo del patrimonio storico culturale del cimitero civico polese, attraverso l’investigazione delle fonti e del complesso contesto che ha portato a concepire e sviluppare questo luogo così specifico (…) Monte Ghiro esprime la ricchezza culturale della popolazione, testimonia le vicende belliche e le tragedie cittadine, la composizione etnica e la stratificazione sociale, insieme ai legami vicini e lontani che permettono di riconoscere nella continuità di simboli o caratteri formali comuni, i rapporti tra gruppi diversi all’interno di un panorama sociale comune (…) Entro il recinto cimiteriale si trovano sedimentate immense testimonianze di storia civica che riflettono pienamente la cittadinanza passata“.
Finalità ultima: la tutela e la conservazione di un importante patrimonio culturale che, nonostante i numerosi passi avanti fatti negli ultimi anni, va lentamente e inesorabilmente sparendo. “Purtroppo – così il ricercatore – nonostante le lodevoli disposizioni di salvaguardia approvate, su proposta della commissione cittadina per la tutela di Monte Ghiro, dalla Città di Pola, che devo elogiare per la grande sensibilità dimostrata, il nostro patrimonio cimiteriale continua pietosamente a scomparire di giorno in giorno per i molti casi di indiscriminata violazione delle norme di protezione prescritte. Ho cercato in più occasioni di sensibilizzare chi di dovere a intraprendere delle azioni concrete per fermare tale scempio ma purtroppo, senza voler entrare adesso in poco opportune polemiche, non ho ottenuto alcun risultato concreto“. È, invece, nobile il desiderio di Marsetič di sfruttare l’indagine cimiteriale trasformandola in uno strumento per togliere dal completo oblio le esistenze di migliaia di polesi e cercare di conservare nel tempo una parte insostituibile della nostra memoria civica.
Arletta Fonio Grubiša
“la Voce del Popolo” 28 ottobre 2013