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Presidente croato: Unione europea simbolo di pace (balcanicaucaso.org 25giu13)

Nella cornice della bellissima sede della presidenza a Pantovčak, che domina il centro storico della città di Zagabria, il presidente della Repubblica Ivo Josipović mi accoglie sorridente. Nonostante la fatica di questi giorni, colmi di incontri ufficiali con delegazioni istituzionali e giornalisti di tutto il mondo, non riesce a celare la sua soddisfazione per quello che avverrà il primo luglio. Un passo storico, non privo di difficoltà ma di cui dimostra essere sincero e convinto sostenitore.

La Croazia finalmente in Europa. Cosa porta in dote all’Unione?

Innanzitutto ciò che hanno portato anche altri paesi: l’allargamento del mercato, ricchezze culturali, bellezze ambientali e, ciò che forse in questo momento è di particolare importanza, un certo ottimismo. E’ un dato di fatto che il paese vuole entrare nell’Ue, sebbene ci sia la crisi, dimostrando che c’è fiducia nell’Unione. E questo perché noi in Croazia, forse più che in altri paesi già membri, diamo maggior rilievo e vediamo soprattutto l’originario ruolo di pacificatore che l’Unione ricopre, come era nell’idea di chi ne fondò il progetto dopo la Seconda guerra mondiale.
Siamo appena usciti da una guerra ed è per questo che tale sicurezza per noi significa molto. Ecco perché, inoltre, incoraggeremo e aiuteremo i nostri vicini affinché anch’essi entrino nell’Unione europea quanto prima.
Penso tutto questo rappresenti una buona dote. Naturalmente ci aspettiamo allo stesso tempo che l’Ue ci sostenga, non solo con gli aiuti finanziari previsti, ma anche con nuovi impulsi sul piano degli investimenti e dal punto di vista culturale. Vedo una comunità in cui entrambe le parti, anzi – essendo l’Unione un insieme di diversi stati – in cui noi daremo qualcosa a ciascun stato e da ciascuno di essi ci aspettiamo qualcosa. È così che dovrebbe funzionare.

Qual è l’Unione a cui guarda la Croazia? Un’unione politica, cioè una federazione di stati…

L’Ue non è una classica federazione, sarebbe difficile asserirlo. L’Europa è ancora oggi un progetto in itinere. Esistono diverse visioni dell’Europa, ed è chiarissimo che la visione degli stati che ruotano attorno alla Germania è un po’ differente da quella dei paesi che sono sotto l’influsso della Gran Bretagna o, ancora, dei paesi scandinavi. Penso sia normale che esistano diverse concezioni ma che forse non si escludono a vicenda. Forse può esistere una direzione che potremmo chiamare “ via di mezzo”.
È molto difficile dire con quale velocità l’Ue si trasformerà in una nuova entità qualitativamente nuova, ma sono convinto che il futuro è “più Europa” e non meno Europa. Come credo che nell’intero processo la flessibilità sarà indispensabile. Lungo questo percorso alcuni paesi potrebbero accettare alcune cose prima ed altri accoglierle solo più tardi.
In questo sta la differenza dagli Stati Uniti d’America, con i quali spesso viene paragonato il futuro dell’Europa. Si deve ricordare innanzitutto che l’Europa non è nata da una situazione di guerra, sebbene è vero che sia nata dopo il Secondo conflitto mondiale anche come comune progetto di pacificazione. In secondo luogo è importante ricordare che, a differenza degli Stati Uniti d’America dove le identità degli stati si sono formate in modo del tutto peculiare, noi in Europa abbiamo nostre identità nazionali, le abbiamo volute, cercate e continuiamo a conservarle. Allo stesso tempo, però, vogliamo anche costruire una comune identità europea, e su questo piano esistono tra Ue e Usa chiare differenze nei tempi e nei modi organizzativi.

Cosa intende per “via di mezzo”?

Quando si parla di qualsiasi tipo di concezione, troveremo sicuramente qualcuno che sarà per un legame più forte, più veloce, mentre qualcun altro lo preferirà più lento e meno vincolante. Per questo motivo si è sempre alla ricerca di un compromesso. La capacità di raggiungere un compromesso è una grande virtù ed è una delle virtù che rende possibile mantenere unita la collettività.

Quindi non vede l’Europa come una federazione di stati che progressivamente cedono la propria sovranità ad istituzioni comuni?

Direi che si tratta di stati che progressivamente costruiscono funzioni comuni. Per cui l’Europa non è una forza estranea a cui si cede qualcosa. E’ un progetto comune. Essa si basa su di un accordo tra paesi e riguarda diverse funzioni che essi desiderano espletare insieme e altre che non desiderano fare insieme. Il ventesimo secolo ha portato, e ciò continuerà a svilupparsi sicuramente nel ventunesimo secolo, alla ridefinizione del concetto generale di sovranità. Parimenti, prevedo che si ridefinirà anche il concetto di comunità sovranazionale, cioè il loro significato rispetto al concetto classico di sovranità nazionale.

