La terza sessione dedicata al Novecento dei convegni di studi del ciclo “Il mondo culturale in Istria, Fiume e Dalmazia dal 1700 al 1900” ha avuto luogo mercoledì 22 giugno 2016 presso la Casa del Ricordo di Roma. Come ha ricordato la coordinatrice dell’evento, Donatella Schürzel, Presidente del Comitato provinciale di Roma dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, si è trattato della conclusione di una serie di appuntamenti, realizzati in sinergia con la Società di Studi Fiumani e Roma Capitale, che sono sempre stati apprezzati dal pubblico, hanno fornito spunti di riflessione e aperto la strada a nuove iniziative che, dopo la pausa estiva, contribuiranno a riempire il calendario degli appuntamenti presso la Casa del Ricordo.
I lavori si sono aperti con la relazione di Marco Occhipinti, dirigente provinciale ANVGD nonché grande esperto di filatelia, il quale ha relazionato su “Grotte di Postumia: una storia postale (anche) italiana”, approfondendo un aspetto poco noto di queste meravigliose cavità naturali poco distanti da Trieste. Già nel 1857 l’imperatore Francesco Giuseppe le visitò e verso fine secolo l’illuminazione elettrica consentì di fare a meno delle torce, che fra l’altro con il fumo annerivano le volte. Il numero dei visitatori cresceva esponenzialmente e, a fronte di questo exploit turistico, venne aperto un ufficio postale all’interno della capientissima grotta, nella quale venivano anche organizzate suggestive serate danzanti (Grottenfest). Collocato a 500 metri dall’ingresso principale, l’ufficio postale ipogeo venne inaugurato a Ferragosto del 1899 ed era dotato di un bollo specifico, distinto da quello dell’ufficio postale di superficie. Nel 1914 gli eventi bellici portarono all’interruzione dei flussi turistici, l’ufficio sotterraneo fu chiuso e quello superiore, dopo l’entrata in guerra dell’Italia e la mobilitazione del fronte dell’Isonzo, venne assorbito nei gangli della posta militare. Appena nel settembre 1922 le grotte vennero riaperte ai visitatori e nel successivo aprile le Regie Poste rilevarono l’ufficio sotterraneo, il quale, per sostenere i rinnovati flussi di visitatori, venne ampliato nel maggio 1927. Anche la Seconda guerra mondiale interessò questa struttura, a far tempo dalla primavera 1941, allorché l’Italia partecipò all’invasione della Jugoslavia, ottenendo fra l’altro la provincia di Lubiana, che fu costantemente presidiata da truppe del Regio Esercito in funzione antipartigiana, sicché gli uffici postali delle grotte di Postumia vennero nuovamente convertiti agli scopi della posta militare. L’ufficio postale inferiore sarebbe stato riaperto il 15 agosto 1945, per celebrare l’anniversario della sua inaugurazione, ma da quel giorno non è più stato operativo.
L’animatrice della Mailing List Histria e di molte altre attività Eufemia Giuliana Budicin ha invece esposto una relazione intitolata “Giuseppe Pagano: l’EUR sconosciuta e altre visioni urbane”, presentando innanzitutto l’architetto Giuseppe Pogatschnig, nato a Parenzo nel 1896, per poi frequentare il Liceo di Capodistria, vera e propria fucina irredentista. Avrebbe italianizzato il proprio cognome in Pagano arruolandosi nel Regio Esercito, nei cui ranghi meritò onorificenze e consolidò il suo patriottismo dai forti contenuti sociali. Seguace di d’Annunzio a Fiume, Pagano sarebbe poi stato tra i fondatori dei Fasci di Combattimento nella natia Parenzo; conseguita la laurea in architettura a Torino, nelle sue planimetrie applicò le teorie del razionalismo con l’auspicio di conciliare le imposizioni dell’arte fascista con i movimenti architettonici più moderni. Trasferitosi a Roma, dovette farsi largo all’ombra di Piacentini, l’architetto del regime, con il quale tuttavia collaborò nella realizzazione della Sapienza: nel complesso universitario si deve l’Istituto di Fisica all’artista istriano, portatore di una cultura mitteleuropea che si fondeva con quella mediterranea. Nella progettazione dell’EUR, invece, Piacentini non concesse margini di manovra a chi si discostava dai dettami dello stile classico essenziale, coerentemente alle pesanti ingerenze mussoliniane finalizzate a realizzare monumenti e palazzi che si richiamassero alla romanità. Uscito da questo gruppo di lavoro, Pagano avrebbe ottenuto soddisfazione a Milano, nell’ambito dei lavori di ampliamento della Bocconi, nei quali si occupò pure degli arredi. Ancora fedele al fascismo, il direttore della rivista “Casabella” partecipò alla Seconda guerra mondiale sul fronte greco-albanese con i gradi di colonnello, ma cominciava a rendersi conto che il regime non era in grado di realizzare gli ideali di progresso in cui si riconosceva. Il suo ultimo progetto, mai realizzato, riguardava la Casa della madre e del fanciullo di Spalato, annessa all’Italia nel 1941, mentre il suo ultimo articolo su Casabella (chiusa nel 1943) riguardava il piano urbanistico di Zara, con particolare attenzione alle case popolari. In totale distacco dal regime, aderì alla Resistenza: fatto prigioniero, avrebbe concluso la propria vita nel campo di concentramento di Mauthausen nel 1945.
