Gallignana è un paese dell'interno dell'Istria, costruito sopra un antico castelliere, sulla strada Pisino-Pedena-Albona, a otto chilometri dalla prima cittadina e quattro dalla seconda. Oggi il paese è in continuo estremo degrado, nonostante comitive di turisti vengano di continuo ad ammirare la località, con un bellissimo panorama sulla sottostante valle digradante verso Pedena, e sullo sfondo la mole del Monte Maggiore, e le sue bellezze architettoniche, incora visibili. Nel Medioevo Gallignana, che all'inizio era più importante di Pisino per censo e numero di fuochi (famiglie), faceva parte della Contea asburgica. Per un breve periodo però appartenne alla Repubblica di Venezia e rimangono i segni in due edifici in bellissimo stile gotico-veneto. Purtroppo uno dei due, il maestoso Palazzo Salamon, (l'altro è la Cappella di San Antonio del palazzo dei vescovi di Pedena che risiedevano a Gallignana), va a pezzi senza che nessuno – amministrazione comunale, uffici della regione a Pisino, o l'equivalente croato delle Belle Arti italiano – si preoccupi di intervenire. Si vuole forse eliminare la traccia della presenza di Venezia anche all'interno dell'Istria? Elemento di cui ogni volta che visitiamo il paese scompare un pezzo è il dipinto sulla parete di una casa al centro del paese, sulla strada che porta alla chiesa di Santa Eufemia, risalente al seicento che raffigurava un Cristo in croce con visibile il castello di Gallignana sullo sfondo. Pittura che era un ricordo della pestilenza che aveva colpito metà paese fermandosi per intercessione di Santa Eufemia, di cui alla chiesa, nel punto segnato dal dipinto. Al tempo della seconda guerra mondiale, quando ero sfollato a Gallignana, paese natio di mia madre, le figure erano ancora ben visibili, sebbene sbiadite. Se un vetro per coprire la nicchia era troppo costoso per il Comune una spruzzata di quel liquido che lascia una leggera pellicola trasparente preservante dalle intemperie avrebbe intaccato troppo le finanze comunali? Gallignana nel Medioevo era cinta di mura con un castello e due torri, come si vede da una statua di San Vito, patrono del paese, che tiene in mano una riproduzione del complesso civico. La cinta muraria è visibile ancora nel fronte esterno delle case con una unica porta di accesso al paese, e nel retro della parrocchiale. Del castello oggi non rimangono che alcune pietre perimetrali ed una torre, chiamata fortezza, per fortuna restaurata in questi ultimi tempi, ma è completamente scomparsa l'adiacente entrata del castello dal paese: un elegante palazzo rustico con un'ampia scalinata d'accesso, le cui pietre sono state adoperate per le case vicine. Altro elemento da considerare. Il bellissimo soffitto in legno che rivestiva la loggetta innanzi alla chiesa di Santa Maria, a cassettoni con nei riquadri intagliate delle belle rose: il tutto portato a Zagabria per restauri non ha più fatto ritorno!
Due altre chiesette del '400 San Pancrazio e San Simon (sotto paese) sono in rovina. La prima, in paese ha addirittura un albero che cresce al centro, mentre la seconda (sotto il paese) è ormai scoperchiata. Infine segnaliamo un altro grave fatto di voluta mistificazione storica: la scomparsa dalla facciata, a fianco del portale della chiesa di San Vito, di due lapidi funebri medievali sulle quali si leggeva " Archipresbitero parroco canonico Gallignana". Con la scusa di rinfrescare la facciata sono state tolte e non più rimesse al loro posto: sono gettate in un angolo del recinto della chiesa. Evidentemente davano fastidio al nuovo prete gli inoppugnabili documenti del nome medievale di Gallignana (e non Gracisce!) e della scritta in italiano parroco canonico.
Ma è possibile che in uno Stato che vuole entrare in Europa non esista una Conservatoria dei monumenti che si occupi del degrado della povera Gallignana-Gracisce?
Lino Vivoda