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Radin: anche gli antifascisti italiani lasciarono l’Istria (Il Piccolo 05 apr)

ROVIGNO Alla celebrazione del 64.esimo anniversario del Battaglione italiano «Pino Budicin», di ieri a Stanzia Bembo, ha parlato anche l'on. Furio Radin, presidente dell'Unione italiana. E il fatto va subito messo in risalto dopo la sua clamorosa esclusione dal protocollo delle cerimonie degli anni scorsi, da parte degli antifascisti rovignesi che organizzano la celebrazione. Ricordiamo che nonostante il desiderio degli ex combattenti di nazionalità italiana, a Radin era stato impedito di parlare «per le sue note posizioni sulle foibe secondo le quali in esse finirono per lo più innocenti cittadini di nazionalità italiana». Addirittura Tomislav Ravnic e Miho Valic, i massimi esponenti dell'Associazione regionale degli antifascisti, si erano spinti a dire che il discorso di Radin addirittura avrebbe potuto causare incidenti «per cui la decisione di non dargli il microfono si è rivelata giusta». Ravnic e Valic poi avevano accusato Radin di non essersi mai distanziato dalle «chiare pretese territoriali enunciate da noti esponenti dell'irredentismo italiano e delle forze revanscistiche di destra». Radin ha esordito stigmatizzando il fatto che da anni nessuno si prende più cura delle tombe dei combattenti del «Pino Budicin» sepolti a Rovigno. «Stamattina abbiamo noi portato dei mazzi di fiori sulle tombe – ha detto – per affermare due concetti importanti:la convinzione dell'Unione italiana che la nostra storia travagliata e fratricida vada finalmente accettata in tutte le sue parti, dalla guerra antifascista alla tragedia dell'esodo, dai partigiani alle tante persone senza ideologia politica che la guerra non l'hanno voluta ma soltanto subita, vivendo la tragedia a volte senza avere gli strumenti per comprenderla fino in fondo». Radin si è soffermato sugli anni del dopoguerra nei quali per molti è si è rivelato una delusione il mondo più giusto e più sociale che era stato promesso. «Pertanto molti antifascisti hanno lasciato la loro terra – ha sottolineato Radin – e oggi fanno parte della diaspora croata e italiana nel mondo». (p.r.)

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