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Porzûs, una visita nel segno dell’unità (Il Piccolo 26 mag)

Fra alcuni giorni il Presidente Napolitano si recherà a Porzûs per rendere omaggio ai partigiani dell’Osoppo ivi barbaramente trucidati da una spedizione fratricida di partigiani italiani legati alla Resistenza di Tito. Si tratta di un evento di grande importanza, che non va però letto nell’ottica dell’esperienza politica del Capo dello Stato.

 

È una precisazione necessaria: la passata appartenenza di Napolitano al Partito comunista italiano si è ancora di recente polemicamente ricordata in un battibecco provinciale da parte di chi a Trieste cerca solo nel passato la garanzia della propria sopravvivenza politica. La visita del Presidente ha un diverso, istituzionale significato. A esserne interessato è anzitutto quell’angolo del Friuli in cui, come in Carnia, vivo è stato il fenomeno resistenziale con la coda dei conflitti politici che hanno condotto all’eccidio di Porzus. Ma l’evento trascende l’ambito ristretto dei territori visitati e viene a riguardare tutta la regione, e perciò anche Trieste. Anzi, in modo particolare Trieste, dove purtroppo le celebrazioni dell’Unità d’Italia non hanno avuto il rilievo e la solennità che ci si poteva aspettare.

 

Non sembri una divagazione. Non si dimentichi che la visita di Napolitano segue di poco la conclusione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità. È, quindi, un’iniziativa che non può non risentire dello spirito che ha guidato il Presidente nelle piccole e grandi città della Repubblica a glorificare e ribadire, fra grandi consensi, il significato di una ricorrenza che eventi storici e atteggiamenti irresponsabili di movimenti politici sembravano destinati a mettere in discussione. A Porzus si è, infatti, consumata una vicenda che, se sono esatte le prevalenti ricostruzioni, revocava in dubbio proprio l’unità dell’Italia e la metteva in pericolo. A chi la difendeva anche nelle file della Resistenza al fascismo, che con il suo nazionalismo aveva preteso di averne l’esclusiva rappresentanza, si contrapponeva chi, privilegiando la rivoluzione sociale su ogni altro valore, vedeva nell’unione con la Resistenza di Tito, prima, e, successivamente, con la nuova Repubblica socialista il coronamento delle aspettative di quel miraggio rivoluzionario.

 

Se fosse passata quest’ultima posizione, Trieste ne sarebbe stata la prima vittima, con Gorizia e con l’Istria. Celebrando i martiri di Porzus si celebra anche, nella prospettiva dell’unità d’Italia, il coraggio e la dedizione delle forze antifasciste italiane che hanno giustificato con il loro apporto il ripudio di quella prospettiva almeno per Trieste e Gorizia, giacché diversa – come ben sappiamo – fu la sorte dell’Istria. Ma la sede della celebrazione ci ricorda anche che oggi l’unità passa in queste terre per il tramite della confluenza della Venezia Giulia e del Friuli in un’unica Regione. A questa fondamentale scelta costituzionale guarda con diffidenza astiosa chi è all’origine del rinnovarsi di tentativi di incrinarne l’unità. All’interno della comunità regionale vi è una tendenza a esasperare le contrapposizioni etniche, proprio nella provincia che Napolitano visiterà.

 

Sono vicende che richiamano fenomeni da Napolitano vigorosamente censurati nei suoi pellegrinaggi italiani, quando ha sostenuto che solo un’Italia unita può evitare di diventare un irrilevante frammento di un mondo globalizzato, ammonendo che pur nel riconoscimento di «diversità e intrecci mostratisi vitali […] nessuno può pretendere di oscurarne l’unità di lingua faticosamente raggiunta». A parte le facili ironie di chi vuole troppo facilmente lasciarsi alle spalle le vicende del passato, la storia ha molto da insegnarci anche per la comprensione dei fatti di oggi, fornendo un orientamento di fronte a eventi che istintivamente giudichiamo in modo negativo, ma della cui portata distruttiva non sempre abbiamo percezione chiara e diretta. La visita del Presidente è dunque un evento al quale tutta la regione deve guardare per trarne insegnamenti e ammonimenti sulla strada della fedeltà al principio dell’unità d’Italia o del suo recupero, qualora contestazioni e spinte dissolutive dovessero prendere piede anche temporaneamente.

 

Ed è in questa prospettiva che l’evento può costituire una occasione preziosa per rinnovare i termini del dialogo fra le parti componenti del Friuli Venezia Giulia, cui resta confidata in queste terre l’Unità d’Italia, cioè quella «sola garanzia del nostro comune futuro» di cui il Capo dello Stato ha ragionato in questi anni.

 

Sergio Bartole

“Il Piccolo” 26 maggio 2012

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