Irredentista e diplomatico, combattente della Grande guerra e giornalista, testimone di una generazione che attraversò il fascismo e strenuo difensore della causa di Trieste italiana nel secondo dopoguerra: il diario di Attilio Tamaro trasmette emozioni, riflessioni e giudizi su eventi e personaggi della storia del confine orientale ed italiana in generale. È stato Gianni Scipione Rossi, vicepresidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice nonché ex giornalista Rai, a raccoglierne le pagine per poi pubblicarle e commentarle nel poderoso volume edito da Rubbettino “Attilio Tamaro: il diario di un italiano (1911-1949)”.
Quest’opera è stata recentemente presentata alla Casa del Ricordo di Roma nell’ambito di una conferenza, finalmente di nuovo in presenza, organizzata dal Comitato provinciale di Roma dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia introdotta dalla Prof.ssa Maria Grazia Chiappori (Università La Sapienza e dirigente Anvgd). Lorenzo Salimbeni (responsabile comunicazione Anvgd) e Donatella Schürzel (Università Cusano e Presidente dell’Anvgd Roma) hanno fornito un primo inquadramento dell’opera, occupandosi rispettivamente degli anni attorno all’esperienza della Prima guerra mondiale e di quelli successivi, fornendo spunti sui quali è poi intervenuto l’ospite della serata, alla quale ha preso parte con alcune considerazioni anche l’architetto Attilio Tamaro, nipote dell’illustre triestino di origine istriana.
Tra le peculiarità di Tamaro c’è senz’altro il suo rapporto con la monarchia in quanto istituzione e non con Casa Savoia in particolare, della quale anzi deplorò pesantemente l’atteggiamento assunto durante la crisi dell’8 settembre 1943. Il suo irredentismo lo portò a scrivere, dopo gli esordi sulla stampa locale (L’Indipendente ed Il Piccolo) sulle colonne de L’Idea Nazionale, ma non s’iscrisse mai all’Associazione Nazionalista Italiana. Convinto della grandezza culturale e morale dell’italianità, Tamaro coltivò un irredentismo integrale che abbracciava nelle sue rivendicazioni, basandosi su motivazioni geografiche e storiche, pure la Dalmazia, nella quale la componente italiana a inizio Novecento era ormai minoritaria. La sua passione per l’archeologia veniva pertanto declinata nell’appassionata ricerca delle testimonianze della presenza dell’antica Roma nelle terre adriatiche orientale. Proveniente da una famiglia di umile estrazione sociale, Tamaro rimproverava alla classe dirigente liberalnazionale triestina la scarsa attenzione dedicata alle classi meno abbienti, non certo in nome di idee socialiste bensì nell’ottica di una coesione nazionale che superasse le divisioni di classe.
Volontario irredento nella Grande guerra, passò ben presto dal fronte dell’Isonzo alla delegazione italiana a Parigi che doveva fronteggiare la crescente propaganda dei circoli jugoslavi che auspicavano, raccogliendo crescente simpatia presso l’opinione pubblica delle Potenze dell’Intesa, la nascita al termine delle ostilità di una nuova compagine statuale comprendente le terre in cui risiedevano sloveni e croati sudditi degli Asburgo ed i Regni di Serbia e di Montenegro, andando così a includere anche le province in cui la componente italiana risultava maggioritaria. Diffidente nei confronti del variegato movimentismo fascista che portò al governo Benito Mussolini nel 1922, avrebbe poi preso la tessera del partito in virtù degli ottimi rapporti intrattenuti con Camillo Castiglioni ed in maniera tale da poter poi intraprendere la carriera diplomatica. In quest’ambito disprezzò gli atteggiamenti del ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, venendo peraltro destinato a sedi diplomatiche di secondo livello e mai nella regione balcanica, delle cui complesse dinamiche nazionali e culturali era un attento conoscitore.
Profondamente deluso dall’atteggiamento sabaudo, dopo l’8 Settembre Tamaro non per questo aderì alla Repubblica Sociale Italiana (un figlio era peraltro entrato nella Resistenza), poiché considerava Mussolini ormai farneticante, non condividendo la vena protocomunista che il suo Stato dichiarava di assumere, ed in balia dei nazisti. Nel dopoguerra Tamaro avrebbe appassionatamente contribuito alla pubblicistica in difesa delle province del confine orientale, mentre l’esperienza vissuta all’interno della dittatura mussoliniana è stata poi scrupolosamente e attentamente analizzata nei suoi scritti di storia del fascismo che Renzo De Felice considerava imprescindibili. [LS]