Recensione del film “D’Annunzio, il cattivo poeta”

Il film su Gabriele d’Annunzio “Il cattivo poeta” (2021) mi è piaciuto moltissimo, sono caduti tutti i miei pregiudizi che il titolo ambiguo mi aveva innescato.

A posteriori, non poteva essere diversamente se Giordano Bruno Guerri, Presidente della fondazione Il Vittoriale, ha concesso la location. Nei suoi ultimi tre libri ha ampiamente documentato che il fascismo ha masticato e poi sputato D’Annunzio, rinchiudendolo in quella gabbia d’oro, per un’ evidente rivalità e senso di inferiorità di Benito Mussolini nei suoi confronti. Si introduce poi il sospetto che non sia stato solo spiato, fiaccato dalla cocaina che gli veniva fornita e da cui lui tentava di liberarsi e dal sesso sfrenato eccessivo a quell’età, ma addirittura avvelenato.

Già nel libro del 2013 La mia vita carnale. Amori e passioni di Gabriele d’Annunzio oltre alle due fedelissime “Badesse” Luisa Baccara la pianista e la francese Amélie Mazoyer che si era portato dopo l’esilio in Normandia (e che lui chiamava Aelis cioè elica, alludendo alla sua lingua…), prende corpo la figura della governante alto atesina che lo avrebbe progressivamente avvelenato per ordine di Hitler data la sua dichiarata ostilità all’alleanza italo-tedesca. Sta di fatto che dopo la morte di lui le prime due furono cacciate e questa finì a Berlino…

Il film mostra non il d’Annunzio superuomo tribunizio, ma il decadente, l’autore del Notturno, lo sconfitto, non il fascista, ma colui che Mussolini tentò di imitare e non il contrario.

Il regista Gianluca Jodice rappresenta la fine del miglior d’Annunzio e l’escalation del peggior Mussolini in maniera struggente.

Dunque alla fine è chiaro che il poeta era “cattivo” solo per il fascismo.

Adriana Ivanov
Consigliere nazionale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia

 

 

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