E quali problematiche porta la Croazia nell’Unione europea?

Tutti i paesi hanno problemi e ovviamente anche la Croazia. I nostri problemi sono abbastanza chiari. I più importanti che ci troviamo ad affrontare riguardano lo sviluppo economico, la disoccupazione e la crisi economica ma allo stesso tempo, a differenza di altri paesi europei, abbiamo anche dei pregi come ad esempio la sicurezza. Il nostro è un paese sicuro e tale resterà. Oltretutto siamo piccoli e possediamo quindi una maggior capacità di adattamento rispetto ad altri paesi Ue molto più grandi.

Con l’ingresso in Unione ereditate una grande responsabilità. Quella di avere un confine esterno dell’Unione molto impegnativo…

Certo. La nostra linea di confine sarà una tra le più estese frontiere che l’Unione avrà in assoluto. Confineremo in gran parte con la Bosnia Erzegovina, con la Serbia e a sud avremo un breve tratto di confine con il Montenegro. Ciò che mi auguro è che questo confine non diventi una specie di muraglia cinese ma che sia una porta che si può attraversare con facilità.
Questo ovviamente non dipende solo da noi, perché ora tale tema è di primaria competenza dell’Ue. Così come dipende anche dai paesi nostri vicini i quali dovranno impegnarsi a migliorare le loro condizioni dal punto di vista politico e tecnico perché si possa cominciare a parlare di flessibilità delle frontiere. Noi croati abbiamo avuto uno status che ci ha permesso di entrare liberamente con la carta d’identità in Italia, Slovenia e Ungheria e vorrei che avvenisse altrettanto per i nostri vicini. Ma dovranno lavorare perché avvenga e penso che lo faranno.

La Croazia entra nell’Unione europea 20 anni dopo aver condotto una lunga guerra, che è stata una guerra per l’indipendenza. Non temete di perdere parte della sovranità che avete conquistato?

No. Perché sta proprio qui la differenza fondamentale dell’Ue, in quanto progetto comune, rispetto ad uno stato classico. Nell’Ue esiste una certa flessibilità e, se qualcuno dovesse ritenerlo opportuno, vi è la possibilità di uscire in un modo diverso da come si potrebbe uscire da una classica collettività statale. Di nuovo, mi rifaccio al processo di ridefinizione delle collettività sovranazionali, rispetto alle classiche federazioni tra stati. Ma non penso che si arriverà ma all’uscita di alcun paese dall’Ue. Vediamo che, nonostante la crisi, nessuno stato sta attivamente pensando e pianificando l’abbandono dell’Unione.

Lei ha compiuto passi importanti in direzione di una riconciliazione tra le diverse repubbliche ex jugoslave dopo i conflitti degli anni ‘90. L’incontro con il presidente Boris Tadić nel novembre del 2010, le sue dichiarazioni a Sarajevo davanti al Parlamento nell’aprile dello stesso anno; le scuse per il massacro di Ahmići. L’ingresso della Croazia nell’Unione può rappresentare un ulteriore passo avanti verso il superamento dell’eredità del passato recente della regione?

Sì, ne sono convinto. Nell’Ue avremo la possibilità persino di stimolare e allo stesso tempo soppesare i miglioramenti dei nostri vicini i quali a loro volta desiderano entrare nella comune casa europea. Noi abbiamo parlato molto chiaro, anche con una dichiarazione del parlamento: sosterremo i nostri vicini lungo la strada europea. E quando si è nelle condizioni di poter aiutare i propri vicini dal punto di vista politico e tecnico e di collaborare con loro, già si sta lavorando alla costruzione di vicinanza e sul miglioramento dei rapporti. Si costruisce una fiducia reciproca.
Sono certo che il nostro ingresso nell’Ue oggi e l’ingresso degli altri in un domani – non so dire quanti anni saranno necessari per ciascun singolo paese – senz’altro contribuirà alla stabilità e al mantenimento della pace.

Pensa dunque che lasciare fuori dall’Ue il resto di questa regione significhi mantenere uno stato di instabilità?

Assolutamente sì. Penso che qui si avrà la pace o, meglio, la pace duratura avrà più chance, se tutti i paesi della regione entreranno nell’Unione europea. Teoricamente, non è impossibile pensare che alcuni paesi non riescano a soddisfare determinati requisiti ma comunque continuino a vivere in armonia con i propri vicini, pur restando fuori dall’Ue. Tuttavia, penso che l’armonizzazione della giustizia, dell’economia e i confini aperti, significano molto per la stabilità e la pace.

Nicole Corritore
www.balcanicaucaso.org 25 giugno 2013

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