Il ricercatore storico e giornalista pubblicista Lorenzo Salimbeni ha concluso questo pomeriggio culturale parlando de “Il Fascio Giovanile Istriano (1911) come culmine di una maturazione irredentista”. Il FGI rappresentò la realizzazione da parte di un nucleo di giovani soprattutto capodistriani degli ideali mazziniani ai quali aveva attinto l’irredentismo delle generazioni precedenti, conseguendo tuttavia pochi risultati. Le idee di Pio Riego Gambini, Tino de Gavardo, Piero Almerigogna e degli altri fondatori avevano precedentemente trovato spazio sulle colonne de “L’emancipazione”, giornale della Democrazia Sociale Italiana, movimento politico triestino che conciliava mazzinianamente problemi nazionali e sociali. Il primo ottobre 1911 un’imponente manifestazione segnò l’esordio di questa sigla patriottica, la quale presentò ai simpatizzanti e sostenitori, nonché all’occhiuta polizia austriaca, un programma di salvaguardia culturale dell’italianità in Istria. Dopo aver realizzato diverse conferenze ed iniziative presso il teatro Ristori di Capodistria, nell’estate 1913 Gambini ed Almerigogna cercarono sponde istituzionali in Italia cui confidare i propri sogni di annessione dell’Istria al Regno d’Italia. A Roma destarono l’interesse del vecchio parlamentare socialista Enrico Ferri e invece rimasero delusi dal deputato repubblicano triestino Salvatore Barzilai; a Milano con il capitano degli Alpini Ugo Pizzarello, di origine capodistriana, presero contatti per organizzare una futura mobilitazione irredentista; a Genova, infine, resero omaggio alla tomba di Giuseppe Mazzini. Nel succedersi degli eventi dell’estate 1914 che condussero alla Grande guerra, dapprima manifestarono solidarietà con i giovani istriani di etnia slava che inneggiavano a Gavrilo Princip, allo scoppio del conflitto attesero di vedere la reazione di Roma: in caso di entrata in guerra, si sarebbero dati alla macchia per agire nelle retrovie austro-ungariche, altrimenti sarebbero esfiltrati per non indossare il Feldgrau, promuovere l’interventismo e arruolarsi volontari nel Regio Esercito, come in effetti avvenne. Già il 19 luglio 1915 sulle pendici insanguinate del Podgora trovò la morte Pio Riego Gambini, animatore principale del FGI, meritandosi un accorato ricordo di Napoleone Colajanni, già suo ospite per tenere una conferenza su Mazzini al pubblico capodistriano: era “morto un istriano che aveva la mente di Mazzini e il cuore di Garibaldi”. Il proclama che Gambini scrisse nella primavera 1915 dall’esilio veneziano ai giovani istriani invitandoli alla sollevazione per l’Italia, sarebbe altresì rimasto nella storia, dopo essere stato diffuso sul suolo istriano nei volantini lanciati dall’aviatore istriano Mario de Bratti durante le radiose giornate di maggio.
Lorenzo Salimbeni