di Pierluigi Battista
Mi sento, mio malgrado, un «italiano contro voglia» descritto da Aldo Cazzullo nel suo bel fondo apparso ieri sul Corriere della Sera. Mio malgrado, diviso tra ragione e sentiménto. La ragione: che runità d'Italia è stata una grande e irrinunciabile conquista, n sentimento: il cuore non batterà poi tanto forte quando, il 17 marzo prossimo, le fanfare ufficiali segneranno l'inizio delle celebrazioni ufficiali del nostro centocinquantesimo anniversario. Auguri, ma solo come atto di cortesia.
Esorta Cazzullo a cercare nelle carte e nei ricordi di ogni famiglia, non nell'ortodossia storiografica, le tracce della «nostra» storia d'Italia. Il problema è che nelle carte e nei ricordi, nei cimeli e negli oggetti di famiglia, si trovano troppe tracce che finiscono per dimostrare come la rappresentazione ufficiale della nostra storia sia insincera, inautentica, troppo distante dalla vita veramente vissuta da molti italiani. Magari fosse come dice Cazzullo. In ogni famiglia c'è «un nonno cavaliere di Vittorio Veneto». Ne è sicuro? E in quante famiglie si ricorda il nonno contadino che fu scaraventato in trincea senza sapere nemmeno dove fosse, questa Vittorio Veneto? «Uno zio resistente nelle varie forme della Resistenza». Ne è sicuro? Erano almeno in 500 mila gli italiani che stavano dalla parte di Salò. Tra figli, nipoti e cugini faccia Cazzullo il conto di quanti milioni di italiani conservino nei loro ricordi la memoria di un repubblichino. E poi le famiglie dei professori universitari che si rifiutarono di prestare giuramento al fascismo sono solo 12, alcune migliaia invece quelle di chi si piegò, per poi passare gli armi a cancellare le tracce di quell'atto di viltà. «L'antenato mazziniano o garibaldino o volontario delle guerre risorgimentali». Ne è sicuro? So che al piemontese Cazzullo i nomi di quelle due località meridionali non suscitano particolari ardori solidali, ma i discendenti degli oltre cinquemila sterminati dai nostri bersaglieri per rappresaglia a Pontelandolfo e Casalduni nel 1861, che memoria familiare conserveranno mai nei loro armadi dei ricordi?
Ma è vero, non si può tener conto di tutti i rancori dei «vinti». Guardiamo, come dice Cazzullo, la storia d'Italia dal suo lato «luminoso». Non prima però di aver chiesto scusa, come minimo atto simbolico, alla memoria dei 350 mila esuli che lasciarono ogni cosa, oppressi, perseguitati dal ricordo apocalittico degli infoibamenti di massa, per scappare dall'Istria, da Fiume, dalla Dalmazia. E che, come ci ricorda ancora un libro di Gianni Oliva, Esuli, furono accolti dai fischi e dagli sputi di altri italiani, comunisti, mentre raggiungevano i campi profughi della vergogna nazionale. Ricordiamoci anche di loro il 17 marzo, come suggerisce Ubaldo Casotto sul Riformista. Chiediamo scusa se il loro essere italiani non ha purtroppo goduto di molti lati «luminosi». Anche loro italiani «contro voglia». E non per colpa loro.
(courtesy MLH)